Terapia cognitivo-comportamentale per giovani ad alto rischio di un primo episodio di psicosi: un trial randomizzato controllato

Cognitive behavioural therapy for young individuals at ultra-high risk of a first episode of psychosis: a randomised controlled trial

ANDREA POZZA1, SANDRO DOMENICHETTI2, DAVIDE DÈTTORE1
*E-mail: andrea.pozza@unifi.it

1Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Firenze
2Unità Funzionale Salute Mentale Adulti, Azienda USL Toscana Centro, Firenze


RIASSUNTO. Scopo. Nell’ultimo ventennio l’interesse di ricercatori e clinici nella prevenzione di disturbi psicotici è cresciuto notevolmente. Gli studi internazionali su strategie a favore di giovani “ad alto rischio di un primo episodio di psicosi” sono ancora in numero ridotto, mentre in Italia risultano del tutto assenti. Oltre a manifestare sintomi psicotici sotto-soglia, questa popolazione di frequente riporta un compromesso funzionamento. La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è la strategia di prima linea, ma si rileva in letteratura l’importanza di studi su ulteriori misure di esito, quali il funzionamento. Il presente studio ha valutato se un protocollo di TCC modulare riducesse il rischio di un primo episodio psicotico in un gruppo di giovani ad alto rischio a post-trattamento e follow-up rispettivamente di 6 e 14 mesi a confronto con trattamento di supporto psicologico di routine ( treatment as usual). Metodi. Cinquantotto partecipanti (età media=25,51, 67,20% maschi) che soddisfacevano criteri per stati mentali a rischio alla Comprehensive Assessment of At-Risk-Mental States sono stati randomizzati a TCC o treatment as usual. Il protocollo di TCC ha incluso 30 sedute settimanali. Risultati. Nel gruppo TCC, il numero di giovani che ha sviluppato un primo episodio psicotico a follow-up è stato inferiore (n=4, 10,30%) a quello del gruppo di controllo (n=8, 27,60%), sebbene tale differenza sia risultata di significatività marginale [Log rank test χ2(1)= 3,66, p=0,05]. I giovani con funzionamento baseline più alto hanno ottenuto maggiori benefici al di là del tipo di percorso. Conclusioni. Anche nel contesto italiano, la TCC sembra efficace e promettente nel prevenire un primo episodio psicotico in giovani con stato mentale a rischio.

PAROLE CHIAVE: psicoterapia cognitivo-comportamentale, alto rischio di un primo episodio di psicosi, episodio psicotico, stato mentale a rischio, trial randomizzato controllato.


SUMMARY. Aim. In the last two decades, the interest of researchers and clinicians in preventing psychotic disorders has increased considerably. Research on prevention strategies in favour of young people classified as “at ultra-high risk of a first episode of psychosis” is still scarce, and in Italy no study is available. In addition to presenting subthreshold psychotic symptoms, this population of young people often reports poor functioning. Cognitive behavioural therapy (CBT) is the first-line strategy, but in the literature there is the need for research on further outcomes, such as functioning. The present study assessed whether a modular CBT protocol reduced the risk of first psychotic episode in a group of individuals at ultra-high risk of psychosis at 6-month post-treatment and 14-month follow-up compared to routine psychological support (treatment as usual). Methods. Fifty-eight participants (mean age=25.51, 67.20% males) who met criteria for at risk mental state at the Comprehensive Assessment of At-Risk-Mental States were randomized to CBT or treatment as usual. The CBT protocol included 30 weekly sessions. Results. In the CBT group, the number of participants who developed a first psychotic episode at follow-up was lower (n=4, 10.30%) than in the control group (n=8, 27.60%), although this difference was at a borderline significance level [Log rank test  χ2(1)=3.66, p=0.05]. Young individuals with higher baseline functioning achieved greater benefits irrespective of treatment condition. Conclusions. CBT seems an effective and promising strategy also in Italy in preventing a first psychotic episode in young individuals with at-risk mental state.

KEY WORDS: cognitive behavioural therapy, ultra-high risk of psychosis, psychotic episode, at-risk mental state, randomised controlled trial.

