Il “disturbo da insonnia”: una overview sui modelli attuali e sul complesso link con i quadri psicopatologici

Laura Palagini1, Andrea Fagiolini2

1Clinica Psichiatrica UO Psichiatria 2, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana AUOP; 2Clinica Psichiatrica, Dipartimento di Medicina Molecolare e dello Sviluppo, Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese.

Riassunto. Il disturbo da insonnia è il disturbo del sonno più frequente. I nuovi modelli inquadrano l’insonnia come un disturbo stress-correlato e una sindrome delle “24 ore” con sintomi notturni e diurni. L’iperarousal è stato identificato come il meccanismo neurobiologico che sottende l’insonnia cronica. Poiché l’insonnia cronica è considerata come un fattore di rischio per disturbi psicopatologici è possibile che l’iperarousal costituisca un link con i quadri psicopatologici. Valutare e trattare l’insonnia potrebbe quindi anche avere un valore di prevenzione in psicopatologia.

Parole chiave. Insonnia cronica, meccanismi neurobiologici, psicopatologia, valutazione.

“Insomnia disorder”: an overview of current models and the complex link with psychopathological pictures.

Summary. Insomnia disorder is the most common sleep disorder. The new models frame insomnia as a stress-related disorder and a “24-hour” syndrome with night and day symptoms. The hyperarousal has been identified as the neurobiological mechanism underlying chronic insomnia. Since chronic insomnia is considered a risk factor for psychopathology it is possible that hyperarousal may act as a link with psychopathological conditions. Assessing and treating insomnia could therefore also have a preventive value in psychopathology.

Key words. Chronic insomnia, neurobiological mechanisms, psychopathology, assessing.

Introduzione

L’insonnia è il disturbo del sonno più frequente. In particolare, il disturbo da insonnia, ovvero la forma cronica, interessa circa il 6-10% della popolazione mentre forme diverse di insonnia, acute o transitorie, possono interessare fino al 60-80% della popolazione occidentale1-3. I quadri di insonnia acuta e transitoria possono regredire spontaneamente nell’arco di circa 3 mesi, tuttavia, nell’80% dei casi tendono a cronicizzarsi con conseguenze negative sugli aspetti socio-relazionali di rendimento lavorativo e sulla qualità della vita dei pazienti affetti1. Inoltre, dati recenti della letteratura confermano che l’insonnia è un fattore di rischio per diverse patologie della sfera medica e neurologica e per la maggior parte dei quadri psicopatologici1,4,5. In quest’ottica valutare e trattare l’insonnia nella pratica clinica sembra essere un fattore chiave non solo per la qualità della vita del paziente insonne, ma anche nella prevenzione precoce dei quadri psicopatologici o nel miglioramento delle loro traiettorie1,5.

Lo scopo di questa overview narrativa è, infatti, quello di rivisitare i nuovi modelli diagnostici e neurobiologici dell’insonnia che si sono sviluppati negli ultimi 10 anni, e di ridiscutere in questa nuova ottica le possibili relazioni tra insonnia e psicopatologia.

Caratteristiche cliniche dell’insonnia

Il disturbo da insonnia è a oggi considerato un disturbo a sé stante e si è superata con il DSM-53 la distinzione tra insonnia primaria e secondaria rimandando così al concetto di comorbilità. Il disturbo da insonnia è considerato a oggi una “sindrome delle 24 ore”, con sintomi notturni quali la difficoltà di addormentamento, difficoltà di mantenimento del sonno o il risveglio precoce e sintomi diurni1-3. Questi ultimi generalmente coinvolgono la sfera emotiva con irritabilità e tendenza all’impulsività, la sfera cognitiva con deficit attentivi e di concentrazione, e la sfera somatica con sensazione di stanchezza e facile faticabilità e impatto negativo sul funzionamento socio-lavorativo o scolastico1-3 (figura 1).




