Full functional recovery nel trattamento della depressione.
Casi clinici trattati con vortioxetina

Full functional recovery in depression treatment.
Clinical cases treated with vortioxetina

FELICIA RUSSO1
E-mail: russolicia@libero.it

1SPDC, Triggiano DSM, ASL BA, Bari


Riassunto. La depressione è tra le malattie mentali globalmente più diffuse, con circa 350 milioni di persone affette nel mondo. Malgrado un’iniziale soddisfacente risposta al trattamento farmacologico antidepressivo, in molti pazienti permane una sintomatologia residua che riguarda la sfera affettiva, cognitiva e psicomotoria. Questi sintomi residui hanno un notevole impatto non solo sulla funzionalità e sulla qualità di vita del paziente, ma anche sul rischio di ricorrenze della malattia. Negli ultimi anni la ricerca farmacologica si è quindi orientata verso nuovi farmaci in grado di contrastare sia i sintomi depressivi, sia quelli cognitivi e funzionali che tendono a permanere nel tempo. Un nuovo farmaco antidepressivo, caratterizzato da un meccanismo di azione multimodale che agisce sia inibendo i trasportatori della serotonina (SERT) sia modulando l’attività di diversi recettori serotoninergici, è la vortioxetina. La sua efficacia nel trattamento della depressione e dei sintomi cognitivi è stata riportata e descritta in diversi studi clinici randomizzati. In questo articolo vengono presentati 3 casi clinici in cui il trattamento con vortioxetina ha portato a un miglioramento dei sintomi depressivi e cognitivi e a un recupero del globale funzionamento del paziente. Queste esperienze aneddotiche suggeriscono che vortioxetina, oltre a controllare tutti i sintomi della depressione, compresi quelli di natura cognitiva, sia in grado di migliorare il funzionamento psicosociale del paziente affetto da disordine depressivo.

Parole chiave: disordini depressivi, serotonina, vortioxetina, patient functioning.


Summary. Depression is one of the most common diseases worldwide, with more than 350 million people affected. Although many patients initially show a good response to antidepressant therapy, they tend to suffer from residual symptoms that affect their social, cognitive, physical and psychological domains. Residual symptoms severely impact the patient’s global functioning and quality of life and increase the risk of recurrence. In the last few years, pharmacological research has focused on drugs able to mitigate the severity of depressive symptoms and to control persistent cognitive and functional disabilities. A novel antidepressant, with a multimodal mechanism of action that combines the classical inhibition of serotonin transporter (SERT) with the modulation of serotonin receptor activity, is vortioxetine. Its efficacy in the treatment of depression and cognitive symptoms has been well established in numerous randomized clinical trials. Three cases of patients with depressive disorders are presented, in which vortioxetine treatment improved depressive symptoms, cognitive symptoms and overall patient functioning. These anecdotal experiences suggest that vortioxetine, in addition to controlling all symptoms of depression, including cognitive symptoms, provides functional benefits in patients with depressive disorders.

Key words: depressive disorders, serotonin, vortioxetine, patient functioning.

INTRODUZIONE
La depressione è tra le malattie mentali più diffuse al mondo ed è in continua crescita; l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara che nel 2020 la depressione diventerà la seconda malattia globalmente più diffusa, dopo le patologie cardiovascolari. Oggi, la depressione colpisce circa 350 milioni di persone al mondo1. In Italia, si stima che almeno 1,5 milioni di individui soffrano di depressione e che circa 6 milioni di Italiani (il 10% della popolazione) abbiano avuto almeno una volta, nel corso della loro vita, un episodio depressivo2. Secondo lo studio europeo ESEMeD (European Study of the Epidemiology of Mental Disorders) che ha coinvolto un campione di 4712 cittadini italiani tra il 2001 e il 2003, la prevalenza del disturbo depressivo maggiore (DDM) e della distimia nell’arco di una vita è rispettivamente del 10,1% e del 3,4%, all’interno del campione nazionale3.
