Correlazione fra misure di stress, indicatori di natura bioumorale
e considerazioni medico-legali

Correlation among measures of stress, indicators of biohumoral nature
and medico-legal considerations

SERAFINO RICCI1, FRANCESCO MASSONI1, MARIA DI MEO1, LOREDANA PETRONE1,
NICOLETTA CANITANO
2, FLORA IPPOLITI2, MARIA ELENA CINTI3
E-mail: serafino.ricci@uniroma1.it

1Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico-Legali e dell’Apparato Locomotore, Sapienza Università di Roma
2Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia, Sapienza Università di Roma
3Dipartimento di Neurologia e Psichiatria, Sapienza Università di Roma


RIASSUNTO. Introduzione. L’uomo riserva al lavoro la maggior parte del proprio tempo giornaliero, ma soprattutto una quota consistente delle proprie risorse fisiche e psichiche. Depressione e molte altre condizioni morbose possono essere correlate eziopatogeneticamente allo svolgimento di una attività professionale pericolosa sotto il profilo qualitativo (attività lavorative rischiose, demotivazione per scarse possibilità di carriera, ecc.) o meramente quantitativo (durata e frequenza dei turni di lavoro, ecc.). Un limite, sotto l’aspetto accertativo medico-legale, è dato dalla difficoltà di documentare lo stress attraverso dati di natura oggettiva, oltre a preziosi elementi raccolti direttamente dal lavoratore attraverso questionari. Questo in risposta a esigenze giuridiche in tema di responsabilità civile, malattia professionale e invalidità. Scopo e metodi. L’obiettivo di questo studio consiste nell’analizzare la variazione delle citochine (IL-6, IL-12, TNF-α) e degli ormoni correlati allo stress (prolattina e cortisolo) in un campione di 314 soggetti tutti in servizio presso il Policlinico Universitario Umberto I di Roma e senza patologie in acuto ma solo con la sensazione di “sentirsi stressato” da almeno un mese e analizzare se esista una correlazione tra alcune di queste variabili biochimiche e i valori di stress misurati mediante questionario. Risultati. I risultati di questo lavoro confermano l’utilità di associare ai test psicometrici, sempre preziosi in virtù di un minor costo e in taluni casi anche per l’elevata sensibilità diagnostica, indagini laboratoristiche, quale lo studio delle citochine infiammatorie e il profilo ormonale, al fine di raggiungere una forza probatoria che soddisfi anche la più esigente domanda di accuratezza.

PAROLE CHIAVE: stress, lavoro, citochine.


SUMMARY. Introduction. Man devotes most of the daily time to work, and also a large part of physical and mental resources. Depression and many other morbid conditions can be related etiopathologically to the performance of a dangerous occupation in terms of quality (hazardous work activities, lack of motivation for deficient career opportunities) or merely quantitative (duration of work shifts, frequency shifts work). The medical legal ascertainment is limited because stress cannot be valued by objective nature, but only through precious elements collected directly by workers by questionnaires. This is in response to legal requirements in terms of civil liability, occupational disease and disability. Aim and methods. The objective of this study is to analyze the change of cytokines (IL-6, IL-12, TNF-α) and stress-related hormones (prolactin and cortisol) in a sample of 314 individuals working at the University Hospital Umberto I in Rome without acute diseases but only with the ”feeling stressed“ for at least a month and to analyze if there is a correlation between some of these biochemical variables and stress values measured by questionnaire. Results. The results of this study confirm the usefulness to associate laboratory analysis, such as the study of inflammatory cytokines and the hormonal profile, to psychometric tests, precious for the lower cost and in some cases also for the high diagnostic sensitivity, to reach a probative value which satisfies even the most demanding application of accuracy.

KEY WORDS: stress, work, cytokines.