Introduzione
Il tema della prevenzione delle psicosi stimola un acceso dibattito tra ricercatori e clinici1. Yung et al.2 propongono una serie di criteri per l’identificazione di giovani “ad alto rischio” di un primo episodio di psicosi (ultra-high risk of psychosis), che comprende indici di stato e di tratto. I primi includono: a) sintomi psicotici sotto-soglia (ridotti in intensità/frequenza/durata); b) episodi psicotici intermittenti che vanno in remissione spontanea in una settimana3. I secondi comprendono: a) familiarità per psicosi, espressa da una parentela di I grado; b) disturbo schizotipico di personalità associato a declino nel funzionamento3. Secondo una meta-analisi, i giovani tra 16 e 35 anni classificati “ad alto rischio” hanno una possibilità di sviluppare un primo episodio (converter) pari a 18% a 6 mesi, 22% a 1 anno, 29% e 36% a 2 e 3 anni4.
Vengono condotti trial che valutano varie forme terapeutiche, quali la terapia cognitivo-comportamentale (TCC), dimostrata efficace strategia di prevenzione per questa popolazione di giovani5-11. Una meta-analisi evidenzia il numero ancora ridotto di studi di efficacia12 e si rileva che un sottogruppo di giovani ad alto rischio continui a manifestare scarso funzionamento pur non avendo sviluppato un episodio psicotico13. Si suggeriscono ulteriori indicatori di esito, non focalizzati sui sintomi psicotici12,13. Un gruppo di esperti della European Psychiatric Association (EPA)14 redige linee-guida sull’intervento precoce nelle psicosi definendo i criteri di Yung et al.2 i più affidabili e la TCC come psicoterapia di prima linea14. Si osserva però l’importanza di nuovi studi che indaghino aspetti che, pur correlati al rischio di primo episodio, riguardino anche il funzionamento e interventi modulari non solo su sintomi psicotici sotto-soglia15. Nel contesto italiano sono assenti studi su strategie di intervento per giovani ad alto rischio.
Il presente studio ha avuto l’obiettivo primario di valutare se un protocollo di TCC riducesse il rischio di primo episodio psicotico in giovani ad alto rischio dopo 6 (post-trattamento) e 14 mesi (follow-up) a confronto con un percorso di supporto psicologico di routine (treatment as usual) come condizione di controllo. L’indicatore primario di esito è stato il numero di partecipanti che ha sviluppato un primo episodio. L’obiettivo secondario è stato confrontare la TCC con il controllo sul funzionamento globale.
METODO
Reclutamento e criteri di inclusione/esclusione
I partecipanti sono stati reclutati con annunci cartacei o elettronici rivolti a professionisti di servizi pubblici. Sono stati inoltre reclutati giovani che, richiedendo una visita di valutazione presso i servizi, erano considerati dai professionisti come possibili candidati. Sono stati inclusi se di età tra 16 e 35 anni e soddisfacevano i criteri di “stato mentale a rischio” alla Comprehensive Assessment of At-Risk Mental States (CAARMS)3, intervista che indaga tre gruppi di sintomi tipici dello stato mentale a rischio (Tabella 1). I partecipanti sono stati esclusi se presentavano disturbi neurologici, ritardo mentale, autismo, disturbi psicotici o bipolari attuali/lifetime, ideazione suicidaria, se avevano già intrapreso TCC, assumevano antipsicotici, non avevano adeguata competenza nella lingua italiana. Un concomitante trattamento con antidepressivi o ansiolitici non è stato motivo di esclusione, a meno che il dosaggio fosse stabile durante lo studio.
Lo studio ha previsto i seguenti criteri di uscita: a) interruzione volontaria da parte del partecipante, libero di abbandonare lo studio in qualsiasi momento senza conseguenze negative per successivi percorsi terapeutici nel servizio cui afferiva; b) motivazioni relative alla sicurezza del partecipante giudicate dagli investigator (ovvero, il partecipante soddisfaceva un primo episodio o aveva sviluppato stabile ideazione suicidaria). I partecipanti che avevano sviluppato un primo episodio venivano inseriti in percorsi assistenziali di routine previsti per esordi psicotici dai servizi cui afferivano.



