Prospettive di accesso alle cure per i disturbi mentali comuni


Perspectives of access to mental health care for common mental disorders


ANTONELLA GIGANTESCO1*

*E-mail: antonella.gigantesco@iss.it


1Centro di Riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute Mentale, Istituto Superiore di Sanità, Roma


RIASSUNTO. I disturbi d’ansia e depressione, con quelli da abuso di sostanze e alcol, rappresentano i disturbi che contribuiscono maggiormente al carico di sofferenza e disabilità fra tutti i disturbi mentali. Tuttavia, la maggior parte delle persone che ne soffre non riceve alcun trattamento. Questo suscita sorpresa, considerate le note evidenze sull’efficacia delle psicoterapie e degli antidepressivi, e induce a riflettere sui fattori che contribuiscono al mancato ricorso alle cure.


PAROLE CHIAVE: disturbi mentali comuni, accesso alle cure, qualità professionale.



SUMMARY. Anxiety and depressive disorders, together with substance and alcohol abuse disorders, were the disorders that contributed for the most part to the global burden of all mental disorders. However, the majority of people affected by these disorders do not receive any treatment. This is surprising, given the evidence on the efficacy of psychotherapies and antidepressants, and lead us to reflect on the possible factors that cause lack of access to mental health care.


KEY WORDS: common mental disorders, access to mental health care, professional quality.


INTRODUZIONE

I disturbi mentali rappresentano la seconda causa del carico di sofferenza e disabilità legato a tutte le malattie e rendono conto del 14% di tutti gli anni vissuti con disabilità (YLD), con una prevalenza nel mondo di oltre il 10%1. I disturbi mentali comuni (disturbi d’ansia e depressione) con i disturbi da abuso di sostanze e alcol sono quelli che contribuiscono maggiormente a questo carico2. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il solo disturbo depressivo maggiore (DDM) colpisce ogni anno circa 350 milioni di persone in tutto il mondo3 ed è la quarta causa del carico di tutte le malattie4. Tale carico è aumentato del 37% dal 1990 al 20105 e, secondo recenti proiezioni, entro il 2030 il DDM potrebbe diventare la prima causa di disabilità e sofferenza di tutte le malattie4.

L’European Study of the Epidemiology of Mental Disorders (ESEMeD)6 ha fornito risposte esaurienti sull’epidemiologia dei disturbi mentali comuni in Italia e, verosimilmente, i suoi risultati7, per quanto datati, non sono cambiati significativamente, a meno di un aumento della prevalenza, finora non definitivamente documentato8, dovuto alla pandemia covid-19.

Dei 6 Paesi coinvolti nello studio (Belgio, Francia, Germania, Olanda, Spagna e Italia), l’Italia fece registrare il minor utilizzo dei servizi sanitari da parte delle persone affette da disturbi mentali comuni. Questo nonostante oltre il 7% dei soggetti intervistati avesse sofferto di almeno un disturbo nell’ultimo anno e quasi il 19% di almeno un disturbo nella vita7. Solo il 3% del campione, infatti, era ricorso almeno una volta nella vita a un servizio sanitario per un problema di salute mentale, e il minor ricorso si era osservato nella fascia d’età 18-24 anni7.

Questi dati suscitano una certa sorpresa, considerate le note evidenze sull’efficacia delle psicoterapie e degli antidepressivi, e inducono a riflettere sui possibili fattori che contribuiscono al mancato ricorso ai servizi per ricevere assistenza e cure idonee. I principali ostacoli potrebbero essere individuati nella persistente scarsità di servizi e risorse umane o non ottimali distribuzione e utilizzo di quelle esistenti, ma anche in un’ancora incompleta diffusione della cultura della qualità professionale e della ricerca in salute mentale.

IMPORTANZA DI UNA RIFORMA DEL SISTEMA DI ACCESSO E DI CURA DEI DISTURBI MENTALI COMUNI

L’OMS riconosce nei servizi di cure primarie i luoghi di elezione per l’individuazione precoce degli assistiti a rischio di disturbi mentali comuni, allo scopo di attivare programmi psicoeducativi e di orientamento al trattamento9. L’opinione di diversi esperti è che questi programmi richiedano l’integrazione tra servizi di cure primarie e servizi di salute mentale, con il coinvolgimento di esperti per valutare conformità e sostenibilità delle procedure implementate10-12.

