Il contributo italiano agli studi sui ritmi biologici implicati nei disturbi psichiatrici

The Italian contribution to studies on the biological rhythms implicated in psychiatric disorders

ANGELA IANNITELLI1, MASSIMO BIONDI1
*E-mail: iannitelliangela@gmail.com

1Dipartimento di Neuroscienze Umane, Ospedale Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma


RIASSUNTO. Il presente editoriale riassume i principali lavori svolti negli ultimi 10 anni da diversi gruppi di ricerca italiani sulle alterazioni dei ritmi circadiani nei disturbi psichiatrici. I risultati di queste ricerche, così come di quelle ottenute in contesti internazionali, spingono all’insegnamento, nelle scuole di specializzazione, dei nuovi interventi cronoterapeutici e alla attuazione di terapie combinate per interventi psichiatrici sempre più personalizzati.

PAROLE CHIAVE. Ritmi circadiani, geni CLOCK, disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, stagionalità, disturbi del sonno, cronotipo, neuroplasticità, cronoterapia.


SUMMARY. This editorial summarizes the main studies, carried out in the last 10 years, by various Italian research groups, on the alterations of circadian rhythms in psychiatric disorders. The results of these researches, as well as those obtained in various international contexts, encourage to teach in the medical schools for psychiatry, about the new chronoterapeutic interventions and the implementation of combined therapies for increasingly personalized psychiatric therapies.

KEY WORDS. Circadian rhythms; clock genes, mood disorders, anxiety disorders, seasonality,   sleep disturbances, chronotype, neuroplasticity, chronotherapy.



«La vita sulla Terra si è adattata alla rotazione del pianeta. Da molti anni sappiamo che gli esseri viventi, inclusi gli uomini, hanno sviluppato un orologio interno che li aiuta ad adattarsi al ritmo regolare del giorno e della notte. Ma come funziona esattamente il meccanismo? Hall, Rosbash e Young sono riusciti a guardare all’interno di questo orologio e a scoprire il suo funzionamento interno. Le loro scoperte spiegano come le piante, gli animali egli uomini riescano ad adattare il loro ritmo vitale per sincronizzarlo con la rotazione della Terra»
Accademia svedese, 2017


