EMDR e terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento
del disturbo di panico: un confronto

EMDR and Cognitive-Behavioural Therapy in the treatment
of Panic Disorder: a comparison

ELISA FARETTA
E-mail: e.faretta@piiec.com

Psicologa, Psicoterapeuta, Responsabile Centro Psicoterapia Integrata Immaginativa ad Espressione Corporea,
Supervisore Consultant EMDR Italia

RIASSUNTO. Scopo. Confrontare due trattamenti utilizzati nel disturbo di panico: EMDR, metodo evidence-based di provata efficacia nel disturbo da stress post-traumatico, e la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), considerata a oggi il trattamento psicoterapeutico più efficace per questo disturbo. Metodo. È stata effettuata un’analisi descrittiva attraverso l’utilizzo del software SPSS, per verificare gli eventuali miglioramenti ottenuti a seguito dei due trattamenti utilizzati, in un campione di 20 soggetti suddivisi in due gruppi (EMDR o CBT). Risultati. Dai dati raccolti emerge una tendenza al miglioramento già dalla prima valutazione (dopo 12 sedute) in tutti i test proposti. L’andamento risulta pressoché similare tra i due gruppi confrontati. Il trattamento EMDR, però, sembra produrre un miglioramento più rapido e mantenuto nel tempo, come evidenziato dai follow-up effettuati. Conclusione. Dai risultati ottenuti si può affermare che i trattamenti risultano entrambi efficaci per la risoluzione del disturbo di panico, sebbene esistano delle differenze nelle due terapie sia a livello di evoluzione dei sintomi, sia di tempi. È quindi auspicabile che proseguano le ricerche in questo ambito.

PAROLE CHIAVE: EMDR, terapia cognitivo-comportamentale, disturbo di panico, psicoterapia.


SUMMARY. Aim. A comparison between two treatments used in the Panic Disorder: EMDR, an evidence-based method for PTSD, and Cognitive Behavioural Therapy (CBT), which is nowadays considered the most effective psychotherapeutic approach for this disorder. Method. In order to evaluate any improvement obtained from the adopted treatment, a descriptive analysis through the use of the SPSS software has been carried out, on a sample of 20 subjects, divided in two groups (EMDR and CBT). Results. From the data obtained, a tendency to improve is already clear from the first evaluation (after 12 sessions), in all the proposed tests. The symptomatic progress turned out to be quite similar in the two compared groups. EMDR treatment however seems to have a faster progress in symptom reduction which is maintained over time, as evidenced at follow-up. Conclusion. From the showed results, it is possible to confirm that both treatments are effective for the resolution of a Panic Disorder, even if some differences between the two therapies are clear, both from a symptomatic and a timing point of view. So, it is suggested to carry on the research in this area of interest.

KEY WORDS: EMDR, cognitive behavioral therapy, panic disorder, psychotherapy.