La frequenza dei disturbi notturni e diurni, se maggiore di 3 volte a settimana, e la loro durata, se maggiore di 3 mesi, consente di effettuare diagnosi di “disturbo da insonnia” e cioè insonnia cronica secondo il DSM-5 e DSM-5-TR2,3. L’andamento dell’insonnia è persistente e tende a interessare ancora circa il 60% dei pazienti affetti dopo 5 anni. Inoltre, in circa il 30% dei casi sono frequenti ricadute e recidive sintomatologiche. Per questo l’insonnia cronica è una patologia con un forte impatto negativo sulla qualità della vita e sul funzionamento generale del paziente1-3.

L’insonnia cronica interessa con maggiore frequenza il sesso femminile rispetto a quello maschile in ogni fascia di età e l’età adolescenziale e anziana in maniera prevalente1-3.

Il modello diatesi-stress dell’insonnia

Il disturbo da insonnia è considerato a oggi un disturbo stress-correlato secondo il modello delle 3P: fattori Precipitanti possono favorire l’insorgenza di quadri di insonnia acuta in presenza di fattori Predisponenti, e fattori Perpetuanti ne favoriscono la cronicizzazione1. I fattori predisponenti sono costituiti non solo da caratteristiche temperamentali o di personalità che appartengono alla dimensione ansiosa, come il perfezionismo o il neuroticismo, ma anche da fattori biologici e modificazioni fisiologiche della regolazione del sonno1,6. In particolare, sembra stabilirsi una predisposizione sulla base del corredo genetico allo sviluppo dell’insonnia in riposta allo stress1,6. Una recente revisione della letteratura evidenzia come l’insonnia sia una patologia “familiare”, e infatti gli studi condotti in gemelli e in gruppi di famiglie hanno evidenziato una ereditabilità del 40-60%. Gli studi condotti attraverso il metodo “candidate genes”, con la scelta di geni da studiare a prio-ri, hanno evidenziato mutazioni e varianti nei geni che regolano il sonno Clock Genes e di regolazione del sistema GABAergico e dell’orexina, ma anche di geni che regolano la risposta allo stress e la regolazione delle emozioni. Inoltre, negli ultimi anni sono stati condotti molti studi genome-wide association (GWAS) che hanno evidenziato un rischio poligenico complesso per l’insonnia. Questi dati confermerebbero che i geni coinvolti nella regolazione del sonno Clock Genes e dell’orexina, ma anche nella regolazione delle emozioni, sarebbero nel complesso coinvolti nella predisposizione a sviluppare l’insonnia in risposta allo stress, la cosiddetta “sleep-reactivity”1,6. In ogni caso, un modello genetico dell’insonnia non è sufficiente a spiegare le conseguenze a lungo termine dell’insonnia sul cervello. È invece possibile, in maniera similare ad alcuni quadri psicopatologici, che il modello epigenetico gene-environment interaction ci possa essere di maggiore aiuto. A questo proposito i dati della letteratura evidenziano come alcune modificazioni epigenetiche di DNA-methylation sembrino mediare il rapporto tra stress e sonno disturbato, per cui al momento ci riferiamo all’insonnia nell’ambito di un modello epigenetico1,6. In questo senso è possibile che una riprogrammazione epigenetica del sistema dello stress nell’ambito gene-environment interaction possa modulare una reattività allo stress che favorisca lo sviluppo dell’insonnia in risposta allo stress piuttosto che lo sviluppo di altre patologie1,6.

Tra i fattori biologici che possono predisporre l’insonnia sono da annoverare anche le modificazioni fisiologiche del sonno che avvengono con l’età1. In particolare, in età adolescenziale il fisiologico ritardo di fase che contrasta con l’organizzazione degli orari scolastici può favorire l’insorgenza dell’insonnia. Similmente, nell’età anziana l’anticipo fisiologico dei ritmi circadiani, così come la riduzione fisiologica della durata di sonno, diventa un terreno predisponente per l’insorgenza dell’insonnia1. Inoltre, tra i fattori predisponenti si annoverano le alterazioni ormonali che interessano il sesso femminile nell’arco della vita. Ciclicamente nella fase luteale si assiste a un’alterazione della struttura del sonno tendente alla superficializzazione, ma anche la gravidanza e il periodo menopausale con le loro alterazioni ormonali caratteristiche favoriscono la promozione dei meccanismi della veglia a discapito di quelli di promozione del sonno.