Nonostante siano stati compiuti notevoli progressi nel campo del trattamento farmacologico della depressione negli ultimi decenni, il rischio di ricorrenza continua a essere elevato (fino all’80%), e in circa il 20% dei pazienti il DDM tende a cronicizzarsi4. La presenza di sintomi residui al raggiungimento della remissione è stata poi associata a un maggiore rischio di ricadute e recidive del disturbo depressivo. Malgrado una soddisfacente risposta iniziale al trattamento, infatti, può persistere una sintomatologia residua che riguarda la sfera cognitiva, affettiva, psicomotoria e/o neurovegetativa e che ha un notevole impatto sulla funzionalità e sulla qualità di vita del paziente, oltre che sul rischio di ricorrenze 5,6. In un recente studio svolto su un gruppo di pazienti olandesi con DDM in remissione, è stato osservato che il funzionamento fisico e mentale rimane comunque inferiore rispetto alla popolazione generale, nonostante l’efficacia della terapia farmacologica nel controllare i sintomi depressivi7.
La ricerca farmacologica si è quindi orientata negli ultimi anni verso terapie antidepressive che siano anche in grado di contrastare la sintomatologia che tende a diventare residua, caratterizzata soprattutto da disabilità cognitive (alterazione delle funzioni esecutive, della memoria, della rapidità di processamento e dell’attenzione) e funzionali, in grado di compromettere la vita affettiva, sociale e lavorativa del paziente8.
Vortioxetina è un nuovo farmaco ad azione “multimodale”, che agisce inibendo la ricaptazione della serotonina e, contemporaneamente, modulando l’attività di diversi recettori serotoninergici9-11. Il suo utilizzo è stato approvato dalla US Food and Drug Administration (FDA) nel settembre 2013 e dalla European Medicines Agency (EMA) nel dicembre 2013, per il trattamento degli episodi depressivi maggiori nell’adulto12.
In questo articolo, vengono presentati 3 casi clinici in cui l’utilizzo di vortioxetina ha portato a un miglioramento dei sintomi depressivi e cognitivi e a un recupero del globale funzionamento del paziente.
CASO clinico 1
Il primo caso clinico è quello di una donna di 49 anni, coniugata. In possesso di un diploma di maturità magistrale, la paziente è casalinga e vive con il marito coetaneo che lavora come dirigente nella pubblica amministrazione. La coppia ha una figlia ormai indipendente. Secondogenita, ha un fratello maggiore; dall’anamnesi familiare della paziente emerge un quadro psichiatrico e neurologico positivo, con una madre affetta da disturbo schizoaffettivo e morbo di Parkinson. Fin da ragazza, la paziente mostra un carattere tendenzialmente timido ma socievole, con numerose relazioni sociali. L’unica sua storia sentimentale importante si è realizzata nel matrimonio, all’età di 22 anni. Subito dopo il matrimonio, la coppia si trasferisce per motivi di lavoro del marito in un’altra città. Tuttavia, per problemi di mancato adattamento e integrazione nel nuovo contesto, la paziente rientra nel suo paese di origine con la figlia, nel frattempo nata dall’unione; il marito invece rimane a vivere nell’altra città.
L’esordio del quadro psicopatologico avviene all’età di 23 anni durante il periodo post partum, con sintomatologia caratterizzata da una lieve deflessione del tono dell’umore, alterazione del ritmo sonno-veglia, facile stancabilità, ansia e ridotta iniziativa. Nei primi anni, tale sintomatologia tuttavia compromette in misura relativamente ridotta il funzionamento globale della persona; le riesacerbazioni dei sintomi sono cicliche, generalmente nei mesi primaverili e autunnali, caratterizzate da un buon recupero interepisodico. Il ritorno al proprio ambiente d’origine ha consentito un parziale recupero degli standard usuali di funzionamento nell’ambito personale, familiare e sociale: se coinvolta, la paziente partecipa alle iniziative di incontro familiare e amicale, e accudisce la figlia con uno stile di attaccamento apprensivo. Il quadro psicopatologico include una lamentosità somatica pervasiva e diffusa, per cui la paziente si sottopone costantemente nel corso degli anni a numerosi accertamenti diagnostici (ecografie dell’addome; risonanza magnetica dell’encefalo e midollo spinale; esami ematochimici ravvicinati; consulenze endocrinologiche, ginecologiche e neurologiche) e ad altrettante terapie somatiche sintomatiche inefficaci. Questa condizione si aggrava in coincidenza con la separazione della figlia dal nucleo familiare di origine, per motivi affettivi.