Misure baseline
I disturbi psichiatrici di asse I sono stati indagati con Structured Clinical Interview for DSM-IV-TR Axis I Disorders (SCID-I; SCID-I Italian)16,17. Il modulo sulle psicosi è stato somministrato anche a post-trattamento e follow-up. I disturbi di personalità sono stati indagati con Structured Clinical Interview for DSM-IV-TR Personality Disorders (SCID-II)18. La SCID-II valuta i disturbi di personalità secondo DSM-IV-TR. La versione italiana19 ha mostrato buona affidabilità.
CAARMS, SCID-I e SCID-II sono state somministrate da due valutatori indipendenti, formati con tirocini sulla loro conduzione. I valutatori erano in cieco rispetto all’assegnazione alle condizioni di trattamento. Tutte le diagnosi sono state formulate dopo che è stato raggiunto consenso inter-rater. L’accordo inter-rater è stato raggiunto per tutti i partecipanti inclusi, eccetto due per i quali si erano osservate discrepanze nelle valutazioni sullo stato mentale a rischio. Questi sono stati esclusi con consenso di un terzo valutatore.
Misure di esito primarie
L’indicatore primario di esito è stato il numero di partecipanti che riportava primo episodio psicotico a post-trattamento o follow-up o qualsiasi disturbo psicotico/bipolare secondo DSM-IV-TR20. La diagnosi veniva attribuita con SCID-I e confermata dal Positive And Negative Syndrome Scales (PANSS)21. Lo sviluppo di un primo episodio poteva essere rilevato anche nel momento in cui il terapeuta che svolgeva il trattamento, informava gli investigator del fatto che, probabilmente, si era verificata la transizione in psicosi richiedendo una valutazione.
Misura di esito secondaria
La Global Assessment of Functioning scale (GAF)22 indaga aspetti sintomatici oltre a quelli relazionali, sociali e occupazionali del funzionamento su scala da 1 a 100. Un punteggio più alto suggerisce minori sintomi e miglior funzionamento. La GAF è considerata misura gold standard di funzionamento globale nelle psicosi23.
Disegno
Lo studio, condotto secondo lo Standard Protocol Items: Recommendations for Interventional Trials (SPIRIT 2013)24, si è basato su un disegno randomizzato controllato di superiorità per gruppi paralleli in singolo cieco. I partecipanti classificati a baseline “ad alto rischio di un primo episodio di psicosi” sono stati assegnati casualmente a TCC o controllo. La condizione di controllo consisteva in 30 sedute settimanali individuali di supporto psicologico, mirate all’identificazione di problemi attuali del partecipante, a validazione, chiarificazione e confrontazione di pensieri ed emozioni, senza l’utilizzo di tecniche TCC sia per esperienze psicotiche sia per qualsiasi sintomatologia (per es., psicoeducazione su psychotic-like experience, ristrutturazione cognitiva). Le sedute di supporto psicologico nella condizione di controllo sono state effettuate da psicologi clinici (Figura 1).
Le caratteristiche demografiche e cliniche sono state raccolte prima della randomizzazione. La sequenza di assegnazione casuale è stata creata da un programma computerizzato. Un ricercatore, indipendente rispetto allo studio, ha assegnato i partecipanti alle condizioni con randomizzazione a blocchi 1:1. La sequenza di randomizzazione è stata mascherata da un investigator indipendente, con il compito di inserire i numeri di assegnazione all’interno di buste e conservarli in luogo chiuso. Il mascheramento dell’assegnazione è stato garantito dal fatto che l’investigator non ha rivelato il codice di randomizzazione fino a quando il partecipante non fosse stato incluso, ovvero dopo la somministrazione delle misure baseline. È stata adottata una procedura in singolo cieco: le valutazioni baseline, post-trattamento e follow-up sono state condotte da valutatori indipendenti non a conoscenza dell’assegnazione. Una procedura in doppio cieco non è stata impiegata a causa della difficoltà di mantenere i partecipanti non a conoscenza delle assegnazioni.