I fattori precipitanti sono considerati generalmente eventi stressanti della sfera personale oppure eventi correlati a patologie acute somatiche e/o sintomatologie dolorose insorte acutamente.

In quest’ambito i disturbi psicopatologici vengono considerati fattori precipitanti in grado di favorire lo sviluppo dell’insonnia in un terreno genetico predisponente. C’è infatti da sottolineare che uno dei principali target degli stressor è il sistema circadiano di regolazione del sonno, che subisce quindi una disregolazione in risposta allo stress. Tuttavia, non tutte le persone sviluppano insonnia acuta in risposta a uno stress, per cui il corredo genetico e la predisposizione all’insonnia sembrano veramente giocare un ruolo molto importante1,6.

Una volta che l’insonnia acuta si è stabilita, nell’80% dei casi tende a diventare cronica. I fattori cronicizzanti sono associati principalmente allo stabilirsi dell’iperattivazione del sistema dello stress e infiammatorio a livello centrale e periferico, ovvero il cosiddetto “iperarousal”, che è il meccanismo fisiopatologico che sostiene l’insonnia1,7,8. In questo caso fattori neurobiologici e comportamentali tenderebbero a perpetuare il circolo vizioso dell’insonnia. I pazienti con insonnia nel tentativo di compensare l’insonnia metterebbero in atto dei comportamenti disfunzionali che contrastano con la fisiologica spinta omeostatica al sonno, per esempio prolungando il tempo di permanenza a letto o tentando di recuperare il sonno durante la giornata. Questa combinazione di fattori neurobiologici e comportamentali contribuirebbe a mantenere l’insonnia e sostenere l’iperarousal (figura 2).




Fattori neurobiologici nell’insonnia cronica: l’iperarousal

L’iperarousal è considerato il meccanismo neurobiologico che sottende l’insonnia cronica.

Gli studi di neuroimaging hanno infatti dimostrato che i pazienti con insonnia cronica presentano alterazioni tipiche di una cronica iperattivazione del sistema dello stress a livello centrale che si riflettono in un incremento di volume dell’amigdala, una riduzione dell’ippocampo e in una riduzione dello spessore della corteccia frontale, con impairment funzionale della “top down regulation” delle emozioni. Questo iperarousal cronico sarebbe così in grado di spiegare sia i sintomi notturni sia quelli diurni dei pazienti insonni. In particolare, le alterazioni dello spettro dell’umore e delle emozioni, così come dei processi decisionali, hanno come substrato neurobiologico l’iperarousal a livello centrale. Questo porterebbe infatti a una condizione di “ipofrontalità” in cui la corteccia frontale, cioè, non è più in grado di modulare le strutture sottocorticali nel controllo delle emozioni o dei processi decisionali. Nell’insonnia cronica si ipotizza infatti che il network cortico-limbico sia malfunzionante. Nell’insonne cronico si pensa che il sistema dello stress sia alterato e non funzioni più il meccanismo fisiologico della downregualtion del sistema. Alla compromissione del sistema di downregulation contribuirebbero, inoltre, complessi processi genetici ed epigenetici di disregolazione del sistema dello stress caratteristici del paziente insonne, ma anche di alterazioni del sistema di regolazione del sonno e delle sue funzioni in relazione allo stress.