In seguito al consulto in ambito privato di specialisti psicologi e psichiatri, le viene diagnosticato un disturbo depressivo e somatoforme per il quale vengono indicate diverse terapie farmacologiche. I trattamenti prescritti nel corso degli anni includono: inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) (paroxetina 20 mg/die, escitalopram 20 mg/die, sertralina 100 mg/die); inibitori della ricaptazione della serotonina-noradrenalina (SNRI) (duloxetina 60 mg/die, venlafaxina 225 mg/die); inibitori della ricaptazione della noradrenalina (NARI) (reboxetina 4 mg/die); inibitori della ricaptazione della noradrenalina-dopamina (NDRI) (buproprione 300 mg/die) in combinazione con uno stabilizzatore del tono dell’umore (lamotrigina 100 mg/die). Tuttavia la paziente ha manifestato un’ipersensibilità verso la maggior parte delle classi di antidepressivi: SSRI e SNRI causavano inizialmente irritabilità e innalzamento dei livelli di ansia, mentre a lungo termine davano luogo ad appiattimento affettivo, apatia, abulia, aumento di peso e riduzione del funzionamento sessuale; NARI e NDRI inducevano agitazione e insonnia.
Nel corso degli anni, inoltre, ai sintomi del disturbo somatoforme progressivamente sempre più prolungati, si è unita una più intensa deflessione del tono dell’umore, accompagnata da apatia, abulia, anedonia, difficoltà nel pianificare le attività domestiche, riduzione dei contatti sociali fino all’isolamento e alterazione del ritmo sonno-veglia. Nella primavera 2016, dopo un periodo di parziale remissione delle alterazioni timiche, comunque non associato a un pieno recupero del funzionamento psicosociale, vi è un’intensa riesacerbazione della sintomatologia depressiva in coincidenza con alcuni eventi della vita, quali la prospettiva di un trasloco e il parto della figlia. Questo peggioramento è caratterizzato da una persistente apatia, abulia, anedonia, atteggiamento oppositivo anche verso i tentativi esterni di coinvolgimento in attività sociali, ansia anticipatoria e apprensività, sentimenti di inadeguatezza.
Nonostante la regolare assunzione di una terapia farmacologica specifica (bupropione 300 mg/die + lamotrigina 100 mg/die + clonazepam 2 mg/die), la paziente presenta all’osservazione un deflesso tono dell’umore, sentimenti di autosvalutazione, lamentosità somatica multiforme migrante, uniti a un’incoercibile insonnia, per cui le viene diagnosticato, oltre al disturbo somatoforme, un DDM a episodi ricorrenti. In considerazione dell’ipersensibilità della paziente verso tutte le classi di antidepressivi, si è progressivamente sospeso il trattamento con bupropione e proceduto a una titolazione lenta di vortioxetina in gocce, iniziando con 2 mg/die e aumentando di 2 mg ogni due giorni, fino a raggiungere la dose giornaliera di 20 mg. La paziente ha invece continuato a assumere regolarmente lo stabilizzatore del tono dell’umore (lamotrigina) e benzodiazepina. Già al dosaggio di 10 mg/die di vortioxetina si apprezza un iniziale miglioramento del tono dell’umore con riduzione dell’apatia, dell’abulia, dell’anedonia e fluttuazione del ritmo sonno-veglia. Miglioramenti che sono divenuti più marcati al raggiungimento del dosaggio di 20 mg/die: oltre alla remissione dei sintomi depressivi, si sono osservati scomparsa di apatia, abulia e anedonia, normalizzazione del ritmo sonno-veglia e miglioramento del funzionamento globale della persona. Il trattamento prolungato con vortioxetina ha portato, oltre che alla completa e stabile remissione della sintomatologia depressiva e ansiosa e al controllo anche della componente somatoforme, al recupero di un discreto funzionamento in ambito familiare (pianificazione e realizzazione del trasloco nella nuova casa, affiancamento della figlia nel parto e nella successiva gestione della nipote) e di un soddisfacente funzionamento in ambito sociale (la paziente ha ripreso i contatti con gli amici e stabilito e mantenuto nuovi contatti). La terapia inoltre è ben tollerata, non provoca infatti alcun effetto negativo né sulla sfera sessuale, né sul piano metabolico.