INTRODUZIONE
Nell’ambito degli studi sulle possibilità terapeutiche offerte dall’impiego dell’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) nelle diverse patologie, si sono evidenziate delle prospettive interessanti in relazione agli interventi sul disturbo di panico. L’ipotesi alla base dell’utilizzo clinico dell’EMDR nel trattamento di questo disturbo si basa sulla considerazione che l’attacco di panico rappresenti un evento traumatico di per sé, poiché il paziente prova una paura incontrollata e incontrollabile, tanto da arrivare a pensare di stare per morire (1). L’EMDR, terapia evidence-based (2) per il trattamento del disturbo da stress post-traumatico (PTSD), sembra ridurre la gravità degli attacchi di panico, tuttavia la ricerca deve ancora definire questo strumento come terapia di prima scelta anche per il disturbo di panico (3).
Studi condotti sull’utilizzo dell’EMDR in pazienti con disturbo di panico hanno fornito risultati promettenti, ma talvolta contrastanti. Alla presenza di un decremento della frequenza degli attacchi, dell’ansia anticipatoria e delle sensazioni corporee, dopo solo 5 sedute di trattamento EMDR (4) si aggiunge un’efficacia significativa dell’EMDR rispetto al gruppo di controllo per alcune misure (gravità di ansia, di panico, agorafobia) e non per altre (frequenza di attacchi di panico e aspetti cognitivi legati all’ansia) (5). Questa discrepanza può essere attribuita a una metodologia non adeguata: un ruolo significativo potrebbe essere attribuito alle differenze dei campioni presi in considerazione.
Il trattamento più efficace per il disturbo di panico, secondo le linee-guida internazionali NICE, sembra essere quello cognitivo-comportamentale (CBT) che risulta significativamente efficace nella remissione dei sintomi acuti e nel mantenimento dei successi ottenuti al follow-up, fino a 6 mesi dopo la fine della terapia (6). Inoltre con un trattamento breve (circa 12 sedute), vi è una scomparsa totale dei sintomi nel 75% dei casi, mostrando la CBT un’efficacia maggiore rispetto a un trattamento farmacologico a lungo termine (7).
Anche per la CBT esistono comunque delle discordanze, per quanto riguarda la sua reale efficacia (8,9). Il trattamento cognitivo-comportamentale è risultato superiore anche rispetto all’alzalopram (10). L’efficacia degli interventi non farmacologici, però, non è documentata in modo ancora del tutto convincente in quanto i risultati sono a volte contraddittori e non c’è sempre omogeneità di efficacia nei vari campioni esaminati. Inoltre, se da un lato Fernandez e Faretta (11) sottolineano come entrambi gli approcci (EMDR e CBT) siano efficaci nel disturbo di panico, dall’altro Arntz (12) sostiene che l’esposizione e la terapia cognitiva utilizzate da sole mostrino uguale efficacia. I dati di ricerca da cui emergono i dubbi principali riguardano il mantenimento dei risultati nel lungo termine (13).
I follow-up per l’EMDR e quelli per la CBT hanno mostrato una sostanziale equivalenza, anche se questi dati vanno considerati con cautela, poiché ancora nessuno studio ha confrontato direttamente l’EMDR con la terapia cognitivo-comportamentale e con la terapia farmacologica con SSRI (5). In letteratura infatti, non vi sono dati né sufficienti né certi relativi al miglioramento e al suo mantenimento nel tempo, ottenuto da un determinato trattamento terapeutico, poiché è possibile che la maggior parte dei pazienti necessiti di un tempo di cura più prolungato. Pertanto la differenza tra le procedure EMDR e CBT merita senz’altro indagini ulteriori (11,14).
In conclusione, tenendo conto anche delle critiche sulle ricerche condotte e precedentemente descritte, e data la necessità di incrementare la ricerca a favore dell’EMDR come terapia valida per il disturbo di panico, il presente studio si propone di valutarne l’efficacia attraverso il confronto con uno dei trattamenti più importanti e di provata efficacia, come la psicoterapia cognitivo-comportamentale (15).
Attacco di panico e disturbo di panico
Un attacco di panico è una manifestazione d’ansia intensa, breve e transitoria, caratterizzata da paura, apprensione e preoccupazione accompagnata da sintomi somatici (palpitazioni, tremore, sensazione di soffocamento) e cognitivi (depersonalizzazione, derealizzazione). Sul piano soggettivo sono riferite sensazioni di impotenza, disagio e terrore culminanti, spesso, nella paura di morire, impazzire e perdere il controllo, la cui interpretazione negativa sembra essere un importante fattore di rischio (16).
Il disturbo da attacchi di panico (DSM-IV, 17) è caratterizzato da episodi ricorrenti, per un periodo non inferiore a un mese, a cui fanno seguito preoccupazioni circa la possibile ricomparsa degli stessi (“ansia anticipatoria”). I primi attacchi di panico si manifestano generalmente dopo un periodo vissuto come altamente stressante: spesso vengono riferite esperienze di lutti o malattie (proprie o dei familiari), separazioni e altre difficoltà nelle relazioni interpersonali (18,19).
Il disturbo può presentarsi associato o meno ad agorafobia, in quanto il paziente può mettere in atto un comportamento di evitamento.
Il panico come evento traumatico e l’utilizzo dell’EMDR
Il panico può costituire di per sé un’esperienza traumatica in quanto le sensazioni riferite da ogni paziente che abbia vissuto almeno un attacco sono quelle di “una forte paura, incontrollabile, che lascia la persona inerme”, accompagnata dalla percezione di perdere il controllo o di stare per morire (1). Questo è il motivo per cui si è scelto di utilizzare l’EMDR per il disturbo di panico, che costituisce un approccio ben integrabile in diversi modelli teorici di intervento.
L’EMDR nel disturbo di panico può essere utile per:
• elaborare il ricordo degli attacchi di panico (il primo, il peggiore, l’ultimo);
• elaborare le situazioni scatenanti legate al panico nel presente;
• sostenere e rafforzare una prospettiva futura adattiva per affrontare situazioni legate ai sintomi.
È inoltre indispensabile rielaborare esperienze traumatiche pregresse, spesso collegate all’esordio della sintomatologia e trattarle con il protocollo standard EMDR.
Il modello cognitivo comportamentale
Secondo il modello cognitivo-comportamentale, gli attacchi di panico si sviluppano a partire da una interpretazione distorta e catastrofica dei sintomi corporei (modello del “circolo vizioso” di Clark) (20). La CBT associata alla terapia farmacologica è considerata, sino a oggi, il trattamento più efficace.
OBIETTIVI
Obiettivo di questo studio è valutare l’efficacia di un trattamento per il disturbo da panico con/senza agorafobia attraverso un confronto tra l’approccio EMDR e la CBT.
Il beneficio dei trattamenti sarà valutato sull’efficacia in termini di tempo (valutazione di quando avvengono i primi miglioramenti in termini di numero di sedute), sulla stabilità in termini quantitativi (assenza di attacchi di panico alla conclusione della terapia nonché un mantenimento di benefici nel tempo) e qualitativi (nel rafforzare le abilità e capacità acquisite, per la prevenzione delle ricadute).
METODO E STRUMENTI
Caratteristiche del campione
Il campione è composto da 20 soggetti, misti per genere (12 donne e 8 uomini) ed età (compresa tra i 20 e i 48 anni). I terapeuti sono 6: tre hanno utilizzato la CBT e tre l’EMDR. Nel campione 10 soggetti sono stati trattati con EMDR e 10 con CBT (tra questi, un paziente ha abbandonato la terapia per cui non si ha una sua valutazione completa). Per questo motivo la suddivisione non ha seguito i criteri della randomizzazione1. I soggetti sono stati scelti per la presenza di un Disturbo di Panico (con o senza Agorafobia, secondo il DSM-IV) e esclusi in caso di comorbilità con altri disturbi di Asse I e II o di gravi malattie somatiche.
Piani terapeutici EMDR e CBT
Il programma terapeutico si è svolto nell’arco di 24 sedute totali.
Il piano terapeutico del gruppo EMDR, sviluppato seguendo le 8 fasi previste dal protocollo standard (21), comprende:
• una psicoeducazione sul Panico e sulle modalità utilizzate con l’EMDR, con successiva scelta della stimolazione bilaterale (movimenti oculari o altre forme di stimolazione) più adatta alla persona attraverso l’esercizio del Posto al Sicuro2;
• definizione dei target da utilizzare (primo attacco di panico, il peggiore per il paziente, ultimo attacco di panico, trigger3);
• scelta dell’immagine più disturbante per ogni target, associata alla cognizione negativa, individuazione della cognizione positiva4, individuazione dell’emozione5 associata all’immagine peggiore del target e infine collocazione del disagio nel corpo;
• individuazione ed elaborazione dei ricordi traumatici legati alla storia personale del paziente;
• lavoro sul presente con relativa rielaborazione dei fattori scatenanti;
• lavoro di rafforzamento di azioni positive nel futuro.