Le alterazioni della regolazione del sonno nell’insonnia cronica

È stato ipotizzato che nei soggetti con insonnia cronica si stabilisca inizialmente un’alterazione del processo omeostatico di regolazione del sonno governato dall’attività GABAergica e orexinergica. Il sonno è regolato secondo un meccanismo on-off o “flip-flop” in cui, cioè, si ha un’attivazione dei meccanismi di promozione del sonno governati dal sistema GABAergico e la sua azione sul nucleo ventrolaterale dell’ipotalamo (ventrolateral preoptic nucleus - VLPO) alla sera, e un’attivazione dei meccanismi di veglia e attivazione dell’arousal al mattino9. Tra questi le orexine sono peptidi prodotti da piccoli nuclei dell’ipotalamo laterale, ma che proiettano a molti centri, tra i quali quelli di promozione dell’arousal attivandoli. Le orexine inviano proiezioni eccitatorie ai centri di produzione della serotonina, noradrenalina, dopamina e istamina e, come un direttore d’orchestra, coordinano le attività di questi centri per modulare il livello di arousal. L’orexina inizia a incrementare nella seconda parte della notte e verso il mattino per favorire il risveglio e il mantenimento di un livello di “arousal” adeguato a ogni situazione durante la giornata. Nell’insonnia, si ipotizza quindi o un deficit del sistema gabaergico e cioè di promozione del sonno oppure un’iperattivazione dei sistemi che promuovono la veglia e in particolar modo del sistema dell’orexina (figura 3).




In particolare, è stato ipotizzato che nell’insonnia i sistemi di de-attivazione dell’arousal siano compromessi con conseguente iperattivazione cronica dell’arousal e instabilità del sistema flip-flop. Ne risulterebbe così un sistema caratterizzato da scarsa propensione al sonno con eccessiva e instabile ed eccessiva attivazione dei sistemi della veglia9. È possibile che nell’insonne, a causa delle mutazioni dei geni che controllano i recettori dell’orexina, si abbia un’alterazione della regolazione dell’orexina con possibile iperattivazione. Poiché l’orexina è coinvolta nella regolazione della risposta allo stress, in particolare nelle risposte “fight and flight” e nel controllo dell’arousal correlato, è possibile che nell’insonne vi sia una risposta disfunzionale allo stress acuto con eccessiva e maladattiva attivazione dei sistemi della veglia10. L’alterazione del sistema sonno contribuirebbe poi alla disregolazione delle emozioni, delle componenti edoniche e volitive dei meccanismi di reward e delle funzioni cognitive superiori, caratteristiche del paziente insonne1,5,9,10 (figura 4).




Infatti, gli studi elettroencefalografici hanno dimostrato nei pazienti insonni una superficializzazione del sonno con riduzione degli stadi profondi di sonno e incremento degli stadi REM coinvolti nella regolazione delle emozioni10. Si pensa che nell’insonnia cronica ci si trovi di fronte a un “restless REM sleep”. Il sistema sonno, che soprattutto attraverso il sonno REM è deputato al management del sistema dello stress e di regolazione delle emozioni, nell’insonne cronico non è più in grado di procedere alla downregulation del sistema dello stress, che rimane così iperattivato. Al momento si parla infatti di “REM sleep instability”, e cioè dell’instabilità del sonno REM come caratteristica core dell’insonnia cronica1,10. Ciò porterebbe a una maladattiva regolazione dello stress e delle emozioni.

Valutazione dell’insonnia cronica nella pratica clinica

Le linee guida internazionali consigliano di valutare i sintomi dell’insonnia principalmente attraverso il colloquio clinico che tenga conto dei sintomi notturni e diurni, del cronotipo e dello stile di vita del paziente, delle comorbilità e delle terapie assunte. Non sono necessari approfondimenti strumentali se non quando ci si trova di fronte a insonnie resistenti al trattamento o quando si sospetti comorbilità con altre patologie del sonno. È consigliato di approfondire il quadro utilizzando alcuni questionari ad hoc o inviare il paziente per una visita presso un centro di medicina del sonno quando si sospettano altri disturbi del sonno. La compilazione del diario del sonno per almeno una/due settimane consente di misurare la variabilità dell’insonnia nonché i sintomi notturni e diurni; l’Insomnia Severity Index (ISI) di misurare la sua gravità; lo Sleep Condition Indicator (SCI) di fare diagnosi di “disturbo da insonnia” in accordo con il DSM-5; e l’Epworth Sleepiness Scale (ESS) di misurare il grado di sonnolenza diurna11-14. Vi sono tuttavia questionari standardizzati specifici per misurare altri aspetti dell’insonnia. Per i i fattori predisponenti sono disponibili questionari standardizzati che misurano la tendenza all’iperarousal in risposta allo stress, il cosiddetto “arousability”, e altri che misurano la reattività allo stress sul sonno, e cioè la predisposizione specifica a sviluppare l’insonnia in risposta agli eventi stressanti. Molti questionari sono disponibili per l’assessment dei fattori perpetuanti tra cui alcuni per la valutazione degli aspetti cognitivi ed emotivi disfunzionali sul sonno, altri di misurazione dell’iperarousal somatico e cognitivo11-15.