INTRODUZIONE
I profondi mutamenti avvenuti in seno all’economia mondiale hanno determinato una radicale trasformazione del lavoro ridefinendo lo spettro di aspettative ed esigenze richieste al lavoratore. Maggiore produttività e flessibilità concorrono ad alimentare incertezza e disagio e, allo stato attuale delle cose, dunque, assume forza e consistenza quel filo eziopatogenetico che lega lo stress al lavoro.
Selye (1) parlava di «una risposta strategica dell’organismo nell’adattarsi a qualunque esigenza, sia fisiologica che psicologica, cui venga a esso sottoposto. In altre parole, è la risposta aspecifica dell’organismo a ogni richiesta effettuata su di esso». Egli definì, in questo modo, la General Adaption Sindrome identificando tre fasi: quella di allarme, nella quale l’individuo affronta lo stress con le risorse di cui dispone, in una risposta pronta e immediata; quella di resistenza, supportata dalla disponibilità delle risorse; quella di esaurimento, nella quale le risorse si riducono e, una volta oltrepassato il pericolo, si dà modo all’organismo di recuperarle.
Durante la fase di esaurimento, se l’individuo non ha modo di gestire o eliminare gli stressor e le circostanze sono sfavorevoli, le difese ne risentono e la reazione conseguente può trasformarsi da risposta adattativa in un importante cofattore patogenetico di innumerevoli malattie somatiche e/o psichiche quali ipertensione e tachicardia (2), disturbi gastro-intestinali (3), riduzione delle difese immunitarie (4), disturbi cognitivi ed emotivi quali ansia, irritabilità, depressione, insoddisfazione, sfiducia, ecc. (5-7).
Analizzando in maniera approfondita la letteratura, si nota come il concetto di stress e le patologie a esso correlate non siano univoci, né tantomeno i metodi di valutazione: non è possibile evincere se vi sia un rapporto diretto fra stressor e stress oppure se siano solo fattori correlati.
Dagli studi di Selye a oggi c’è stata un’evoluzione delle teorie che si sono concentrate su aspetti diversi: il modello di Karasek (8) Job demand-control (JD-C) - poi sviluppato insieme al collega Theorell (9) in Job-demand-support (JD-CS) - definisce lo stress come una condizione di disagio che si verifica per eccessiva richiesta (job demand) in mancanza di autonomia e libertà di decisione (control) e supporto sia da parte dei colleghi sia dei supervisori (support); mentre il modello di Siegrist (10), Effort-reward imbalance (ERI), lo definisce come una condizione di disagio che si verifica per sbilancio tra lo sforzo e l’impegno (effort) rispetto alle ricompense (reward) ricavate.
Nonostante non esista un accordo sulla definizione del fenomeno, sembra sia condiviso il fatto che esistano fattori predisponenti e protettivi dello stress, sia di tipo ambientale sia di tipo individuale. Fra quelli ambientali si possono identificare fattori protettivi come l’ergonomia, il rispetto delle norme di sicurezza, che rendono più difficile l’insorgenza dei sintomi di stress; mentre fra quelli predisponenti possiamo considerare l’inquinamento chimico, il rumore, la temperatura elevata o eccessivamente bassa, ecc. Relativamente ai fattori individuali, il rischio stress diviene più probabile se fra le caratteristiche dell’individuo troviamo bassa autostima, mancanza di sostegno esterno, conflitti interpersonali e intrapersonali, bassa motivazione, nonché depressione e ansia di tratto. I fattori protettivi individuali sono invece una buona autostima, sostegno sociale, locus of control (grado di percezione rispetto al controllo del proprio destino e gli eventi), strategie di coping adeguate (capacità di fronteggiare le situazioni), ecc.
Relativamente alle professioni maggiormente colpite dal fenomeno stress, molti studi si sono concentrati sulle professioni sanitarie (helping profession) che si caratterizzano per una maggiore esposizione a una particolare forma di stress, nota anche come burn out. In realtà, alcuni studi hanno mostrato come la sindrome insorga anche in differenti contesti lavorativi (11,12); tuttavia, la relazione professionale con l’utente di un servizio di assistenza sanitaria presenta una maggiore suscettibilità in funzione delle esigenze di tempo e necessità che richiedono le proprie prestazioni.