CASO clinico 2
Il secondo caso clinico è quello di un uomo di 58 anni, coniugato, che vive con la moglie e la figlia undicenne. Secondogenito, ha una sorella e un fratello. Da un’anamnesi familiare non emergono precedenti psicopatologici in famiglia. Ragazzo socievole, estroverso, con numerose relazioni amicali e sociali, dopo il conseguimento della maturità liceale il paziente svolge gli studi universitari in scienze motorie lontano dalla città di origine con buoni livelli di adattamento e integrazione. Impegnato politicamente tra i 20 e i 30 anni, oltre alla professione di insegnante di educazione fisica coltiva vari hobby. Dopo diverse storie sentimentali importanti, il paziente si sposa in età matura e diventa padre dell’unica figlia all’età di 47 anni. La vita coniugale risulta soddisfacente sia sul piano relazionale sia sessuale, fino a quando si manifestano i sintomi di patologie in area somatica e psichica. In seguito a visite specialistiche reumatologiche, al paziente vengono diagnosticate alla fine degli anni ’90 artrite psoriasica e malattia di Sjögren, per cui assume nel corso degli anni cortisonici, immunosoppressori e più recentemente farmaci biologici (etanercept 50 mg 1 fl sc/settimana) con un discreto controllo della sintomatologia clinica. Inoltre, nel giugno 2013, il paziente viene sottoposto a trapianto della cornea dell’occhio sinistro perché affetto da cheratocono. L’esordio del quadro psicopatologico risale all’autunno 2013, con sintomatologia caratterizzata da una lieve deflessione del tono dell’umore, alterazione del ritmo sonno-veglia, innalzamento dei livelli di ansia psichica (polarizzazione ideativa sulla riduzione della vista) e somatizzata (alterazioni qualitative transitorie della vista, scarsamente definite parestesie a partenza cranica diffuse agli arti). Tale quadro sintomatologico associato a una diagnosi di disturbo dell’adattamento e di depressione mista ad ansia, determina una significativa riduzione del funzionamento in ambito familiare, sociale e lavorativo a cui consegue la ricollocazione in altre mansioni lavorative, dall’insegnamento all’attività di segreteria.
Per controllare i disturbi psichici, il paziente è stato sottoposto nel corso degli anni a diversi trattamenti farmacologici. La terapia con SSRI (nel tempo paroxetina 20 mg/die, escitalopram 20 mg/die, sertralina 100 mg/die; fluvoxamina 100 mg/die) ha inizialmente portato a un innalzamento dei livelli di ansia; la remissione della sintomatologia ansioso-depressiva è stata seguita, dopo qualche mese, da ricorrenti nuovi episodi, aumento di peso e riduzione del funzionamento sessuale. In seguito a manifestazioni di ipo-anoressia, agitazione e insonnia, il trattamento con SNRI (venlafaxina 75 mg/die) non ha raggiunto il dosaggio completo previsto. Il paziente è stato inoltre trattato con benzodiazepine (diazepam e lorazepam a posologia variabile). Negli ultimi anni il quadro psicopatologico è stato caratterizzato da stabile deflessione del tono dell’umore, apatia, abulia, anedonia, difficoltà di attenzione, concentrazione e memoria, coartazione della vita sociale. Nel settembre 2016, con la ripresa dell’anno scolastico, vi è stata una riacutizzazione della sintomatologia ansiosa con associate preoccupazioni di matrice ipocondriaca, a causa delle quali il paziente, lamentando alterazioni del campo visivo, è stato più volte visitato in pronto soccorso e da specialisti neurologi e oculisti.