L’utilizzo di questi questionari potrebbe essere utile per approfondimenti diagnostici e per monitorare l’andamento del quadro e dei trattamenti.

Insonnia e psicopatologia: aspetti clinici e ipotesi neurobiologiche

Poiché la disregolazione delle emozioni e dei processi cognitivi è centrale in psicopatologia, è possibile che l’insonnia contribuisca ai quadri psicopatologici attraverso la disregolazione del sistema sonno5. Ricerche recenti suggeriscono una relazione bidirezionale, per cui l’insonnia rappresenterebbe un fattore di rischio per l’insorgenza di disturbi psichiatrici de novo e viceversa1,4,5. Attualmente la ricerca considera l’insonnia come elemento transdiagnostico in psicopatologia, aprendo così nuove prospettive per la pratica clinica1,4,5.

L’insonnia è considerata un fattore di rischio indipendente, nonché un segno precoce di diversi disturbi mentali e gioca un ruolo importante nelle ricadute e recidive1,4,5.

Di seguito una overview sulle caratteristiche dell’insonnia in relazione ai maggiori quadri psicopatologici.

Insonnia e disturbi dell’umore

L’insonnia incrementa il rischio di sviluppare un disturbo dell’umore unipolare di più di tre volte e di quello bipolare di quasi due volte1,4,5,16. Caratterizza inoltre l’intero decorso dei disturbi dell’umore interessando dall’80% al 100% delle persone durante l’episodio depressivo in fase acuta e dal 45% al 55% durante il periodo inter-episodio bipolare. L’insonnia con risveglio nella parte terminale della notte è classicamente associata ai quadri di depressione unipolare, anche perché spesso si associa a un anticipo di fase del ritmo circadiano a sua volta tipico dei quadri depressivi unipolari. Nel disturbo bipolare durante le fasi maniacali si associa spesso alla riduzione delle ore di sonno, costituendo così un prodromo dell’episodio maniacale e un elemento peggiorativo della traiettoria del disturbo. Nelle fasi depressive o associate a caratteristiche miste può manifestarsi con disturbo dell’addormentamento e della parte centrale della notte, oppure una combinazione di questi disturbi. Questo perché nel disturbo bipolare sono frequenti un disturbo da ritardo di fase o una tendenza ad avere ritmi circadiani irregolari che si associano così all’insonnia.

L’insonnia nei disturbi dell’umore è correlata alla gravità della malattia, alle alterazioni delle funzioni cognitive superiori, bassi livelli di resilienza, aumento del rischio di abuso di sostanze, comportamenti aggressivi e impulsivi, disregolazione emotiva e aumento del rischio suicidario5,17. L’insonnia contribuisce alla resistenza al trattamento e all’andamento negativo delle traiettorie dei disturbi dell’umore5,17. Il rapporto tra insonnia e disturbi dell’umore è quindi complesso: in parte l’insonnia è un fattore indipendente che può favorire l’insorgenza dei disturbi dell’umore; in parte i disturbi dell’umore possono comportarsi da fattori precipitanti e contribuire allo sviluppo dell’insonnia in un complesso rapporto bidirezionale5,17.