Per il piano terapeutico del gruppo CBT sono state seguite le linee-guida specifiche per il disturbo di panico (NICE). Il protocollo prevede una fase di assessment, psicoeducazione sul panico e sulla CBT, l’utilizzo di tecniche di respirazione e rilassamento, esposizione in immaginazione ed esposizione in vivo e infine generalizzazione e prevenzione delle ricadute.
I ricordi target da rielaborare con EMDR
Nonostante la varietà del campione in quanto a provenienza, età e status sociale, dalla raccolta dei dati di ciascun soggetto nella fase di assessment sono emerse in realtà molte somiglianze, in particolare per quanto riguarda l’esordio del disturbo, a conferma delle ipotesi sull’origine degli attacchi di panico. La maggior parte dei soggetti ha indicato come eventi scatenanti un lutto, una separazione, o episodi in cui hanno creduto di morire (per es., per soffocamento).
Procedura
1. Fase preliminare: prima valutazione diagnostica secondo i criteri DSM-IV, raccolta del consenso informato, rilevazione della “baseline testistica”.
2. Fase di trattamento: EMDR o CBT.
3. Fase di valutazione: alla 12° settimana è stata somministrata nuovamente la batteria testistica, secondo le stesse modalità della prima rilevazione6. I test sono stati quindi riproposti alla 24a settimana e in due follow-up dopo 3 mesi e dopo 1 anno dalla fine del trattamento.
4. Fase di restituzione: è stata offerta la possibilità a tutti i soggetti di poter avere un incontro durante il quale discutere dei risultati ottenuti.
Strumenti di valutazione
Per la valutazione dell’andamento del disturbo di panico con/senza agorafobia per i trattamenti prescelti, è stata selezionata una batteria testistica ad hoc: 
• lo State Trait Anxiety Inventory (STAI-Y1), che misura l’ansia di stato e l’ansia di tratto (22);
• la Panic Attack and Anticipatory Anxiety Scale (PAAAS), che consente di determinare il numero e il tipo degli attacchi di panico (23);
• la Marks-Sheehan Phobia Scale (MSPS), che esplora le fobie e le paure più disturbanti (24);
• la Disability Social Scale (DISS), che valuta il grado di compromissione lavorativa e interpersonale (25);
• la Self-Report Symptom Inventory-Revised (SCL-90-R), di largo impiego come strumento di screening per l’individuazione delle diverse dimensioni sintomatologiche (26).