Procedura
La partecipazione allo studio era volontaria e non comportava compenso. A tutti i partecipanti che lo necessitavano, sono stati prescritti antidepressivi e ansiolitici secondo pratica clinica. Il case management della terapia farmacologica era a carico dello staff medico, non coinvolto nello studio, in cieco rispetto all’assegnazione, nel servizio cui il partecipante afferiva. Tutti i partecipanti inclusi dovevano sottoscrivere il consenso informato dopo che erano state loro illustrate le finalità dello studio. I minorenni potevano prendere parte con sottoscrizione di entrambi i genitori o di figure che detenevano la patria potestà. Il consenso poteva essere ritirato in qualsiasi momento senza conseguenze. Il protocollo, in linea con la Dichiarazione di Helsinki, è stato approvato dal comitato etico istituzionale.
Terapia cognitivo-comportamentale
La TCC è stata effettuata da psicologi clinici con quattro anni di esperienza su TCC ed esordi psicotici. La formazione era consistita in letture di manuali, partecipazione a conferenze, role-playing. Gli psicologi ricevevano supervisioni mensili da un supervisore certificato con 30 anni di esperienza in TCC.
Sono state previste 30 sedute individuali a cadenza settimanale, ciascuna di un’ora per 6 mesi, secondo un trattamento modulare manualizzato per giovani ad alto rischio11, la cui efficacia è stata valutata in precedenti studi7,10. L’obiettivo dell’intervento è ridurre lo stress provocato dalle esperienze straordinarie11. Il protocollo è stato adattato secondo Thompson et al.15, che hanno identificato le seguenti componenti: assessment, ingaggio, formulazione del caso, psicoeducazione, strategie TCC, trattamento di comorbilità (depressione, ansia), abilità sociali. Il protocollo di van der Gaag e al.11 è stato suddiviso in fasi (Tabella 2) e arricchito con componenti mirate a ridurre sintomi depressivi, ansia, rimuginio e incrementare abilità sociali.
Analisi dei dati
Il confronto tra gruppi su variabili demografiche e cliniche è stato svolto con ANOVA o test non-parametrici. L’indicatore di esito primario è stato analizzato con statistiche di sopravvivenza Kaplan-Meier e test log rank. I partecipanti persi a follow-up sono stati codificati in modo conservativo come non-converter. Sono stati calcolati i numeri di partecipanti che necessitavano di un trattamento per prevenire un episodio di psicosi (numbers needed to treat - NNT). I dati post-trattamento e follow-up sul funzionamento sono stati analizzati nei non-converter con ITT e tecnica LOCF. I cambiamenti nel tempo sono stati analizzati con ANCOVA a post-trattamento e follow-up, con i punteggi baseline GAF come covariata. Eta Quadrato (η 2) è stato calcolato come effect size. Valori di 0,01, 0,06, 0,14 indicano effetto rispettivamente basso, medio e ampio25. Il livello di significatività scelto è stato 0,05. Le analisi sono state svolte con SPSS 21.00.










RISULTATI
Caratteristiche demografiche
Sono stati inclusi 58 partecipanti (età media 25,71 anni). Trentanove (67,20%) erano maschi. I due gruppi assegnati a TCC e controllo non sono risultati significativamente differenti nelle caratteristiche demografiche (Tabella 3).
Caratteristiche cliniche baseline
Nel gruppo totale, tutti i partecipanti riportavano APS intensità/frequenza, 3 (5,20%) BLIPS e 8 (13,80%) familiarità di psicosi o disturbo schizotipico di personalità (Tabella 4). Venti (34,50%) avevano un disturbo d’ansia, 27 (46,60%) avevano un disturbo dell’umore unipolare. La diagnosi di asse I con maggior frequenza è stata distimia (n=18, 31%), seguita da disturbo ossessivo-compulsivo (n=12, 20,70%).
