Reciprocità emotiva in psicoterapia: un approccio postrazionalista

A postrationalist approach to emotional reciprocity in psychotherapy

MARIO ANTONIO REDA, SILVIA DONATI DELLA LUNGA, LUCA CANESTRI

Dipartimento di Scienze Neurologiche e del Comportamento, Sezione di Scienze del Comportamento, Università di Siena

RIASSUNTO. In un approccio postrazionalista alla psicoterapia cognitiva, la relazione terapeutica diventa uno strumento di esplorazione che il paziente utilizza per comprendere le regole su cui si basano le modalità più rigide della sua organizzazione di significato personale. Una più approfondita consapevolezza dei propri atteggiamenti è la variabile fondamentale che consente al paziente di assimilare le esperienze problematiche. Il ruolo che il terapeuta assume è quello di perturbatore emotivo strategicamente orientato che è estremamente attento alle tonalità emotive proprie e dell’altro, che vive in reciprocità con il paziente, dal momento che questo scambio emotivo aiuta a modulare il modo in cui il paziente si percepisce e acquisisce consapevolezza dei propri problemi

PAROLE CHIAVE: empatia, psicoterapia, postrazionalismo, relazione terapeutica.


SUMMARY. In a postrationalist approach to cognitive psychotherapy the teherapeutic relationship becomes a tool for exploring, by which, the patient manages to understand the rules which govern the rigid logical processes of his own personal meaning organization. A more accurate knowledge of one’s own attitudes is the crucial variable that lets the patient assimilate problematic experiences. The therapist role assume the form of a “strategical oriented emotive disturber” who is extremely careful to utilize the emotional swings that he live in reciprocity with the patient, and who is aware of is own, as it is his emotions which modulate the patient’s perceptions and understanding of problems.