Tale integrazione potrebbe essere agevolata da programmi di formazione degli operatori delle cure primarie, finalizzati allo screening, diagnosi precoce e trattamento. Una recente esperienza italiana ha mostrato che tali programmi sono accettabili, sostenibili e hanno esiti promettenti. L’esperienza cui ci si riferisce è lo studio Screening and enhanced treatment of depression in primary care13 condotto presso 15 ambulatori romani di medicina generale. La gestione integrata ha incluso il supporto di un ambulatorio psichiatrico/psicologico specialistico per la valutazione diagnostica e il trattamento dei casi identificati con sospetta depressione mediante lo screening negli ambulatori dei medici di base. Lo studio ha raccomandato che programmi analoghi siano progettati sulla base delle aspettative e delle preferenze dei pazienti, allo scopo di migliorarne l’aderenza14.

Una riforma del sistema di accesso e presa in carico dei disturbi mentali comuni secondo un modello collaborativo tra servizi di primo e secondo livello è stata già implementata con buoni risultati in altri Paesi come per esempio il Regno Unito e l’Australia14. Naturalmente, simili riforme richiedono investimenti per il potenziamento dei servizi; il loro successo dipende cioè dal mettere la salute mentale sull’agenda delle priorità per il miglioramento della qualità dell’assistenza15.

L’urgenza di un potenziamento dei servizi di salute mentale era stata già indicata nell’ambito del progetto European Policy Information Research for Mental Disorders (EPREMeD)16, condotto oltre 10 anni fa, che aveva come obiettivo l’utilizzo delle conoscenze acquisite con lo studio ESEMeD, per migliorare la qualità dei servizi. I rappresentanti italiani dei servizi di salute mentale territoriali e dei medici di medicina generale coinvolti avevano rimarcato come i servizi di salute mentale in Italia fossero essenzialmente focalizzati sulla presa in carico dei disturbi mentali gravi e caratterizzati perciò da scarso accesso da parte delle persone con disturbi mentali comuni. Per rispondere alla carenza di ricorso e accesso alle cure (invero comune ad altri Paesi), il sistema sanitario inglese, per esempio, ha avviato dal 2010 il programma Improving Access to Psychological Therapies (IAPT)17, che ha previsto un grande sviluppo di servizi dedicati e della psicoterapia con migliaia di nuovi operatori formati in tutto il Paese e un investimento di oltre un miliardo di sterline18.

DISPONIBILITÀ DI INTERVENTI PSICOSOCIALI SOSTENUTI DA PROVE DI EFFICACIA

Nel nostro Paese, è stata rimarcata la carente disponibilità di alternative al trattamento farmacologico per il trattamento dei disturbi mentali comuni16. Lo studio ESEMeD aveva infatti mostrato come il trattamento farmacologico fosse la principale opzione terapeutica e la psicoterapia un trattamento scarsamente utilizzato. La scarsa disponibilità di interventi psicosociali e di psicoterapie in Italia è nota anche per quanto riguarda i disturbi mentali gravi19-21.

Eppure, per la depressione e i disturbi d’ansia, il trattamento di elezione indicato è rappresentato delle terapie psicologiche di provata efficacia22,23, anche per motivi di maggiore accettabilità24. È stato suggerito che tali terapie potrebbero essere fornite nell’ambito di un approccio stepped care10, che a bassa intensità include materiale informativo, manuali di auto-mutuo-aiuto e teleconsulto sotto la supervisione di un case-manager dei servizi di cure primarie e nell’ambito di un piano concordato con i servizi specialistici. Trattamenti di alta intensità includono la terapia cognitivo-comportamentale e altre terapie psicologiche come la terapia interpersonale e di coppia10. Va comunque segnalato che la disponibilità di terapie psicologiche efficaci non garantisce di per sé che esse siano implementate in maniera efficace ed efficiente. In accordo, una recente Consensus ha suggerito di avvalersi di un centro di assistenza composto da esperti con funzioni di supervisione e controllo dell’implementazione degli interventi psicosociali e psicoterapeutici25.

Il ricorso a modalità innovative e più sostenibili di erogazione della psicoterapia (per es., tele-psicoterapia) merita pure attenzione, anche considerato il contesto dell’attuale pandemia e i risultati di recenti meta-analisi che mostrano che esse inducono dei benefici26,27. Altre rassegne, tuttavia, hanno mostrato che esistono degli ostacoli che ne possono impedire l’implementazione nella pratica clinica28. Per fare chiarezza, recentemente è stato avviato uno studio per valutare l’efficacia dell’implementazione nella routine dei servizi di salute mentale di primo e secondo livello di un intervento cognitivo-comportamentale internet-based per i disturbi mentali comuni29.