Nel 2017, Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young vengono insigniti del Premio Nobel per la Medicina per aver scoperto i meccanismi molecolari che regolano i ritmi circadiani.
Quale è stato il contributo degli scienziati italiani allo studio dei ritmi biologici e delle relative  alterazioni nelle malattie psichiatriche? Non di poco valore! Circoscrivendo l’osservazione agli studi svolti negli ultimi dieci anni, si registra innanzitutto una feconda costruzione di gruppi di ricerca, di scuole di pensiero, Dipartimenti universitari germinativi di speculazioni, di creatività, di teorie e di conseguenti applicazioni cliniche. In alcuni casi, tali scuole sono debitrici verso maestri illuminati che negli anni Ottanta hanno aperto questi filoni di ricerca; in altri casi, nuove scuole sono sorte con particolare attenzione verso quei topic non strettamente ricadenti in studi settoriali psichiatrici, colmando quelle aree confinanti, quei territori poco frequentati perché non ricoperti da specifici settori universitari, ma di certo più fertili, sia per le ricadute sull’ampliamento delle conoscenze dei meccanismi fisiologici, sia per le implicazioni in ambito psichiatrico. I filoni di ricerca di alcune delle diverse scuole impegnate in questa ricerca, come quella di Napoli, di Milano, di Roma e de L’Aquila, di Perugia e di Bologna, infatti, oltre a coprire lo studio delle alterazioni dei ritmi o delle basi genetiche implicate nei disturbi mentali, si sono rivolti anche allo studio del continuum tra condizione fisiologica e psicopatologica per individuare quei possibili fattori di rischio implicati nella genesi dei disturbi. I risultati principali di questi tre ambiti di studio verranno di seguito riportati.
Il Premio Nobel, come dicevamo, è il riconoscimento ricevuto da Hall, Rosbash e Young per l’impegno pluridecennale che, nel 1984, culmina nell’identificazione del gene “Period”, responsabile della regolazione dell’orologio interno del moscerino della frutta, la Drosophila melanogaster. Il gene è presente anche nell’uomo, dove sintetizza la proteina PER, che si accumula nelle cellule durante la notte per essere degradata durante il giorno. L’espressione di questo gene è regolata anche da altre proteine. L’intero sistema molecolare è alla base del cosiddetto “ritmo circadiano” o “ritmo giorno-notte”. Modificazioni diversamente espresse di questo sistema, quali ritardo, avanzamento o desincronizzazione, si riscontrano in condizioni parafisiologiche, come nel jet lag, ma sono anche implicate nella patogenesi di molti disturbi psichiatrici, quali i disturbi dell’umore, con particolare attenzione per il disturbo bipolare (BD) e la depressione, il disturbo affettivo stagionale (SAD), i disturbi d’ansia e nelle schizofrenie. I meccanismi patogenetici implicati riguardano principalmente i geni CLOCK, la GSK3, la melatonina, l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e la regolazione della temperatura corporea 1,2. Le alterazioni del ritmo, individuate in questi quadri patologici, non si riscontrano solo a carico del ritmo circadiano (20-28 ore) o del ritmo ultradiano (10-14 ore) ma interessano anche un fotoperiodo stagionale o annuale3, come è stato dimostrato recentemente anche per il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), che presenterebbe un’acrofase tra l’autunno e l’inverno e un aumento della sintomatologia in estate per il cronotipo serotino, al contrario dei tic che non risponderebbero né al ritmo circannuale né ai cronotipi4.
Alla luce di quanto affermato in una recente review, riguardo l’associazione tra geni CLOCK ed eziologia del Disturbo Depressivo Maggiore (MDD), e cioè della necessità di maggiori studi volti a indagare i fattori genetici ed epigenetici che concorrono nell’espressione della malattia e i numerosi bias presenti in molti studi (per es., prevalenza di etnia asiatica, studi in aperto)5, vorremmo qui presentare i principali contributi italiani allo studio dei ritmi circadiani nei disturbi psichiatrici, che si riferiscono, pertanto, a una popolazione residente alla stessa latitudine e con andamenti stagionali uniformi. Infatti, i cicli giorno/notte rappresentano il principale sincronizzatore circadiano e variano con la latitudine. È stato dimostrato che la popolazione umana si adatta alla vita alle differenti latitudini ed esiste una storia evoluzionistica dei geni regolatori del ritmo circadiano, che si adattano alle variazioni della lunghezza del giorno alle diverse latitudini. È possibile che sia proprio questo adattamento genetico a ricoprire il ruolo di fattore di modulazione della cronoterapia e che sia uno dei meccanismi implicati nelle variabili ambientali fotoperiodo-correlate e coinvolte, come fattori di rischio, in molte malattie psichiatriche, quali la stagione di nascita, il paese di residenza, il lavoro a turni e le altre abitudini di vita implicate nei ritmi 3. Il cronotipo sembrerebbe, infatti, influenzato dalla stagione di nascita: gli individui nati in primavera ed estate, stagioni associate a un fotoperiodo più lungo, avrebbero prevalentemente un cronotipo serotino, a differenza dei soggetti nati in autunno e in inverno che esprimerebbero, invece, prevalentemente un cronotipo mattutino, essendo quelle stagioni associate a un fotoperiodo più breve6.