Non sono state osservate differenze significative tra i due gruppi nel numero di partecipanti che alla CAARMS riportavano APS (in entrambi i gruppi il 100%), BLIPs [ χ2(1)=0,35, p=0,55] e vulnerabilità di tratto [ χ2(1)=0,58, p=0,44]. I due gruppi non sono risultati significativamente differenti nel numero di partecipanti con disturbo dell’umore unipolare [ χ2(1)=0,62, p=0,43], disturbo d’ansia [ χ2(1)=0,30, p=0,58], uno o più disturbi di personalità [ χ2(1)=1,73, p=0,18], disturbo schizotipico/schizoide di personalità [ χ2(1)=1,50, p=0,22], uso attuale di cannabis [ χ2(1)=0,89, p=0,34]. I due gruppi non differivano nel numero di partecipanti che assumevano antidepressivi [ χ2(1)=0,27, p=0,59] e ansiolitici [ χ2(1)=1,61, p=0,20].



Partecipanti che hanno abbandonato lo studio (drop-out)
In totale 13 partecipanti (22,40%) hanno abbandonato lo studio prima del post-trattamento. Questi sono stati considerati drop-out. In questo sottogruppo, il numero medio di sedute effettuate è stato 4,92 (range=2-11). Il numero di femmine nei drop-out è stato significativamente maggiore rispetto a coloro che hanno completato il post-trattamento (completer) [ χ2(1)=10,11, p<0,001]. I drop-out e i completer non differivano per età [Mann Whitney U=270, p=0,67], un disturbo non psicotico di asse I [ χ2(1)=0,04, p=0,94], disturbi d’ansia [ χ2(1)=0,10, p=0,75], disturbi dell’umore unipolari [ χ2(1)=0,44, p=0,50], disturbi di personalità [ χ2(1)=0,01, p=0,97] uso di cannabis [ χ2(1)=0,67, p=0,41], intensità di sintomi psicotici positivi sotto-soglia [F(1, 56)=0,07, p=0,79] o frequenza dei medesimi [F(1, 56)=0,28, p=0,59] e funzionamento globale [F(1, 56)=1,29, p=0,26].
Efficacia di TCC su misure primarie di esito
Nel gruppo TCC il tempo medio di sopravvivenza è stato 445,46 giorni (95% IC: 407,37-483,55); nel controllo è stato 410,24 giorni (95% IC: 350,39-470,09). Il valore di odds ratio è risultato di 0,30 (95% IC: 0,07-1,28). Nel gruppo totale, si è evidenziato un numero di 7 partecipanti (12,10%) a post-trattamento e 11 (19%) a follow-up che hanno riportato un primo episodio di psicosi. Nel controllo si è osservato un numero di 6 partecipanti (20,70%) a post-trattamento e 8 (27,60%) a follow-up, che hanno sviluppato un primo episodio. Nelle analisi di sopravvivenza, coloro che sono stati persi a post-trattamento o follow-up sono stati classificati in modo cumulativo come non-converter. La curva Kaplan-Meier (Figura 2) ha mostrato una differenza tra partecipanti assegnati a TCC e a controllo (Log rank test  χ 2(1)=3,66, p=0,05), sebbene a livello marginale di significatività. Il numero necessario di partecipanti da trattare (NNT) per prevenire in modo cumulativo la conversione in psicosi a follow-up è stato di 5,88: in media, 6 partecipanti dovevano essere trattati con TCC per prevenire la transizione in psicosi in un partecipante in più rispetto al controllo.
Nei partecipanti che hanno soddisfatto criteri di conversione in psicosi, le categorie diagnostiche erano episodio psicotico breve (n=5, 8,60%), disturbo schizoaffettivo (n=2, 3,40%), disturbo psicotico non altrimenti specificato (n=1, 1,70%), schizofrenia sottotipo disorganizzato (n=1, 1,70%), episodio maniacale (n=1, 1,70%). Tutti i partecipanti che hanno soddisfatto criteri di conversione a post-trattamento o follow-up, soddisfacevano i criteri per psicosi alla PANSS. 