Da un punto di vista biologico, poi, la letteratura dimostra come esista una “vulnerabilità genetica” agli stressor: varianti alleliche del gene per il trasportatore della serotonina, in particolar modo la variante corta “s”, sarebbero associate a una ridotta risposta serotoninergica allo stress ovvero 1 o 2 coppie dell’allele “s” si tradurrebbero in una aumentata stimolazione dell’amigdala a seguito dell’esposizione agli stressor (13-15).
Dal momento che esiste una variabilità di risposta agli stressor e, quindi, le persone possono reagire in maniera diversa allo stesso tipo di stress, particolarmente importante risulta approfondire la variabilità inter- e intraindividuale.
In questo senso ci è parso importante dal punto di vista diagnostico e patogenetico, lo studio delle citochine pro-infiammatorie del cortisolo e della prolattina (PRL).
Ricordiamo che cortisolo, PRL e citochine sono indicativi dell’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), stimolato oltre che da antigeni soprattutto da fattori emotivi di natura psicologica (stress lavorativi emozionali) che attivano o inibiscono il sistema immune. In tal caso si può modificare anche in modo permanente la funzione di un organo o di un apparato, tanto che ormai lo stress emozionale viene considerato un importante fattore di rischio per molte malattie.
Circa gli effetti sul sistema immunitario, in due lavori (16,17) è stato dimostrato come essi dipendano dalla durata dell’agente stressogeno. Un’azione rapida e breve (stress acuto) induce una risposta catecolaminergica e stimola la risposta di tipo Th1 finalizzata ad aumentare la protezione immediata dell’organismo. Lo stressor che agisce in maniera prolungata nel tempo, invece, potenzia le reazioni di tipo Th2, e quindi l’immunità umorale a scapito di quella cellulo-mediata (18-20).
Obiettivo dello studio è stato quello di analizzare il movimento di citochine pro-infiammatorie in soggetti con stress lavoro-correlato e trarne utili considerazioni in materia di accertamento e prevenzione di patologie lavoro-correlate.
MATERIALI E METODI
Il campione è composto di 314 soggetti di cui 236 di sesso femminile e 78 di sesso maschile, reclutati attraverso la volontaria partecipazione al progetto di studio tra dipendenti sottoposti a visite mediche di controllo di un ospedale di Roma nell’anno 2012. I soggetti sono stati scelti fra coloro che si sono presentati a visita lamentando sensazioni di stress soggettivo da almeno un mese: sono stati esclusi coloro che avevano patologie in acuto.
Il range di età dei soggetti selezionati è compreso tra i 30 e i 65 anni, con predominanza della fascia di età 30-40 anni (43%).
Le professioni dei soggetti del campione sono diverse per mansione e compiti ma accomunate dall’ambito professionale sanitario. Queste comprendono: impiegati (36%), medici (17%), infermieri (24%), operai (23%), tutti in servizio presso il Policlinico Universitario Umberto I di Roma.
Il campione di lavoratori accuratamente selezionato, secondo i criteri di esclusione descritti nella Tabella 1, presso la Sezione di Medicina Sociale è stato sottoposto al test Mésure du Stress Psychologique (MSP) (21), partendo dall’idea di misurare direttamente lo stato di stress e quindi fornire una misura diretta dello stato soggettivo del sentirsi sotto stress, facendo riferimento all’esperienza soggettiva, riconosciuta e riportata dai soggetti. Il test MSP si compone di 49 item basati sui diversi aspetti legati alla percezione che l’individuo ha del suo stato, ossia l’aspetto cognitivo-affettivo, quello fisiologico e quello comportamentale, che rappresentano le tre principali categorie capaci di fornire un indice globale dello stato di stress psicologico. I soggetti devono rispondere in riferimento ai 4-5 giorni precedenti alla compilazione del test indicando per ogni risposta una valutazione basata su una scala likert a 4 punti che va da “per nulla” a “molto”. Sono considerati non indicativi quei protocolli in cui manchino le risposte a più del 10% degli item (cioè 5).