Un interessante filone di ricerca, finalizzato alla prevenzione primaria e secondaria dei disturbi psichiatrici e, dunque, una più precoce individuazione di soggetti con vulnerabilità psichiatrica, ha indagato le possibili alterazioni dei ritmi circadiani in soggetti sani e nel periodo premorboso di soggetti che avrebbero sviluppato in età adulta MDD e disturbo di panico (PD), scoprendo che diversi comportamenti (per es., l’ora di addormentamento, di risveglio, il maggior appetito, la massima energia percepita e la massima capacità delle funzioni cognitive) mostravano un ritardo o un anticipo di fase nei soggetti con MDD e PD, rispetto ai controlli sani, e che le differenze nel profilo circadiano erano presenti nei soggetti anche prima della manifestazione clinica della malattia 7,8. Un altro studio ha indagato la relazione tra Night Eating Syndrome (NES), cronotipo e depressione in una popolazione non clinica di adolescenti, dimostrando l’alta prevalenza di NES tra gli adolescenti e indicando una correlazione tra NES, cronotipo serotino e depressione9. In soggetti adolescenti sani con cronotipo serotino, la dimensione umorale sarebbe più sensibile ai cambiamenti stagionali, rispetto ai cronotipi mattutini o intermedi10 e la SAD sembrerebbe essere l’unico significativo predittore della qualità del sonno percepita soggettivamente dal soggetto11. Una recente review ha raccolto dati a favore della comparsa di disturbi del sonno almeno un anno prima dell’esordio del BD, con caratteristiche specifiche a seconda della fase: una riduzione del bisogno di dormire sembrerebbe essere prevalentemente riscontrabile prima dell’insorgenza di episodi maniacali mentre l’insonnia precederebbe l’insorgenza sia dell’episodio depressivo che di quello maniacale, l’ipersonnia precederebbe l’insorgenza dell’episodio depressivo del BD 12.
La scoperta dei polimorfismi molecolari di geni CLOCK ha aperto un altro filone di ricerca, che sta dando convincenti risultati. Questi geni sono implicati nell’orologio molecolare dei disturbi dell’umore e polimorfismi specifici sembrerebbero essere associati non solo ai disturbi dell’umore ma anche alle sue espressioni fenotipiche. CLOCK 3111 T/C and Period3 (PER3) influenzano le caratteristiche psicopatologiche più specifiche di questo spettro di disturbi, così come i pattern del sonno, il riposo e l’attività, l’andamento diurno delle funzioni cognitive, l’età di insorgenza della malattia e la risposta al trattamento antidepressivo. A loro volta, sia gli antidepressivi sia gli stabilizzanti dell’umore influenzano l’orologio circadiano 13. È stato riportato che alterazioni microstrutturali della sostanza bianca (alterazioni della mielinizzazione, della sintesi di fosfolipidi e della sintesi di precursori degli oligodendrociti), presenti in questi pazienti, sarebbero dipendenti da modifiche del ritmo circadiano e del ciclo sonno-veglia, mediate dal polimorfismo dei geni CLOCK rs1801260*C and PER3(4/4), suggerendo per questi geni un ruolo fondamentale di regolatori della qualità e della quantità del sonno 14.
È noto che pazienti con disturbi dell’umore presentano comportamenti strettamente correlati con le caratteristiche molecolari dell’orologio biologico e che il polimorfismo del gene CLOCK rs1801260*C non solo influenza il comportamento circadiano ma modula anche la relazione tra stress precoci, storia in età adulta di tentativi di suicidio e ideazione suicidaria attuale15. Anche la discrepanza tra gravità della sintomatologia depressiva percepita dal soggetto e oggettivamente misurata sembrerebbe essere correlata al cronotipo, con una maggiore percezione soggettiva nel cronotipo serotino. Anche questa discrepanza sembrerebbe essere riconducibile allo stesso polimorfismo genico16. Gli Autori di entrambi gli studi suggeriscono che fattori implicati nell’orologio biologico possano influenzare le caratteristiche psicopatologiche fondamentali “non-clock” dei soggetti con disturbo dell’umore. Alterazioni dei ritmi circadiani e del sonno sono inoltre disturbi riscontrati nelle fasi maniacali, in quelle depressive ma anche nelle condizioni di eutimia di soggetti affetti da BD, a indicare un’alterazione strutturale di tale fenotipo 13.
La stagionalità copre un importante ruolo soprattutto nei soggetti con suscettibilità alla malattia e modula numerose variabili psicologiche: il cronotipo, il sonno, l’alimentazione, funzioni metaboliche e autonome, la termoregolazione, la neurotrasmissione e la risposta ormonale alla stimolazione. Più di tutti è l’umore a rispondere ai cambiamenti stagionali. Sebbene non vi siano ancora dati certi sulle basi genetiche della stagionalità e del SAD, ci sono evidenze che fattori che influenzano l’orologio biologico, come i polimorfismi dei geni CLOCK o i cambiamenti del ciclo giorno-notte, possano influenzare potentemente i soggetti che soffrono di disturbi dell’umore 17. Nei disturbi stagionali sembrerebbe che la Light Therapy (LT) sia particolarmente efficace nel SAD18 mentre la Bright Light Therapy (BLT) sembrerebbe migliorare gli avanzati di fase e i disturbi del sonno19.
La scoperta che sia gli antidepressivi che gli stabilizzanti dell’umore influenzano il ritmo circadiano ha permesso lo sviluppo di terapie cronobiologiche sicure, rapide ed efficaci che potrebbero essere considerate come strategie di prima linea nel disturbo bipolare13 e con tassi di risposta molto alti nei pazienti bipolari depressi, con specifico cronotipo serotino, agli antidepressivi in combinazione con deprivazione totale del sonno (TSD) e LT18. Il dato che i livelli ultradiani di BDNF correlano con il cronotipo e si modificano nel siero e nella saliva di soggetti sottoposti a LT, sembrerebbe essere a favore di un possibile ruolo come marker per questa neurotrofina nella valutazione dell’efficacia di terapie, come la LT20.
Alla luce di quanto detto, e considerando la complessità dei quadri psichiatrici osservati, sarebbe estremamente opportuno insegnare nei corsi di specializzazione, accanto alla terapia psicofarmacologica e alle diverse teorie psicoterapeutiche, nuovi interventi cronoterapeutici21 come la deprivazione di sonno, la LT, l’igiene del sonno; interventi che, in combinazione con quelli più noti, potrebbero costituire una nuova frontiera di terapie combinate o sequenziali in un’ottica di interventi psichiatrici sempre più personalizzati22 e aperti a una dimensione del vitale che tenga conto dell’uomo come di un sistema aperto in parte modificabile e plasmabile dall’ambiente23.

Conflitti di interesse: gli autori dichiarano l’assenza di conflitti di interesse.
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