Efficacia di TCC su funzionamento globale
È emerso un effetto principale significativo dei punteggi baseline a GAF su quelli a post-trattamento con effect size ampio [F=13,65, p<0,01, η2= 0,22, β=0,75, t=2,93, p<0,01], mentre non si è evidenziato un effetto di interazione tra tali punteggi e l’assegnazione al gruppo né un effetto principale del gruppo. I partecipanti con livello di funzionamento baseline più elevato riportavano punteggi più elevati al GAF al post-trattamento al di là dell’assegnazione al gruppo. Non sono risultati significativi né gli effetti principali del gruppo o dei punteggi baseline GAF né l’effetto di interazione sui punteggi GAF a follow-up.
DISCUSSIONE
Il presente studio ha indagato l’efficacia di TCC modulare per giovani ad alto rischio di psicosi, con l’obiettivo di prevenire un primo episodio a 6 e 14 mesi. Cinquantotto partecipanti sono stati randomizzati a TCC o supporto psicologico. L’età media è risultata più alta rispetto allo studio di van der Gaag et al.10, nel quale era 22,9 anni, e a quello di Stain et al.9, in cui era 16,47. Tutti i partecipanti hanno riportato sintomi APS baseline, mentre un sottogruppo anche BLIP (5,20%) o familiarità per psicosi/disturbo schizotipico di personalità (13,80%). Questo dato è risultato coerente con lo studio di Stain et al.9. Il numero di drop-out totale (22,40%) è stato inferiore a Stain et al.9 (53%), ma più alto di van der Gaag et al.10, nel quale era 13,77%. Una potenziale spiegazione è che in Stain et al.9 era stata inclusa una coorte mediamente più giovane. Per quanto riguarda la discrepanza con van der Gaag et al.10, una spiegazione potrebbe essere che quello studio aveva confrontato un protocollo generico di TCC con uno specifico per stati a rischio; l’utilizzo di componenti di TCC potrebbe aver ridotto il drop-out, dato che nel presente trial la TCC è stata confrontata con treatment as usual. Nel gruppo totale il numero medio di sedute alle quali i drop-out hanno preso parte è stato relativamente basso5. Questo suggerisce che nei giovani con stati a rischio l’abbandono della terapia avviene nelle prime fasi; si richiedono ulteriori strategie per rafforzare la motivazione e prevenire l’abbandono precoce.
Nel gruppo totale il genere femminile è risultato associato a maggior drop-out, in contrasto con precedenti studi, in cui le femmine manifestavano miglior funzionamento e più funzionali comportamenti di richiesta di aiuto rispetto ai maschi26. È stato indagato il ruolo nel drop-out di altre variabili in base alla letteratura27, quali disturbi di personalità, uso di cannabis, funzionamento e sintomi psicotici sottosoglia, che però non sono risultate associate ad abbandono precoce. Le differenze di genere nel drop-out potrebbero essere legate ad altre variabili cliniche non misurate, quali sintomi depressivi o bias cognitivi psicotici28-30. Questa ipotesi potrebbe suggerire di inserire misure di questi outcome in studi futuri. È possibile che l’abbandono precoce sia invece legato a temporaneo miglioramento sintomatico nelle femmine o a fattori protettivi in queste ultime quali maggior supporto sociale26.
Il numero di partecipanti che hanno interrotto la terapia è risultato significativamente inferiore nel gruppo TCC (10,30%) rispetto al controllo (34,50%). Questo suggerisce che un protocollo modulare riduce l’abbandono in una popolazione spesso difficile da ingaggiare a causa del ridotto insight o sintomi negativi che interferiscono con la partecipazione al trattamento. L’abbandono precoce è un fenomeno complesso nelle psicosi12: nel presente studio sono state adottate strategie per ottimizzare la flessibilità del percorso, come svolgere le sedute a casa per i casi che manifestavano difficoltà di spostamento a causa di agorafobia.
Nel gruppo TCC nessuna delle variabili cliniche prese in esame è risultata un predittore di drop-out. Il numero ridotto di partecipanti in TCC ha impedito di condurre analisi aggiuntive. Si suggeriscono studi futuri su ulteriori variabili potenzialmente correlate con abbandono precoce di TCC.