Le relazioni intrafamiliari sono divenute critiche per il modesto apporto del padre alla gestione della figlia e la crisi della relazione di coppia. A causa di un pervasivo sentimento di inadeguatezza e incapacità, il paziente chiede di essere riconfermato nel ruolo amministrativo. L’esame clinico evidenzia una deflessione nel tono dell’umore, sentimenti di autosvalutazione con associati bassi livelli di autostima, preoccupazioni somatiche intrusive, apatia, abulia e anedonia. Inoltre, il paziente presenta un ridotto funzionamento cognitivo con difficoltà importanti nell’attenzione e nella concentrazione, a cui è associato un deficit della memoria a breve termine, nonostante la regolare assunzione di un trattamento farmacologico specifico a base di fluvoxamina 100 mg/die + lorazepam 1 mg/die. Per questa complessa sintomatologia viene posta la diagnosi di DDM. Dal settembre 2016, la terapia con fluvoxamina è gradualmente sostituita con vortioxetina per le difficoltà incontrate nel gestire gli effetti collaterali. Inizialmente vortioxetina è assunta dal paziente al dosaggio di 5 mg/die, poi aumentata al dosaggio di 10 mg/die dopo una settimana, e di 15 mg/die dopo un mese. La terapia con benzodiazepine è invece rimasta invariata fino a dicembre 2016. All’iniziale dosaggio di 10 mg/die, il paziente riporta un miglioramento del tono dell’umore con riduzione dell’apatia, dell’abulia, dell’anedonia, accompagnato da un discreto recupero dei livelli di attenzione e concentrazione. Al dosaggio di 15 mg, il paziente manifesta la remissione dei sintomi ansiosi e depressivi, un ulteriore miglioramento di apatia, abulia e anedonia, il raggiungimento di un soddisfacente riposo notturno e, globalmente, un miglioramento del funzionamento della persona.
Il trattamento a lungo termine con vortioxetina 10 mg/die (associata a lorazepam 0,5 mg al sonno) ha portato, oltre che a una remissione della sintomatologia depressiva, anche a un pieno recupero del funzionamento familiare, sociale e lavorativo. Sebbene persistano delle criticità nel rapporto di coppia di natura relazionale (non dovute a problematiche sessuali), il paziente è in grado di seguire la figlia nell’attività scolastica grazie a una riattivazione dell’iniziativa, dell’attenzione e della memoria. Il paziente ritorna a mostrare interesse verso la vita politica del paese, attraverso una partecipazione politica attiva. Inoltre il paziente riprende a coltivare i suoi hobby e intraprende nuove attività. Nell’ambito lavorativo, il paziente decide di ritornare all’insegnamento dell’educazione fisica. L’efficacia dell’attuale terapia consente il completo recupero di un funzionamento della persona, mai compiutamente raggiunto nei tre anni precedenti, neppure nelle fasi di prolungata remissione della sintomatologia depressiva. L’attuale terapia a base di vortioxetina inoltre, diversamente dalle precedenti terapie antidepressive, non causa collateralità sul piano sessuale (è stata riportata solo un’iporessia non associata a calo ponderale).
CASO clinico 3
Il terzo caso clinico è quello di un uomo di 61 anni, coniugato, che vive con la moglie e due figli e lavora come ingegnere elettronico per una società che fornisce servizi di cantierizzazione in Italia e all’estero. Primogenito, con una sorella minore, il paziente non riporta alcun precedente episodio psicopatologico in famiglia. L’anamnesi familiare rivela solo casi di cardiopatia aritmica e ipertensione arteriosa, patologia quest’ultima sofferta anche dal paziente. Il paziente ha un carattere timido, introverso e riservato, e poche relazioni amicali. A causa dei lunghi periodi di assenza da casa per motivi di lavoro, la gestione della vita familiare rimane grandemente a carico della moglie. L’approccio estremamente coscienzioso e accurato con cui svolge il proprio lavoro e il ridimensionamento aziendale dovuto alla crisi economica, ha determinato negli anni una condizione di stress nel paziente associata a una riduzione della soddisfazione in ambito lavorativo.
