Omogenitorialità: esiste la necessità di una riflessione degli esperti
della salute mentale?
Omosexual parents: does a need exist for a reflection by mental health experts?

GIUSEPPE BERSANI1, ANGELA IANNITELLI2
E-mail: giuseppe.bersani@uniroma1.it
1Dipartimento di Scienze e Biotecnologie Medico-Chirurgiche, Sapienza Università di Roma
2Dipartimento di Neurologia e Psichiatria, Sapienza Università di Roma


SUMMARY. The upbringing of children by couples of omosexual parents, both male and female, is a rapidly growing phenomenon in many countries, despite some differences due to variable national laws. In front of the numerical increase of new family typologies, their acceptance by the public opinion is very often acritical and this attitude is prevailingly shared also by the experts of mental health, such as psychologists and psychiatrists. Nevertheless, absolutely without any a priori prejudice, the absence of not yet available statistical data in large populations emphasizes the need to explore in depth the possible existence of specific psychological late consequences in young and adult age, in studies devoid of any cultural bias. Considering the children not as objects of the right of a couple to have sons, but as subjects of their own right to receive a well regulated and balanced affective and relational education should be a critical ethical issue.

KEY WORDS: same-sex parents, ethical dilemma, child development, psychoanalysis, psychiatry.


Rappresenta uno dei fenomeni più nuovi, e nello stesso tempo in via di rapida diffusione, il fatto che un bambino o una bambina possano essere cresciuti ed educati da una coppia di genitori dello stesso sesso. Si tratta di una realtà molto composita e soggetta a un’ampia variabilità di potenzialità di concretizzazione, che può essere sintetizzata in almeno tre principali possibilità:
a) bambini, di entrambi i sessi, cresciuti da una coppia di uomini omosessuali: è il caso dell’adozione da parte di coppie di omosessuali maschi o anche il caso di bambini nati da precedenti relazioni eterosessuali che, dopo la separazione dei genitori, vengono allevati dal padre insieme a un nuovo partner omosessuale;
b) bambini, di entrambi i sessi, adottati da coppie di donne omosessuali o, come nel caso precedente, allevati in coppie omosessuali lesbiche dopo che la madre naturale si è separata dal padre del bambino e ha stabilito una nuova relazione omosessuale; o bambini nati per mezzo di diverse tecniche di fecondazione assistita da un membro di una coppia di donne omosessuali;
c) in entrambe le possibilità precedenti, bambini nati in modo programmato mediante “utero in affitto” e poi ceduti alla coppia che li ha “commissionati”.

La legislazione relativa alla regolazione delle situazioni di omogenitorialità procede con discrepanze anche notevoli nei vari Paesi, registrando comunque la tendenza a una progressiva situazione di rapida maggiore diffusione e legalizzazione.
Alcuni assunti principali sono alla base dell’accettazione del fenomeno:
a) l’allevamento da parte di coppie omosessuali non determina differenze nello sviluppo mentale, affettivo e relazionale del bambino rispetto a quanto si verifica nel bambino allevato da coppie eterogenitoriali, né tanto meno disfunzioni o disturbi di natura psicologica o francamente psicopatologica1; di certo “adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, siano essi uomini o donne, etero o omosessuali, possono essere ottimi genitori”2 ed essere in grado di vicariare condotte e modelli del sesso genitoriale a cui non appartengono;
b) rispetto all’orientamento sessuale dei bambini, il riferimento è alla cultura del gender, secondo la quale, in linea molto generale, la determinazione dell’orientamento sessuale è prevalentemente condizionata dalla cultura, per cui il vero sesso di un individuo è determinato dall’educazione, in senso lato, piuttosto che dalla natura biologica;
c) infine, sul piano di principio prima ancora che giuridico, il riferimento principale è quello del “diritto alla genitorialità”, nel cui significato il bambino assume il ruolo ben definito di “oggetto” del diritto della coppia.