Nonostante gli indici di stress contenuti in questa misura provengano da una popolazione “normale” e il suo scopo sia di definire lo stato attuale di tensione, la sensibilità del test MSP per l’individuazione degli stati moderati di squilibrio della popolazione e la sua convergenza con altre misure di salute mentale (test per la depressione e per l’ansia) rendono lo strumento idoneo a fornire indici sensibili di disagio.
Vengono anche presentati i cluster di item per i quali eventualmente si evidenzia un valore superiore al 75° centile (3° quartile) della specifica taratura.
La misura integrata dello stress (MIS) viene ottenuta per mezzo di algoritmi matematici che combinano i punteggi MSP con altri parametri, come il State-Trait Anxiety Inventory (STAI) (22). Questa è divisa in due sezioni di 20 item, e ognuna utilizzata rispettivamente per valutare l’ansia come stato transitorio o come un tratto relativamente abituale di personalità. I valori MIS ottenuti esprimono una valutazione funzionale di ogni paziente su una scala 0-100.
La MIS ha evidenziato l’esistenza di una stretta correlazione tra stress percepito e disturbi dell’adattamento, ansia, attacchi di panico, irritabilità, perdita di controllo, insonnia, ecc. Dall’analisi dei suoi cluster sono state individuate quattro tipologie principali di item:
• affettivi (ansia e depressione);
• comportamentali (perdita di controllo e irritabilità);
• cognitivi (senso di sforzo e confusione);
• somatici (sensazioni psico-fisiologiche e iperattività).