I sintomi di esordio, risalenti al 2010, erano caratterizzati da ansia associata a insonnia, facile stancabilità, deflessione del tono dell’umore, difficoltà nell’adattarsi a novità in ambito lavorativo, apatia, abulia, difficoltà di concentrazione. Tale quadro sintomatologico ha causato una riduzione del funzionamento non solo in ambito lavorativo ma anche familiare e sociale, con l’azzeramento dell’iniziativa e della partecipazione alle scelte della vita familiare e sociale. A causa di tali sintomi psicopatologici il paziente contatta uno specialista neurologo di fiducia che pone la diagnosi di disturbo dell’adattamento concomitante a una depressione associata a sintomi d’ansia. Nell’ottobre 2014 il paziente ha un attacco ischemico transitorio (TIA). In seguito a ricovero in ambiente neurologico, si giunge alla diagnosi di disturbo del circolo cerebrale provocato da fibrillazione atriale parossistica, per cui il paziente inizia una terapia antiaritmica e anticoagulante. Dal 2015 si osserva un significativo peggioramento dei sintomi cognitivi, inclusa la memoria a breve termine, con maggiori difficoltà da parte del paziente nel mantenere validi livelli di attenzione e di concentrazione e, conseguentemente, con una notevole riduzione del funzionamento in ambito lavorativo (il paziente è costretto a rinunciare alla direzione di cantieri di grandi dimensioni). Per controllare i sintomi psicopatologici, nel corso degli anni sono stati prescritti al paziente i seguenti farmaci: SSRI (escitalopram 20 mg/die, sertralina 100 mg/die) che hanno portato a una parziale remissione dei sintomi ansioso-depressivi accompagnata però da aumento di peso e riduzione del funzionamento sessuale; SNRI (duloxetina 60 mg/die) associati a collateralità quali aumento ponderale e disfunzione sessuale; benzodiazepine (lorazepam 2,5 mg/die, alprazolam 2 mg/die). Tuttavia, nel giugno 2016, mentre il paziente è in trattamento con sertralina 100 mg/die e lorazepam 2,5 mg/die, si osserva un notevole peggioramento dei sintomi ansiosi, correlato all’aumento dello stress lavorativo e alle difficoltà di attenzione, concentrazione e memoria. Inoltre il paziente manifesta un atteggiamento di chiusura totale verso la famiglia e le relazioni sociali. Dall’esame clinico emerge una deflessione del tono dell’umore, la bassa disponibilità alla trattazione delle problematiche personali, la polarizzazione ideativa sulle problematiche lavorative associate al ridotto funzionamento cognitivo, apatia, abulia, anedonia e strutturali bassi livelli di autostima. In base al quadro sintomatologico viene posta la diagnosi di DDM. In considerazione dell’insufficiente risposta alla terapia farmacologica in atto, nel giugno 2016 si è iniziata una terapia a titolazione lenta con vortioxetina, partendo da una dose iniziale di 5 mg/die. Già questa dose iniziale porta a un miglioramento del tono dell’umore e a una riduzione dell’apatia, dell’abulia, dell’anedonia, oltre che al recupero di discreti livelli di attenzione e concentrazione. Il raggiungimento della dose ottimale di 10 mg/die ha prodotto un obiettivo e soggettivo controllo dei sintomi ansiosi e depressivi e un aumento del funzionamento globale della persona. Il paziente mantiene la terapia con vortioxetina 10 mg/die e lorazepam 2,5 mg/al sonno che nel lungo periodo produce un notevole miglioramento del funzionamento in ambito lavorativo, grazie alla sensibile riduzione delle disabilità cognitive, in ambito familiare e sociale. In ambito sia lavorativo sia familiare e sociale, il paziente riacquisisce iniziativa, decisionalità e responsabilità, accettando di dirigere un cantiere complesso e sostenendo la figlia nella ricerca di un lavoro all’estero. Permangono delle criticità all’interno della coppia per ragioni relazionali. Nonostante un atteggiamento pervasivamente introverso e riservato dovuto a dei tratti caratteriali, la terapia attuale consente il recupero di un funzionamento della persona sovrapponibile a quello standard, con ipertrofico impegno in area lavorativa, e modeste, ma comunque avviate, iniziative in ambito familiare e sociale.