KEY WORDS: emphaty, psychotherapy, postrationalism, therapeutic relationship.
COMPLESSITÀ E ORGANIZZAZIONE
DI SIGNIFICATO PERSONALE:
IMPLICAZIONI NELLA PSICOPATOLOGIA
E NELLA PSICOTERAPIA
Prima di affrontare il tema della reciprocità emotiva in psicoterapia, è necessaria una breve premessa che possa dar ragione delle differenze tra modelli cognitivisti “classici” e una visione sistemico processuale di tipo postrazionalista. Nell’ottica cognitivista classica, l’analisi dei processi mentali nella prospettiva dell’information processing approach è attualmente il modello predominante. Essa si fonda su una solida tradizione positivista, tenacemente empirista, in cui la realtà percepita consisterebbe in una serie di informazioni, con un ordine predeterminato e indipendente dall’esperienza dell’osservatore, incardinate in una sorta di flusso proposizionale e rappresentazionale che si verifica in “reti neurali” a livello corticale o subcorticale. In questo modo la “conoscenza” è la rappresentazione della “realtà” ed è possibile osservare e descrivere la realtà in termini oggettivi e indipendenti dall’osservatore. Esiste quindi una “realtà” ordinata, descrivibile in modo oggettivo che contiene, come sua proprietà, un senso delle cose (1,2).
Da queste considerazioni deriva un modello computazionale ideale, in cui i processi conoscitivi risultano entità scientificamente descrivibili, la conoscenza si descrive attraverso schemi cognitivi adattivi e disadattivi, imaging cerebrale e network cellulari; in questo sistema di elaborazione si concretizzano emozioni amiche e nemiche, pensieri razionali e irrazionali; tale approccio comporta la definizione netta di concetti di normalità e patologia, delineando assetti cognitivi patologici e orientando l’intervento psicoterapico in senso “pedagogico-correttivo”.
Nell’ottica postrazionalista ogni essere umano possiede una propria modalità conoscitiva attiva, ovvero capace di costruire attivamente una propria realtà e una propria esperienza personale di essa, dinamicamente creata, conservata e adattata dal soggetto conoscente (3-8). In questa dinamica processuale ogni individuo struttura e plasma il proprio modo di mettersi in relazione con sé e con l’ambiente; questo processo prende forma attraverso la costruzione e l’adattamento di sistemi di significato che integrano modalità sensoriali, emotive e cognitive in modo coerente e autoriferito. Tale processo si esplica nel contesto evolutivo delle interazioni individuo-ambiente ed è particolarmente attivo nelle relazioni intersoggettive con altri individui della stessa specie; la relazione dapprima con i caregiver e in seguito con persone significative accompagna ogni persona dai primi momenti di vita per tutto l’arco dell’esistenza permettendo la strutturazione bio-psicologica dei sistemi conoscitivi (9-14). Le esperienze di reciprocità creano perturbazioni stimolando i sistemi conoscitivi e orientando il processo attivo di costruzione e di articolazione processuale di un proprio senso di sé e del mondo (4).
Per alcune persone, nel corso della vita, eventi che coinvolgono intensamente i sistemi emozionali producono perturbazioni che per qualità o per intensità non possono più essere integrate coerentemente nei sistemi di conoscenza, producendo uno scompenso nei processi di regolazione emozionale (3); le emozioni disregolate irrompono e perturbano il senso di continuità dell’esperienza, assumendo caratteristiche disturbanti ed estranee al proprio modo di esistere; in una persona adulta, in fase di scompenso emotivo questo si riflette in una perturbazione nella continuità della trama narrativa, la struttura verbale, ma anche gli atteggiamenti emotivi che si accompagnano alla comunicazione, risultano in qualche modo alterati, nel senso che le fluttuazioni emotive non sono integrate in un contesto narrativo coerente e autoriferito; il significato di questi segnali emotivi appare spesso irrigidito, stereotipato, oppure si configura come una vera e propria “sindrome psicopatologica sintomatica”.
Il postrazionalismo introduce quindi un metodo di lavoro che valorizza molto il soffermarsi sui segnali emozionali, focalizzandosi sulla modalità personale e soggettiva di articolare i sistemi di conoscenza in quella interfaccia emozioni/significati personali che caratterizza il modo di esistere di ogni singolo individuo.
RECIPROCITÀ E PSICOTERAPIA:
UNA PROSPETTIVA POSTRAZIONALISTA
Nel metodo postrazionalista particolare enfasi è stata dedicata a quello che è il modo, per il paziente, di cogliere e significare i propri stati emozionali in una prospettiva soggettiva rendendoli accessibili e negoziabili. Per consentire al sistema di proseguire nella sua evoluzione, mantenendo al tempo stesso una sensazione di identità e di coerenza, è necessario un cambiamento che consenta di rappresentarsi in modo nuovo le sensazioni che non risultano più congruenti con il senso di sé e con un senso di identità personale che si è costruita e stabilizzata nel corso della vita. Se questa operazione di automodulazione ha successo, l’atteggiamento verso di sé e verso il mondo si modifica e una modalità conoscitiva si struttura e si modella sulla precedente, senza che si perda quel senso di continuità che rappresenta una caratteristica propria degli umani e che mantiene quella componente di sé vissuta come invariante (3).
Nel modello postrazionalista il presupposto di una relazione terapeutica è quello di instaurare una reciprocità affettiva in cui vengano rispettate le caratteristiche individuali nell’insieme di processi di interscambio e di negoziazione affettiva; la condizione di sintonia intersoggettiva consente al terapeuta di poter indurre delle perturbazioni emozionali, senza che queste raggiungano livelli estremi o non più gestibili per il paziente; questa possibilità di sperimentare in modo controllato sentimenti altrimenti intollerabili favorisce i processi di riorganizzazione del flusso conoscitivo e orienta il paziente verso il cambiamento (5,6,15).
In questo senso il terapeuta dovrebbe favorire i processi che possono aiutare il paziente a esplorare le proprie modalità di conoscenza e di organizzazione dei significati personali nel contesto del proprio ciclo di vita, esplorando le situazioni e gli eventi di vita che hanno contribuito alla genesi dei sintomi e degli atteggiamenti, mantenendo un atteggiamento non pedagogico.