Dopo aver ottenuto da ciascun soggetto il consenso informato alla somministrazione del test, ha fatto seguito un prelievo di sangue venoso per l’emocromo con formula, per escludere i soggetti con alterazione dei parametri ematologici e/o patologie in acuto. Il dosaggio delle citochine sieriche (IL-6, IL-12, TNF-α) e degli ormoni correlati allo stress (cortisolo e prolattina) è stato eseguito presso il laboratorio di Immunopatologia Generale del Policlinico Umberto I di Roma dove i campioni di sangue erano prontamente inviati, sierati e posti a –20 °C fino al momento dei test immuno-enzimatici.
Per le citochine è stato utilizzato il Kits ELISA della R&D Systems, British Biotechnology (Oxford, England), e la concentrazione è stata espressa in pg/ml.
La quantificazione degli ormoni dello stress è stata eseguita con Kits ELISA della TEMA Ricerca (Bologna, Italia) e riportata in ng/ml per il cortisolo e in µUI/ml la PRL.
Analisi statistica
Le analisi statistiche sono state effettuate tramite lo StatView software, versione 5.0 (SAS Institute, Inc.). Le variabili continue sono espresse come media±DS oppure mediana (range), come appropriato. L’analisi di correlazione è stata condotta mediante il coefficiente di correlazione di Pearson. I confronti tra variabili numeriche di tipo continuo sono stati effettuati tramite test t di Student o test U di Mann-Whitney, quando appropriato. La correzione di Bonferroni è stata applicata per le analisi multiple. Alla significatività è stato assegnato il valore di p<0,05.
RISULTATI
In base alla MIS i soggetti sono stati suddivisi in due gruppi, il primo con MIS ≤30% (assenza di stress), il secondo con MIS >30% (stress presente in vario grado); in base a un’analisi della differenze fra medie, i valori dei parametri biologici sono significativamente diversi fra i soggetti del primo gruppo e quelli del secondo, a eccezione del cortisolo e della IL-6 (Figura 1).
Nel dettaglio, i soggetti con stress in vario grado presentano valori medi di IL-12 di 97 pg/ml rispetto ai soggetti con “assenza di stress” che presentano un valore medio di IL-12 di 30 pg/ml; relativamente al TNF-α, i soggetti con stress mostrano un valore medio di 16 pg/ml rispetto ai soggetti senza stress che mostrano un valore di 7 pg/ml, mostrando valori più che duplicati rispetto al gruppo MIS ≤30%. Inoltre, riguardo la PRL il valore assunto dai soggetti con stress è di 318 mcUI/ml, mentre quello dei soggetti senza stress è di 212 mcUI/ml.
Le altre variabili non risultano significativamente differenti fra i due gruppi.
In base alla suddivisione per cluster (affettivi, comportamentali, cognitivi, somatici) ottenuta dal software della MSP si rilevano interessanti associazioni con le citochine rilasciate da macrofagi attivati e con gli ormoni.



Effettuando un’analisi qualitativa delle variabili si nota come i soggetti con cluster maggiormente espresso quale l’ansia depressiva (104 soggetti) mostrino un aumento di IL-12 (in media 262,3 pg/ml) e di PRL (in media 577,8 mcUI/ml), così come di TNF-α in media 41,1 pg/ml) rispetto ai valori di riferimento suggeriti della casa produttrice che danno la PRL a 150 mcUI/ml, l’IL-12 a 8 pg/ml e il TNF-α a 4 pg/ml, con una correlazione diretta tra IL-12 e TNF-α e una correlazione inversa tra PRL e TNF-α (p<0,05) ( Figura 2 e Tabelle 2 e 3).
Nei soggetti che manifestano maggiore caratterizzazione relativamente ai disturbi comportamentali (53 soggetti) i valori medi di IL-12 (171,9 pg/ml) e della PRL (582,8 mcU/ml) (p<0,05) risultano più alti rispetto a quelli suggeriti dalla casa produttrice, con l’IL-12 a 8 pg/ml e la PRL a 150 mcUI/ml (Figura 3).
Nel cluster dei disturbi cognitivi (86 soggetti) la IL-12 assume valori in media di 201,5 pg/ml e il TNF-α in media 35,7 pg/ml, con una correlazione diretta tra IL-12 e TNF-α (p<0,05) (Figura 4). I valori di riferimento della casa produttrice sono per l’IL-12 e il TNF-α rispettivamente in media 8 pg/ml e 4 pg/ml. Entrambe le misurazioni appaiono al di sopra dei valori di riferimento con un aumento che arriva a essere persino di 25 volte nel caso del TNF-α.
Nel cluster dei disturbi somatici (71 soggetti) troviamo aumentati i valori medi di PRL e di IL-12 che assumono valori di molto superiori a quelli offerti dalla casa produttrice, con PRL di 607,1 mcUI/ml vs 150 mcUI/ml e IL-12 di 270 pg/ml vs 8 pg/ml (p<0,05) (Figura 5).