Sono stati ipotizzati diversi potenziali meccanismi attraverso i quali l’insonnia potrebbe aumentare il rischio o il perpetuarsi dei disturbi dell’umore5,17. L’iperattività persistente del sistema neuroinfiammatorio e dello stress a livello dell’amigdala e della corteccia cingolata anteriore ventrale, anomalie di network prefrontale-talamico, disregolazione glutamatergica e orexinergica, alterazioni dei fattori neurotrofici cerebrali dell’insonnia sembrano contribuire alle alterazioni neurobiologiche e di neuroplasticità cerebrale che sottendono i disturbi dell’umore1,5,17. In particolare, anche se gli studi che riguardano il ruolo dell’orexina nei disturbi dell’umore sono contrastanti, nella maggior parte di quelli che interessano depressione sia unipolare sia bipolare i livelli di orexina plasmatici e del liquido cefalorachidiano risultano elevati quando l’insonnia è presente1,5,17. Questo contribuirebbe ad alterare i meccanismi di regolazione sonno-veglia, promuovendo la veglia e l’iperarousal che è al momento considerato un meccanismo transdiagnostico che potrebbe contribuire anche alla patogenesi dei disturbi dell’umore. L’iperarousal e il REM sleep instability sarebbero i processi neurobiologici più probabilmente correlati allo sviluppo dei disturbi dell’umore a partenza dall’insonnia10. Questo perché il sistema sonno alterato non è più in grado di regolare i processi cognitivi, emotivi e di regolazione dell’umore correlati ai disturbi dell’umore10. In quest’ottica si ipotizza anche che l’alterazione del sistema sonno contribuisca ai processi di neuroprogressione coinvolti nei disturbi dell’umore. È possibile che con l’insonnia si stabilisca uno stato di infiammazione cronica aumentando la neuroinfiammazione, sia direttamente che indirettamente, attraverso l’attivazione della microglia e degli astrociti. Inoltre, è possibile che l’insonnia possa favorire l’accumulo di proteine neurotossiche, nonché lo stress ossidativo e un deficit di neuroprotezione, contribuendo quindi alla neurodegenerazione e alla neuroprogressione nei disturbi dell’umore18,19. Trattare l’insonnia nella pratica clinica può avere un valore neuroprotettivo e può modificare positivamente le traiettorie dei disturbi dell’umore.

Insonnia, disturbi d’ansia e disturbi stress-correlati

In maniera similare ai disturbi dell’umore l’insonnia è un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi d’ansia4,5,20 e interessa più dell’80% dei pazienti con disturbo d’ansia generalizzata e il 70% dei pazienti con disturbo da attacchi di panico5,20. Anche se gli studi sono minori, ci sono dati a supporto di una alta frequenza dell’insonnia nei disturbi d’ansia di separazione, d’ansia sociale e nei pazienti con disturbi fobici20. In particolare, nei pazienti con disturbo d’ansia generalizzata e disturbo da attacchi di panico l’insonnia tende a manifestarsi con difficoltà di addormentamento ma soprattutto con frequenti risvegli notturni nella parte centrale della notte. L’insonnia nell’ambito di questi disturbi d’ansia è associata a una maggiore gravità, a una resistenza ai trattamenti e alla ricaduta. Facilita inoltre il circolo vizioso dell’ansia e si associa ad ansia anticipatoria e agorafobia5,20. In particolar modo l’insonnia sembra associarsi a comportamenti di uso e abuso di alcol e ipnotici sedativi, complicando quindi le traiettorie dei quadri di ansia. L’insonnia tende anche ad avere un rapporto stretto con i sintomi ossessivi del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), incrementandone la gravità e la frequenza. I pazienti con DOC sembrano avere un rischio di sviluppare insonnia 7 volte superiore21,22. Questo sembra essere particolarmente importante quando il DOC si osserva in gravidanza21,22. L’insonnia è anche una caratteristica prominente dei disturbi stress-correlati interessando dal 35% al 61% dei pazienti con disturbo da stress post-traumatico e contribuendo a una risposta maladattiva allo stress, nonché a comportamenti d’abuso, e incremento del rischio suicidario. L’insonnia nei disturbi d’ansia e stress correlati sembra contribuire a un incremento dei sintomi di iperarousal/ipervigilanza nonché a una maggiore gravità delle componenti cognitive ed emotive. Sono stati ipotizzati diversi potenziali meccanismi attraverso i quali l’insonnia potrebbe aumentare il rischio o il perpetuarsi dei disturbi d’ansia5,18. L’iperattività persistente del sistema neuroinfiammatorio e dello stress a livello dell’amigdala e della corteccia cingolata anteriore ventrale, anomalie di network prefrontale-talamico, disregolazione orexinergica, dell’insonnia sembrano contribuire alle alterazioni neurobiologiche e di neuroplasticità cerebrale che sottendono i disturbi d’ansia1,5,20.