Il tasso di transizione generale è risultato 19%, superiore a quello di trial nei quali si attesta tra 5 e 9%5,8-9 e quello dell’EDIE-NL trial di van der Gaag et al.10, pari a 16%. Alcune differenze tra gli studi potrebbero spiegare questa discrepanza: in Stain et al.9 l’ampiezza del follow-up era 12 mesi, mentre nell’EDIE-NL 18. Inoltre, Stain et al.9 hanno incluso una coorte più giovane. Un’altra spiegazione potrebbe essere che nel presente studio i partecipanti erano stati reclutati con invii da professionisti di salute mentale, mentre nell’EDIE-NL10 tramite screening con Prodromal Questionnaire (PQ)31 di giovani che richiedevano una prima visita; in seguito l’identificazione dei casi a rischio avveniva con CAARMS. Differenze nel reclutamento si associano a diverse stime di transizione: i partecipanti reclutati con screening sarebbero più inclini a sviluppare psicosi rispetto a quelli reclutati con invio32. D’altra parte, i tassi di conversione nel presente studio sono risultati in linea con altri studi, pari a 6-20%6 e 10-21%33 e inferiori a Morrison et al.8, 22%.
Nel presente studio la TCC era associata a rischio di transizione inferiore rispetto al controllo, sebbene con una differenza marginale. In media 6 partecipanti dovevano essere trattati con TCC per prevenire la conversione in un partecipante in più.
Non è stato riscontrato un effetto principale dell’assegnazione al gruppo sul funzionamento globale: la TCC potrebbe non aver prodotto risultati migliori rispetto ai colloqui di supporto, in linea con van der Gaag et al.10, che non avevano benefici aggiuntivi sul funzionamento. Questo aspetto evidenzia l’importanza di integrare nel protocollo nuovi moduli sul funzionamento.
LIMITI E CONCLUSIONI
È opportuno evidenziare alcuni limiti. Una prima possibile fonte di bias è stata la mancanza di una procedura di screening nella selezione dei partecipanti che richiedevano valutazione psichiatrica/psicologica. Questo potrebbe aver influenzato l’identificazione di casi visto che sono stati reclutati solo giovani individuati con invio. Studi futuri dovranno integrare il reclutamento con lo screening. Un ulteriore limite riguarda l’ampiezza campionaria, relativamente ridotta. Altro aspetto riguarda la composizione dei due gruppi rispetto a variabili che potrebbero incrementare il rischio di conversione, ovvero la combinazione di un disturbo schizotipico di personalità con l’uso di cannabis/alcol. Recenti studi rilevano come l’attuale popolazione di pazienti con psicosi sarebbe minore dell’8% in assenza di uso di cannabinoidi 34. È opportuno osservare che nel presente studio non vi fossero differenze significative tra i due gruppi nel numero di partecipanti con disturbo schizotipico/schizoide o con uso di cannabis. La combinazione fra tratti schizotipici e uso di cannabinoidi/alcol tende a favorire l’esordio di esperienze psicotiche, incrementando l’incidenza di sintomi psicotici in età giovanile nelle popolazioni ad alto rischio35,36. Si suggerisce pertanto, che ricerche future escludano partecipanti che fanno uso di cannabis/alcol, al fine di ridurre un potenziale bias nel rischio di conversione. Altra criticità è la finestra di follow-up: studi futuri dovranno introdurre valutazioni a maggior distanza, dato che il rischio medio di transizione incrementa da 21,7 a 35,8 oltre 2 anni1. Il reclutamento è avvenuto presso servizi di salute mentale di secondo livello; studi futuri potrebbero estenderlo a setting primari. Una prospettiva futura riguarda anche l’indagine sull’efficacia della TCC sui sottotipi di sintomi psicotici sottosoglia rilevati dalla CAARMS.
In conclusione, il presente studio amplia le conoscenze sugli interventi per giovani a rischio di psicosi, ancora ridotte in Italia. La TCC, in forma modulare, sembra promettente nel prevenire un primo episodio, anche se la differenza marginale nel numero di partecipanti che sviluppano psicosi e il ridotto effetto sul funzionamento, suggeriscono l’indagine sull’integrazione di ulteriori strategie.
Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.
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