In Italia, in relazione all’attuale pandemia, un programma basato su queste modalità innovative è stato proposto dal Gruppo di lavoro Istituto Superiore di Sanità Salute Mentale ed Emergenza covid-1930.

CULTURA E PRATICA DELLA QUALITÀ PROFESSIONALE

Nell’organizzazione di un modello efficace di individuazione e trattamento dei disturbi mentali comuni, un ruolo chiave è rivestito dalla diffusione della cultura e della pratica della qualità professionale, che si traduce in una particolare importanza attribuita ai risultati.

Uno degli strumenti più efficaci è rappresentato dai profili professionali (detti anche percorsi diagnostico-terapeutici), per far sì che le raccomandazioni contenute nelle linee guida basate su evidenze siano applicate tenendo conto delle situazioni locali e coinvolgendo tutte le professionalità che sono interessate ai cambiamenti o li possono influenzare.

I percorsi assistenziali rappresentano anche un’occasione per introdurre la valutazione sistematica degli esiti, cioè la cosiddetta efficacia nella pratica (effectiveness). Si tratta di una esigenza matura in salute mentale ma ancora spesso disattesa. Per esempio, nel progetto PROGRES31 è stato osservato che solo in un terzo delle strutture residenziali psichiatriche italiane veniva effettuata una valutazione clinica mediante strumenti standardizzati, e solo nel 12% una valutazione multidimensionale degli esiti32.

Un altro passo fondamentale è rappresentato dalla definizione di criteri di buona qualità delle prestazioni, ma raggiungere il consenso su questi criteri per quanto riguarda le psicoterapie e gli interventi riabilitativi non è facile. Idealmente, i criteri di buona qualità delle prestazioni (accompagnati da standard e livelli soglia di appropriatezza) dovrebbero porre un’enfasi sugli esiti, cioè sulle modificazioni in meglio o in peggio delle condizioni di salute piuttosto che sui volumi di prestazioni e i rapporti ricavi/costi.

Altro passo fondamentale è la formazione e l’aggiornamento professionale con didattica attiva, la cui utilità è stata documentata33.

Tra le altre possibilità per accelerare la diffusione di interventi più efficaci, per eliminare interventi superati e per ridurre il consumismo medico, vi è anche la formazione dei membri delle associazioni che rappresentano i pazienti. Tali membri potrebbero diventare, se meglio informati, uno strumento capace di spingere dal basso i professionisti verso un’assistenza maggiormente basata sulle evidenze34.

IMPORTANZA DELLA RICERCA

Sarebbero anche opportune altre ricerche, sia qualitative, per capire meglio come identificare gli ostacoli e adattare gli interventi alle circostanze e agli atteggiamenti locali, sia epidemiologiche, per valutare il loro rapporto costo-efficacia. Il disegno degli studi di valutazione degli interventi psicosociali finora adottato è perlopiù di tipo pre-post, con soli controlli interni, e raramente vengono condotti follow-up che consentono di valutare gli esiti dei trattamenti a medio-lungo termine. Una rassegna ha mostrato che dal 2004 al 2006 nel nostro Paese erano stati pubblicati solo due studi controllati randomizzati multicentrici35. La rassegna concludeva che la carenza di questi studi potesse essere dovuta all’assenza di programmi di finanziamento nazionali specifici. In accordo, va infatti segnalato che l’innovativa esperienza di finanziamento nazionale della ricerca nell’ambito del Progetto Nazionale Salute Mentale 1997-200136 non ha avuto successive edizioni.

CONCLUSIONI

Il fallimento nel trattare le persone con disturbi mentali comuni in tutto il mondo è dovuto non solo alla scarsa disponibilità di servizi, ma anche alla scarsa domanda, per cui è importante migliorare sia la domanda che l’offerta. Un incremento della domanda potrebbe scaturire da una maggiore conoscenza e consapevolezza di questi disturbi e dalla riduzione dello stigma a essi associato. L’incremento dell’offerta potrebbe essere determinato dalla maggiore disponibilità di trattamenti accettabili ed efficaci e, collegata a essa, alla formazione continua degli operatori sui metodi basati sull’evidenza. Un ulteriore fattore agevolante sarebbe rappresentato da un maggiore sostegno alla ricerca, per esempio con l’obiettivo di promuovere studi multicentrici controllati per valutare l’efficacia dell’implementazione locale di percorsi assistenziali basati su evidenze37.


Conflitto di interessi: l’autrice dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

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