Nell’interazione psicoterapeutica è necessario, pertanto, tener conto della particolare modalità di comunicazione di ogni paziente, al fine di comprenderne la “narrativa emozionale” che in ogni caso è indicativa di un particolare senso di identità personale (3,16).
Se nel cognitivismo classico si era di fronte a un terapeuta cordiale, collaborante, stimabile ma distaccato, nel cognitivismo costruttivista il ruolo del terapeuta è caratterizzato da partecipazione e da empatia. In questa prospettiva il terapeuta partecipa attivamente nel processo intersoggettivo di interscambio di emozioni e significati. Questo atteggiamento permette al paziente un riordinamento, maggiormente articolato, flessibile e generativo rispetto a quegli stati interni avvertiti fino a quel momento come sintomi esterni a sé e caratterizzati come uno stato patologico.
L’operare all’interno e attraverso la relazione comporta necessariamente una negoziazione degli obiettivi della relazione. L’obiettivo che inizialmente il paziente si pone è generalmente quello di essere “curato e guarito” da ciò che lo disturba, mentre il terapeuta dovrà cercare di esplorare il modo in cui il paziente esperisce ed esprime i propri vissuti emozionali. L’utilizzo di tecniche psicoterapeutiche è subordinato al loro utilizzo in modo strategico, all’interno di un metodo che le integra in una prassi processuale, con scopi tesi non tanto alla eliminazione del sintomo, quanto alla sua progressiva spiegazione in termini autoriferiti.
I domini cognitivi del terapeuta sono elementi fondanti nella costruzione della relazione nel processo terapeutico, il suo modo di pensare, di percepire le emozioni, di entrare in relazione con l’altro risultano elementi fondanti della terapia (17). Attraverso la propria risonanza emotiva il terapeuta è in grado riconoscere, regolare e ri-organizzare le proprie attività conoscitive relative a sé e all’altro e di operare con lui un processo di sintonizzazione emozionale (18). In questo senso l’inizio di una relazione terapeutica è a tutti gli effetti l’inizio di una relazione tra due esseri umani, che, nelle prime fasi della terapia operano un’esplorazione mutuale di compatibilità (15). In questo periodo le caratteristiche cognitive ed emotive dei due individui operano, in una dimensione intersoggettiva, un processo di sintonizzazione di significati ed emozioni; la relazione assume il significato di strumento di esplorazione e di lavoro, e l’abilità del terapeuta sarà quella di muoversi all’interno e all’esterno della relazione, con continui passaggi dal ruolo di osservatore a quello di osservato, incuriosendosi per incuriosire.
Ogni interazione tra individui comporta una risposta emozionale e quindi, in ogni relazione, oltre all’attivazione propria del SNC si osserva una fluttuazione negli indici fisiologici. In alcuni recenti studi (19,20) sono state individuate risposte fisiologiche correlate nell’interazione tra paziente e terapeuta in psicoterapia, negli stessi studi si è osservato come vi siano correlazioni significative tra i livelli di attivazione psicofisiologica dei pazienti e dei terapeuti; tale correlazione è statisticamente più rilevante nei momenti in cui il paziente percepisce un alto livello empatico. I risultati degli studi di Marci sono stati replicati dal nostro gruppo di ricerca (21), dall’analisi dei dati relativi a indici psicofisiologici registrati su 15 diadi terapeuta/paziente in psicoterapia, risulta come il processo di sintonizzazione assuma un significato caratterizzante in una relazione terapeutica; tale sintonizzazione assume un andamento inizialmente crescente fino a un massimo nelle fasi centrali della terapia, diminuendo poi progressivamente nella seconda parte della seduta (22).
La reciprocità positiva in psicoterapia si basa sulla condivisione spontanea degli stati emotivi, particolarmente su quelli in cui si è scompensata l’organizzazione di significato personale del paziente. In terapia, è il rapporto di reciprocità a permettere di condividere l’emotività alterata del paziente e determinare uno stato di comunicazione affettiva, basilare per la modulazione delle turbolenze emotive emergenti. Il sentirsi capiti e il poter condividere le proprie emozioni e i propri significati è reso possibile dalla relazione con il terapeuta che entra in contatto con il paziente, in una dimensione intersoggettiva che è soprattutto di tipo emozionale e che permette al paziente di ri-organizzare una narrativa emozionale integrata e coerente col proprio senso di sé: in tal modo emozioni e significati prima disregolati appaiono riregolati. (23)
Nel corso della terapia il sintomo e la diagnosi perdono man mano di significato attraverso la “spiegazione del sintomo”; entrare in contatto con le emozioni dell’altro agite nella narrazione permette di operare l’induzione di fluttuazioni emozionali nei sistemi di conoscenza del paziente, orientando la riorganizzazione dei significati e delle sensazioni nelle proprie aree critiche, in questo senso nell’ottica postrazionalista il terapeuta assume il ruolo di perturbatore strategicamente orientato (24).
Un’ultima considerazione riguarda il ruolo della farmacoterapia all’interno di una psicoterapia a impostazione postrazionalista. Per molti pazienti l’associazione tra farmaci e psicoterapia è spesso necessaria e la validità di questo approccio non può essere messa in discussione. Nella nostra prospettiva, il farmaco coadiuva il lavoro della psicoterapia, e non viceversa, modulando e non sopprimendo le emozioni troppo “rumorose”, che per la loro intensità o pervasività possono rendere difficile o impossibile l’accesso e l’elaborazione di tali stati interni. La modulazione farmacologica non ha tanto il significato di eliminare emozioni patologiche, quanto quello di renderle fruibili in modo non eccessivamente disturbante, aumentando le possibilità di riorganizzazione del materiale conoscitivo nell’interfaccia tra emozione e significato.
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