In modo particolare la disregolazione dell’orexina, l’iperattivazione cioè del sistema delle orexine, sembra chiaramente essere coinvolta nei pazienti con disturbi d’ansia e nei modelli sperimentali di attacchi di panico23, confermandone un ruolo centrale nella risposta allo stress e nello stabilirsi dell’iperarousall9.

Anche in questo caso si ipotizza che l’iperarousal e il “REM sleep instability” contribuiscano alla patogenesi dei disturbi d’ansia e stress correlati, contribuendo a una riposta maladattiva allo stress e alla disregolazione delle emozioni.

Insonnia e disturbi dello spettro psicotico

I dati della letteratura dimostrano che l’insonnia può esporre gli individui a un rischio significativamente maggiore di sviluppare psicosi. In particolare, è stata dimostrata la relazione tra insonnia in età adolescenziale e il rischio di sviluppare esperienze di tipo psicotico5,16,24. L’insonnia e i disturbi del sonno sono comuni nei pazienti con disturbi dello spettro psicotico, con una prevalenza stimata che varia dal 36% all’80%5,24. L’insonnia può manifestarsi durante qualsiasi fase della malattia, compreso il prodromo, il primo episodio, la recidiva acuta e persino durante le fasi di remissione25. L’insonnia sembra essere associata alla gravità del quadro, incrementando il rischio suicidario anche in questo tipo di pazienti25,26. Diversi meccanismi neurobiologici possono spiegare la comorbilità dell’insonnia osservata nei pazienti con schizofrenia. I meccanismi proposti includono la disregolazione della dopamina nella schizofrenia e il suo ruolo come fattore “arousal promoting” nel ciclo sonno-veglia25,26. Tuttavia, sta emergendo un importante ruolo delle alterazioni del sonno REM osservate nell’insonnia come possibili fattori che possono contribuire a compromettere gli aspetti emotivi e cognitivi dei pazienti con disturbo dello spettro psicotico25,26.

Insonnia e disturbi da uso di sostanze

In maniera similare, revisioni sistematiche della letteratura indicano che il disturbo da uso di sostanze (substance use disorder - SUD), tra cui alcol, oppioidi, cannabis, cocaina o farmaci sedativi-ipnotici-ansiolitici, e l’insonnia condividono una relazione bidirezionale27,28. Nei pazienti con SUD la prevalenza dell’insonnia varia dal 30% all’85% a seconda della sostanza di abuso. Al contrario, gli individui con sintomi di insonnia utilizzano più frequentemente ipnotici sedativi e altre sostanze d’abuso con potenziale sedativo così contribuendo allo sviluppo di quadri di SUD di diversa gravità27,28. Diversi meccanismi neurobiologici possono spiegare questa associazione. In particolare, l’iperattivazione del sistema dell’orexina potrebbe avere un ruolo. Infatti, l’attivazione del sistema dell’orexina ipotizzata nell’insonnia potrebbe in parte contribuire all’alterazione della circuiteria che controlla i meccanismi di reward e quelli motivazionali29.

Insonnia e disturbi dell’alimentazione

Sebbene pochi studi abbiano esaminato l’associazione tra insonnia e disturbi alimentari, questi mostrano chiaramente che l’insonnia è correlata a un aumento del rischio di disturbi alimentari30. L’insonnia colpisce frequentemente i pazienti con bulimia nervosa e anoressia nervosa e con disturbo da binge eating e la gravità dell’insonnia può influenzare negativamente la traiettoria di questi disturbi alimentari30. Poiché il sistema dell’orexina è coinvolto nella regolazione sia del sonno-veglia che dell’appetito, l’incremento dell’attività dell’orexina sembra essere implicata sia nell’insonnia sia nei disturbi alimentari. In questo contesto, anche se i dati sui livelli plasmatici dell’orexina sono controversi nei pazienti con anoressia nervosa o binge eating, un’iperattivazione del sistema dell’orexina è stata correlata sia alla gravità dei quadri alimentari sia a quella dell’insonnia30.