DISCUSSIONE
L’effetto positivo di vortioxetina sui sintomi cognitivi della depressione, descritto nei casi clinici qui presentati, è già stato dimostrato in una serie di precedenti studi clinici randomizzati13-15. Successive, ulteriori analisi dei risultati di questi studi ottenuti applicando le principali scale di valutazione della depressione hanno escluso che gli effetti sulle funzioni cognitive fossero una conseguenza della sola azione antidepressiva del farmaco16,17. Inoltre, Mahableshwarkar et al.15 hanno valutato nel loro studio anche il funzionamento globale del paziente attraverso la scala di valutazione oggettiva della funzionalità UPSA (University of San Diego Performance-based Skills Assessment); nei pazienti trattati con vortioxetina è stato riportato un significativo miglioramento delle capacità funzionali (punteggio UPSA= 8,01±0,57) rispetto ai pazienti trattati con placebo (punteggio UPSA= 5,07±0,59). In una recente meta-analisi che ha analizzato i dati di 9 studi clinici condotti su pazienti depressi, è stato osservato che i pazienti trattati con vortioxetina hanno complessivamente ottenuto un miglioramento del funzionamento globale e la remissione funzionale, parametri valutati attraverso la scala SDS (Sheehan Disability Scale) 18. Un miglioramento del funzionamento globale nell’individuo depresso in seguito al trattamento con vortioxetina si traduce poi in una migliore qualità di vita19.
La capacità di vortioxetina di migliorare i sintomi della depressione inclusi i sintomi cognitivi e, in generale, il funzionamento della persona in ambito lavorativo, familiare e sociale è stata interpretata come la risultante delle sue peculiari caratteristiche farmacologiche. Vortioxetina, infatti, è un farmaco antidepressivo con un meccanismo di azione multimodale che agisce modulando direttamente e indirettamente la neurotrasmissione in diversi sistemi, serotoninergico e non. Come molti antidepressivi, vortioxetina è in grado di legare con alta affinità il trasportatore della serotonina (SERT), inibendo selettivamente la ricaptazione di questo neurotrasmettitore 20. Inoltre vortioxetina esercita un effetto su numerosi recettori serotoninergici, agendo come agonista del recettore 5-HT1A, parziale agonista del recettore 5-HT1B, antagonista dei recettori 5-HT3, 5-HT7 e 5-HT1D10,20,21. Studi preclinici hanno mostrato come l’azione svolta da vortioxetina sui recettori serotoninergici possa correggere il deficit di memoria causato dalla deplezione indotta di serotonina22. Per esempio, l’azione antagonista di vortioxetina sul recettore 5-HT3 non solo potenzia l’effetto inibitorio sul SERT23, ma è anche in grado di contrastare le disfunzioni cognitive associate alla depressione, come dimostrato da diversi studi preclinici svolti in modelli animali trattati con ondansetron (antagonista selettivo del recettore 5-HT3)24,25. Anche l’azione antagonista esercitata da vortioxetina sul recettore 5-HT7 sembra essere associata a funzionalità cognitive quali i processi dell’attenzione e della memoria26. Inoltre vortioxetina svolge un effetto indiretto anche su altri neurotrasmettitori oltre alla serotonina; studi in vivo hanno mostrato che è in grado di aumentare i livelli di noradrenalina, dopamina, istamina, acetilcolina e glutammato in specifiche aree del cervello27.
CONCLUSIONI
In conclusione, la presente esperienza clinica conferma l’efficacia di vortioxetina sia come antidepressivo sia come terapia farmacologica in grado di migliorare la sintomatologia cognitiva nel paziente con disturbi depressivi. Inoltre, i 3 casi clinici presentati mostrano un significativo recupero del funzionamento in ambito lavorativo, familiare e sociale dell’individuo depresso trattato con vortioxetina. È interessante notare come vortioxetina sia in grado di controllare i sintomi depressivi, cognitivi e funzionali anche nel lungo periodo, con minimi o assenti effetti collaterali.

Conflitti di interesse: l’assistenza editoriale e di medical writing è stata fornita dalla dott.ssa Sara Parodi, PhD, medical writer indipendente, su incarico di Springer Healthcare Communications. Tale assistenza è stata indipendente e resa possibile attraverso un unrestricted grant di Lundbeck Italia.
F. R. ha partecipato come consultant ad Advisory Board per conto di Otsuka ed è stata speaker per Lundbeck.
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