Per la formulazione della diagnosi si sono seguiti i criteri del DSM-IV-TR.
RISULTATI
Dai dati raccolti attraverso lo scoring della batteria testistica proposta si è potuto procedere con una prima analisi descrittiva dei risultati7, essendo questa una ricerca iniziale che ha lo scopo di presentare alcuni dati preliminari.
Nella scala STAI-Y, da una media delle risposte fornite dai pazienti ai 20 item, si è rilevato che già dopo 12 sedute ci sono dei miglioramenti per entrambi i tipi di trattamento (EMDR e CBT). Tuttavia, è possibile notare come già in questa rilevazione (a metà del trattamento), nel gruppo EMDR ci sia un miglioramento maggiore e più rapido rispetto al gruppo CBT. Le domande prevedevano, ciascuna, una risposta a 4 punti (da 1= Per nulla a 4= Moltissimo). Da un confronto descrittivo ( Figure 1 e 2) tra le medie della prima valutazione e quelle della seconda ci sono miglioramenti evidenti per il gruppo EMDR che variano da 0,50 a 1,00 di punteggio medio alle affermazioni come: “Mi sento calmo”, “Mi sento tranquillo”, “Mi sento disteso”, “Sono rilassato”; i soggetti rispondono positivamente alle domande arrivando talvolta ad attribuire il punteggio massimo (4).



Alle affermazioni: “Sono teso”, “Mi sento sotto pressione”, “Mi sento turbato”, “Mi sento nervoso”, attribuiscono punteggi medi inferiori (sempre tra lo 0,50 e l’1,00). Questo significa che i soggetti, in seguito al trattamento, traggono un beneficio dato da un aumento di sintomi positivi e dalla diminuzione di sensazioni negative.
Anche per il gruppo CBT sono presenti miglioramenti nelle valutazioni successive all’inizio del trattamento, anche se in maniera meno netta: i punteggi medi infatti si collocano in un intervallo di 0,30-0,60. Questa situazione si verifica nuovamente alla fine del trattamento, dopo le 24 sedute, come mostrato dalle figure riportate (Figure 3 e 4). Nel follow-up, invece, si verifica una tendenza al mantenimento dei risultati raggiunti nelle precedenti valutazioni per entrambe le tipologie di sintomi, mentre nella valutazione di follow-up a un anno c’è un lieve ritorno della sintomatologia, che risulta più evidente rispetto al gruppo EMDR.