Insonnia e rischio suicidario

L’insonnia inoltre aumenta il rischio suicidario nei pazienti con disturbi mentali, ma è anche un fattore indipendente che può aumentare l’ideazione, e i comportamenti suicidari5,31-33. In particolare, l’insonnia sembra incrementare il rischio di suicidio di circa 3,5 volte rispetto a soggetti che non soffrono di insonnia. Nella popolazione femminile, il rischio di suicidio nelle pazienti con insonnia sembra essere maggiore di circa 4,18 volte rispetto alle pazienti senza insonnia. Tra i pazienti di età compresa tra 25 e 44 anni, il rischio di suicidio nei soggetti con insonnia è di circa 5,5 volte maggiore rispetto ai pazienti senza insonnia. Inoltre, il rischio di suicidio dei pazienti con insonnia e disturbi mentali è stato stimato di circa 18,3 volte maggiore rispetto a quello dei pazienti con disturbi mentali che non presentano insonnia. Inoltre, l’insonnia sembra incrementare di circa 4 volte il rischio suicidario durante il peripartum, in maniera indipendente dalla presenza di quadri psicopatologici34. Diverse ipotesi neurobiologiche possono spiegare il legame tra insonnia e aumento del rischio suicidario5,30-34. L’insonnia sembra infatti contribuire ai fattori neurobiologici cognitivi ed emotivi che favoriscono il rischio suicidario favorendo sentimenti di hopelessness, maggiore reattività emotiva e impulsività.

Conclusioni

Negli ultimi anni i modelli di riferimento dell’insonnia si sono modificati, e in particolare i maggiori sistemi classificativi si riferiscono all’insonnia come a un disturbo a sé stante, rimandando a un concetto di comorbilità piuttosto che di causalità. Inoltre, è considerata a oggi una sindrome delle “24 ore” con sintomi notturni e diurni e il trattamento dovrebbe di conseguenza migliorare non solo la qualità del sonno ma anche la sintomatologia diurna. L’insonnia in questo senso, oltre a essere il disturbo del sonno più frequente, è anche un fattore di rischio per psicopatologie ed è frequentemente associata con i quadri psicopatologici, rappresentando un elemento transdiagnostico in psicopatologia. Nel complesso, mentre il sonno è essenziale per l’omeostasi cerebrale, la plasticità cerebrale e la salute mentale, i disturbi del sonno, in particolare l’insonnia, possono favorire uno stato di overload allostatico compromettendo la plasticità cerebrale, la regolazione emotiva, dei processi neuroinfiammatori e di regolazione dello stress contribuendo così ai disturbi psicopatologici5. Il trattamento dell’insonnia avrebbe il compito di ripristinare i meccanismi di regolazione del sonno alterati nell’insonnia. Questo potrebbe rappresentare un’operazione a sostegno della plasticità neuronale durante il sonno essenziale per l’omeostasi cerebrale e la salute mentale35.

Valutare l’insonnia potrebbe essere utile non solo per i pazienti affetti ma potrebbe rappresentare un fattore di prevenzione in psicopatologia.

Conflitto di interessi: LP ha collaborato con Bruno SPA, Fidia, Idorsia, Pfizer, Pharmanutra, PIAM, Sanofi; AF ha collaborato con Angelini, Apsen, Biogen, Boheringer Ingelheim, Glaxo Smith Kline, Idorsia, Lundbeck, Janssen, Mylan, Neuraxpharm, Otsuka, Pfizer, Recordati, Rovi, Sanofi Aventis, Viatris.

La stesura del presente documento è stata resa possibile grazie al contributo di Idorsia Pharmaceuticals Italy s.r.l.

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