A fronte di una letteratura scientifica scarna, e qualunque siano le possibili conclusioni delle ricerche disponibili, certamente non esenti da punti di vista culturali e posizioni di principio individuali, il dato più eclatante appare quello di come l’assenza di riflessione critica, ampiamente diffusa nell’opinione pubblica, soprattutto sotto l’influenza dei media e della classe politica, sia largamente estesa in ambito psichiatrico, psicologico e neuropsichiatrico infantile, dove la competenza dei professionisti dovrebbe invece maggiormente stimolare interrogativi sulle conseguenze del fenomeno, almeno potenziali o comunque meritevoli di essere approfondite ed eventualmente escluse.
Se, infatti, in ambito psicoanalitico si è sviluppato negli ultimi tempi un ampio e controverso dibattito su questo tema3,4, poco è stato fatto in ambito psichiatrico e, comunque, in entrambi i casi non si è osservato un confronto culturale più approfondito e continuativo sulla “parentalità”, intesa come l’insieme delle differenti declinazioni e specificità che la genitorialità sta esprimendo.
La letteratura scientifica è assolutamente carente rispetto a studi osservazionali che abbiano indagato gli esiti nel tempo, cioè in età infantile, giovanile, adulta, in popolazioni, non in singoli individui, di soggetti cresciuti in coppie omosessuali e ancora più carente se si fa riferimento alle variabili sottopopolazioni citate all’inizio, cioè bambini maschi o femmine allevati in coppie omosessuali di sesso opposto, bambini  nati per procura, etc.
La complessità dell’indagine scientifica su un argomento in rapida trasformazione, che necessariamente solo nel tempo potrà fornire risultati significativi, non giustifica la rinuncia allo studio obiettivo del fenomeno né autorizza condotte o decisioni personali o politiche che non tengano conto dei molteplici possibili esiti degli interrogativi legati a tale complessità. È possibile pensare che sia indifferente nello sviluppo psichico di un bambino il riferimento a due genitori dello stesso sesso, nella metà dei casi diverso dal proprio? Secoli di studi e letteratura psicologica e tutte le scuole di psicoterapia di ogni orientamento hanno approfondito in ogni possibile aspetto il ruolo e la valenza psicologica delle figure della madre e del padre, nella loro inscindibile complementarietà. È tutto da azzerare, nella riscrittura di un modello di sviluppo della personalità che non tenga conto dei riferimenti identificativi con le peculiari differenze tra i due genitori? È possibile che, nel nuovo impasto di mutazioni antropologiche che registriamo, un’omosessualità dichiarata della coppia genitoriale possa mettere a rischio un armonico sviluppo psichico di un figlio più di quanto non abbia agito “il non detto” omosessuale nei secoli passati? È possibile ipotizzare che uno sviluppo psichico equilibrato e armonico, come quello in teoria raggiungibile in bambini cresciuti in sufficientemente sane famiglie eterogenitoriali, possa essere raggiunto anche nel caso di coppie omogenitoriali, intrinsecamente non in grado di fornire al bambino il registro completo di emozioni, relazioni, condotte, modelli di comportamento, ma costruite, comunque, intorno a un desiderio di genitorialità adulto e responsabile? Quanto queste differenze potrebbero in età adulta divenire fattore di vulnerabilità per sviluppi abnormi della personalità o per veri disturbi mentali? L’insufficienza della letteratura scientifica, che non può ancora disporre di dati significativi, se non altro per impossibilità cronologica di ottenerli, autorizza comunque conclusioni ottimistiche accettate aprioristicamente come veritiere?
Infine, ma si tratta di un rilievo di fondamentale importanza etica, la visione del figlio come risposta al “diritto” alla genitorialità di coppie omosessuali, la visione cioè del bambino come un “oggetto” del diritto della coppia omogenitoriale – ma questo vale anche per le coppie eterosessuali sterili –, non contrasta in modo drammatico con la visione del bambino, in qualunque età della sua vita, come “soggetto” di diritti, tra cui, in primis, quello di essere allevato e cresciuto da una coppia di genitori in grado, nelle condizioni migliori, di offrire la gamma più completa di possibilità di sviluppo identificativo che è alla base di una costruzione completa ed equilibrata della personalità? È possibile misconoscere che il bambino è un “soggetto” di questo diritto, prima, o invece, che un “oggetto” del diritto di una coppia di allevare un figlio?
I professionisti della salute mentale, le loro associazioni e i loro movimenti di opinione non hanno nulla da dire su questo? È accettabile che la passiva acquiescenza dell’opinione pubblica alle imposizioni del “politicamente corretto” sia condivisa anche da chi avrebbe gli strumenti culturali e intellettuali per dare parola, in assenza di dati scientifici conclusivi, alla prudenza, alla riflessione e all’approfondimento? È accettabile che il timore di ricadere nella dimensione dell’omofobia, diametralmente lontana da qualunque applicabilità alla valutazione scientifica come anche naturalmente da qualunque motivazione alla base delle riflessioni di questo editoriale, possa di fatto costituire un impedimento all’espressione aperta di opinioni non perfettamente allineate all’acritica passività dell’opinione comune?
Questi sono solo alcuni degli interrogativi che tale argomento pone. Una sfida alla comprensione e allo studio dei confini del noto. La ricerca, per quanto possibile, di una risposta scientifica prima che culturale. Il silenzio di chi potrebbe parlare con competenza corrisponde, inevitabilmente, al suo assenso.
BIBLIOGRAFIA
1. Perrine C, Siegelb S. Committee on psychosocial aspects of child and family health. Promoting the well-being of children whose parents are gay or lesbian. Pediatrics 2013; 131: 1374-83.
2. Pawelskij G, Perrine C, Foy JM, et al. The effects of marriage, civil union, and domestic partnership laws on the health and well-being of children. Pediatrics 2006; 118: 349-64.
3. AAVV. Desiderio, corpo anoressico, omoparentalità. Rivista di Psicoanalisi 2014; 60 (1).
4. Cattaneo E (a cura di). Omogenitorialità: le differenze tra gli uguali. Quaderni de Gli Argonauti 2014; 14 (27).