Per quanto riguarda la PAAAS, si può notare dai dati forniti (Figura 5) che nel gruppo EMDR è presente un miglioramento costante nelle prime valutazioni post-trattamento mantenuto nelle successive rilevazioni, valido per tutti gli item della scala. In particolare, è evidente come la percentuale di tempo spesa dai pazienti in ansia anticipatoria scenda in maniera importante già nella seconda valutazione, passando da un valore medio di 2,80 a 1,30 (MIN=0, MAX=4) e continui a diminuire raggiungendo poi una stabilità di 0,20 nel follow-up a un anno di distanza.



Nel gruppo CBT, come per la STAI, c’è un riscontro positivo circa l’efficacia del trattamento dopo 12 e 24 settimane, nonostante i valori medi calcolati siano meno definiti rispetto al gruppo EMDR. Nei due follow-up c’è un lieve ritorno della sintomatologia e anche l’ansia anticipatoria, sia per il tempo speso sia per l’intensità vissuta, mostra valori più alti se confrontati con i risultati ottenuti con il trattamento EMDR (Figura 6).




Nella Phobia Scale, per ogni tipo di fobia, sono stati valutati separatamente grado di paura e grado di evitamento. Escludendo le fobie soggettive espresse da ogni paziente in maniera personale e che meriterebbe un’indagine più approfondita, nella prima valutazione si evidenziano delle analogie per quanto attiene al tipo di fobie a maggiore impatto emotivo (punteggi più elevati nelle stesse fobie per i due gruppi di confronto; Figure 7 e 8). Successivamente emerge un andamento diverso nei due gruppi con una diminuzione maggiore della sintomatologia per il gruppo EMDR, sia a livello di entità sia a livello temporale (diminuzione maggiore in un tempo più breve), come già successo per le precedenti scale, e un mantenimento più costante dei benefici ottenuti.




Nel gruppo CBT invece c’è un miglioramento più lento e graduale accompagnato da un lieve ritorno (non significativo) della sintomatologia a distanza di un anno.
Questi risultati sono confermati anche dalla SCL-90, che ha fornito i punteggi più elevati negli item delle due sottoscale dell’Ansia e dell’Ansia fobica, sottolineando come l’ansia anticipatoria costituisca l’aspetto più caratterizzante e più disturbante del disturbo di panico. Infine, anche la scala di valutazione della disabilità sociale mostra un andamento del tutto analogo agli altri strumenti.
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Da una prima rilevazione (omogenea per tutti i test effettuati) emerge una tendenza al miglioramento sintomatico già dalla prima valutazione successiva al trattamento e con un andamento pressoché similare tra i due gruppi confrontati. Ciò che emerge in maniera più chiara è che il trattamento EMDR sembra produrre un miglioramento più rapido dei sintomi e in particolare dell’ansia anticipatoria misurata con la Panic Attack and Anticipatory Anxiety Scales.
Si è rilevato inoltre come un trattamento più prolungato (24 sedute) porti a una maggiore riduzione dei sintomi lamentati dai pazienti, in particolar modo con l’EMDR. L’utilizzo di quest’ultimo porta a ipotizzare un cambiamento più profondo, poiché la valutazione ha riguardato non solo il livello dei sintomi, ma anche quello delle reazioni agli eventi scatenanti.
I dati ottenuti sostengono la necessità di continuare con la ricerca in questo settore, ampliando il campione indagato per poter ulteriormente confermare le ipotesi avanzate.

Hanno collaborato, durante la fase di trattamento (cognitivo-comportamentale o con EMDR), i seguenti terapeuti: dott.ssa Gabriella Bertino, dott.ssa Gabriella Giovannozzi, dott.ssa Giada Maslovaric, dott.ssa Maria Letizia Naitana, dott. Fabrizio Tabiani.
Ha collaborato per la parte statistica e di editing la dott.ssa Valentina Zambon.
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