DISCUSSIONE
Il nostro lavoro mette in evidenza l’importanza della prevenzione utilizzando su vasta scala i test psicometrici per la valutazione dello stress, ma associati alla determinazione delle citochine infiammatorie macrofagiche che oramai sembrano essere una delle principali concause immunologiche delle alterazioni del comportamento.
Infatti, i risultati ottenuti suggeriscono l’esistenza di un’interessante correlazione tra l’alterazione dei valori di alcune delle citochine e degli ormoni da noi esaminati e lo stato soggettivo di stress percepito dal paziente.
Fino a oggi la letteratura internazionale ha descritto la presenza di alterazioni di parametri neuroimmunologici in patologie conclamate chiaramente psichiatriche (23-29). Nella depressione maggiore la concentrazione elevata di tali ormoni, mantenuta nel tempo, induce a sua volta la desensibilizzazione da parte dei recettori per i glucocorticoidi stessi a livello del sistema nervoso centrale e probabilmente anche di quelli presenti sui macrofagi.
È altresì ben noto che alcune citochine infiammatorie possono divenire potenti attivatori dell’asse HPA con conseguente iperfunzione cortico-surrenalica. A ciò segue un aumento plasmatico dei glucocorticoidi e di altre citochine che inducono, a livello del sistema nervoso centrale, alterazione dei neurotrasmettitori noradrenergici e serotoninergici che sono alla base dei sintomi connessi con la depressione.
I nostri risultati, ottenuti non in patologie conclamate, ma in persone affette esclusivamente da disagio psicologico riferito, dimostrano la presenza di concentrazioni superiori alla norma di IL-12, PRL e TNF-α.
E questo dato è significativo in funzione della considerazione che i mediatori dell’infiammazione giochino un ruolo importante in molte malattie (30), in particolare nelle cardiovasculopatie (31), nei disordini metabolici (32), nelle malattie autoimmuni (33), ecc.
IL-1, IL-6 e TNF-α sono responsabili di molte delle reazioni a livello locale e sistemico: per es., contribuiscono positivamente alla coagulazione e alla permeabilità vascolare (34).
L’aumento dell’IL-6, del TNF-α e del cortisolo, che nel presente studio risultano meno incidenti sullo stress, logicamente in funzione di fattori non noti, in realtà vengono supportati dalla letteratura più recente. Nel caso dell’IL-6 lo stress induce un aumento dell’espressione dell’mRNA, in particolare nelle regioni sopraottica e paraventricolare dell’encefalo (35). Il TNF-α, oltre al profilo diagnostico, acquisterebbe anche un ruolo patogenetico, mediando, assieme ad altre citochine, la degenerazione tissutale in risposta a stress persistenti in virtù di un importante ruolo nella conservazione della omeostasi cellulare (36).
Entrambe inducono la sintesi di proteine di fase acuta nel fegato attraverso una induzione di un fattore di trascrizione comune, NF-IL6 (NFkB), che segue logicamente il legame di ciascuna di queste citochine allo specifico recettore epatocitario. A loro volta, le proteine NF-IL6 si legano a specifiche sequenze nucleotidiche nel promotore o enhancer di geni che codificano per le proteine epatiche (34).
Per quanto riguarda il cortisolo, persino il livello di concentrazione salivare potrebbe essere utilizzato come indicatore di stress lavoro-correlato (37). I corticosteroidi, essendo lipofili, attraversano la membrana cellulare e nel citosol si legano a specifici recettori. Il complesso, trasportato nel nucleo, si lega a sequenze regolatrici del DNA inducendo la trascrizione genica dell’NF-kB, un inibitore dell’attivazione dei linfociti T e della produzione di citochine (34).
E infine, PRL e IL-12. Ormai la PRL può essere considerata, oltre che un ormone, un neuromodulatore del comportamento associato allo stress. Essa è anche prodotta dalle cellule del sistema immunitario e partecipa agli eventi sia precoci sia tardivi dell’attivazione dei linfociti T. La IL-12 prodotta dai macrofagi è necessaria per la maturazione del profilo di tipo Th1 con produzione di IFN gamma, a sua volta correlato alla risposta citotossica e infiammatoria. L’interazione tra IL-12 (macrofagica e/o dendritica) e la PRL avviene solo a concentrazione elevata di PRL stessa. Questo dato potrebbe spiegare il fatto che anche nel nostro campione è necessaria l’interazione tra IL-12 e PRL entrambe a concentrazioni elevate per fare emergere l’ansia depressiva e la somatizzazione (dolori fisici e disturbi neurovegetativi). La iperprolattinemia può essere un fattore di rischio per depressione, ansia e altri sintomi molto spesso riscontrati nei lavoratori. I nostri risultati confermano l’associazione tra iperprolattinemia e ansia depressiva e somatizzazione (38-40). Infatti, tutte le persone che hanno elicitato i suddetti cluster mostravano livelli sierici di PRL superiori alla norma. Tutto ciò avvalora l’attuale tendenza a considerare i disturbi del comportamento dipendenti da attivazione del sistema immunitario in presenza di stress.
CONCLUSIONI
La correlazione tra stress e malattia (26) spiegherebbe perché negli Stati Uniti oltre il 50% delle giornate lavorative perse è riconducibile allo stress (41) e ugualmente in Europa si sente la necessità di un’efficace valutazione (42,43).
Le variabili psicopatologiche che possono coinvolgere l’attività lavorativa si inseriscono in un più ampio quadro di tutela della salute del lavoratore, tuttavia, a differenza di molte altre entità nosologicamente classificate, la letteratura riconosce come i principali strumenti di misura dello stress lavoro-correlato di fatto siano essenzialmente dati soggettivi riferiti dal lavoratore (44), e per tale motivo privi di obiettività.
Le molte variabili che, soprattutto in un contesto come quello medico-legale connotato da interessi anche di natura economica, possono influenzare l’esito della somministrazione di tradizionali questionari per la valutazione dello stress lavoro-correlato piuttosto che una raccolta di informazioni non metodologicamente eseguita o con check list poco attendibili, rendono l’applicazione di questi strumenti di facile vulnerabilità a un dibattimento.
Ed è anche per questo che, dal momento in cui è stato previsto l’obbligo di valutazione dello stress lavoro-correlato, i metodi elaborati e proposti (vedi la Direttiva del Ministro della funzione pubblica sulle misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle Pubbliche Amministrazioni – ISPESL. La valutazione dello stress lavoro correlato. Proposta metodologica – Regione Toscana. Valutazione del rischio da stress lavoro-correlato. Prima proposta di linee di indirizzo. 2009) prevedono la raccolta di indicatori oggettivi oltre a quelli soggettivi. Gli sforzi si sono concentrati nell’organizzazione e nella programmazione del lavoro, in taluni casi nella disponibilità materiale di tempo e risorse umane e non. Tutti elementi che, è facile comprenderlo, possono essere comunque oggetto di una interpretazione da parte di un osservatore esterno e suscettibili di sottostima.
I risultati di questo studio si collocano nel quadro di una sempre maggiore esigenza di una valutazione quanto più oggettiva e appropriata (45) possibile, che non cambi al variare del valutatore (46) e che servano come base da cui partire per misurare il valore predittivo di ciascun indicatore citochinico considerato. Eventualmente correlandolo a riferimenti di sicuro interesse giuridico. Pensiamo, per esempio, alla datazione della diagnosi di stress, piuttosto che alla intensità lesiva dall’agente stressogeno legato al lavoro.
Queste considerazioni ci portano a prospettare ulteriori approfondimenti dello studio alla ricerca di nuove acquisizioni rispondenti in ogni caso a un interesse esclusivo della tutela e della sicurezza del lavoratore.
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