Le patologie di confine tra neurologia e psichiatria

MASSIMO PASQUINI1, ISABELLA BERARDELLI2, MASSIMO BIONDI1, GIOVANNI FABBRINI1,3

1Dipartimento di Neuroscienze Umane, Sapienza Università di Roma; 2Dipartimento di Neuroscienze, Salute Mentale e Organi di Senso, Ospedale Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma; 3IRCCS Neuromed - Istituto Neurologico Mediterraneo, Pozzilli (Isernia).

Riassunto. La neuropsichiatria si occupa principalmente dei processi della mente correlati a malattie neurologiche. Solo secondariamente si occupa delle sindromi depressive e ansiose che sono reazioni alla presenza di una malattia neurologica, sia che essa sia acuta, cronica, o degenerativa, oppure a sindromi iatrogene. Nella presente rassegna verranno illustrati i più frequenti disturbi neuropsichiatrici nell’ambito delle principali malattie neurologiche, verrà dato maggior rilievo alle manifestazioni di “confine” rispetto alle reazioni psichiche secondarie allo sviluppo di patologie neurologiche. L’obiettivo di questo lavoro è quindi quello di amplificare la sensibilità dei colleghi psichiatri nei confronti di queste condizioni cliniche al fine di creare un canale comunicativo con i colleghi neurologi e neuroradiologi che non si limiti alla semplice consulenza.

Parole chiave. Neuropsichiatria, patologie neurologiche.

Neuropsychiatry as the interface of behavioral manifestations driven by brain dysfunction.

Summary. Neuropsychiatry mainly deals with processes of the mind related to neurological diseases. Only secondarily, it deal with depressive and anxiety syndromes, as reactions to the presence of an acute, chronic, or degenerative neurological disease. This review illustrate the most frequent neuropsychiatric disorders in the context of the main neurological diseases, focusing on secondary psychic reactions to the development of neurological diseases. The main purpose of this paper is therefore to amplify the sensitivity of psychiatric colleagues towards these clinical conditions in order to create a communication channel with fellow neurologists and neuroradiologists that is not limited to simple counseling.

Key words. Neurological diseases, neuropsychiatry.

Introduzione

La neuropsichiatria si occupa principalmente dei disturbi emotivi e del comportamento e di quei processi della mente correlati a malattie neurologiche. Solo secondariamente l’oggetto della neuropsichiatria è rappresentato dalle sindromi depressive e ansiose, che sono reazioni alla presenza di una malattia neurologica, sia che essa sia acuta, cronica, o degenerativa, oppure a sindromi iatrogene. La necessità di classificare e dividere per riconoscere, attività insita nell’uomo, ha determinato per anni una sorta di oblio cognitivo sui disturbi neuropsichiatrici. A ciò si è aggiunta la scissione tra la neurologia e la psichiatria avvenuta in Italia da ormai 50 anni. Mentre le neuroscienze ogni giorno acquisivano nuove abilità e consentivano nuove scoperte, la figura dello psichiatra e quella del neurologo venivano a distinguersi sempre di più. Ciò è dipeso soprattutto dalle attività richieste dal legislatore al medico psichiatra; di conseguenza lo psichiatra clinico, nella gran parte dei casi, si occupa attualmente di “psichiatria maggiore” (ovvero le psicosi primarie e i disturbi bipolari). Di fatto ciò non facilita in alcun modo lo sviluppo di competenze né lo scambio culturale con un collega neurologo o con un collega neuropsichiatra infantile. Il luogo ideale per tali interazioni è l’ospedale, dove il paziente può essere osservato contestualmente da varie figure, ivi comprese il neuropsicologo, lo psicologo clinico, il neuroradiologo e non ultimo il terapista della riabilitazione.

La neuropsichiatria è sempre esistita per una serie di istanze che possono essere così sintetizzate. La prima istanza è molto semplice e gerarchicamente sovraintende le successive: le malattie neurologiche colpiscono le persone. Senza disturbare definizioni di modelli biopsicosociali, ogni clinico sa che ogni singola persona si distingue per la modalità di esperire ed esprimere emozioni, speranze, aspettative, stili di pensiero, stili relazionali. Questi sono gli oggetti della valutazione psichiatrica. Una seconda istanza è relativa al fatto che la filosofia si è sempre occupata dell’origine di alcuni stati morbosi prima ancora che esistesse la medicina come la conosciamo oggi, e tuttora l’epistemologia della psichiatria innalza il livello di conoscenza della conoscenza. La neuropsichiatria è stata florida nel periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento grazie a tutti gli scienziati che oggi riconosciamo per le sindromi eponimiche. Successivamente, a Eugene Bleuler si deve la definizione di sindrome psicorganica, diagnosi tuttora riconosciuta dai sistemi nosografici; oltretutto tale diagnosi a livello comunicativo tra clinici risulta molto più efficace di qualunque altra terminologia usata. Alla fine degli anni ’80 Michael Trimble e altri scienziati hanno contribuito al rifiorire della neuropsichiatria grazie ai loro lavori scientifici e al prodotto delle proposte di formazione specialistica nell’ambito delle diverse discipline che definiscono le neuroscienze. Nella presente rassegna verranno illustrati i più frequenti disturbi neuropsichiatrici nell’ambito delle principali malattie neurologiche, verrà dato maggior rilievo alle manifestazioni di “confine” rispetto alle reazioni psichiche secondarie allo sviluppo di patologie neurologiche. L’obiettivo di questo lavoro è di amplificare la sensibilità dei colleghi psichiatri nei confronti di queste condizioni cliniche al fine di creare su base personale, o preferibilmente su base istituzionale, un canale comunicativo con i colleghi neurologi e neuroradiologi che non si limiti alla semplice consulenza.

La neuropsichiatria delle demenze

Le demenze, insieme alla malattia di Parkinson, rappresentano la quintessenza della neuropsichiatria. Ovvero, le manifestazioni psichiatriche in queste patologie sono la diretta conseguenza di un danno di tipo lesionale del tessuto cerebrale o di conseguenze legate a modificazioni neurotrasmettitoriali1,2. Nell’ambito delle demenze le manifestazioni sono eterogenee, possono essere presenti disturbi del comportamento, sintomi psicotici, quali deliri e allucinazioni, oltre alle alterazioni del tono dell’umore3,4. Del resto, il termine kraepeliniano di demenza praecox era la diretta conseguenza dell’osservazione fatta dagli psicopatologi della prognosi infausta delle persone affette da quelle che sarebbero state definite, negli anni seguenti, sindromi schizofreniche. Un quadro tipico delle demenze è la presenza di importante labilità emotiva accompagnata da disforia, comportamenti aggressivi, perseverazione del pensiero e disinibizione comportamentale5. Di rilievo, per l’importanza della diagnosi differenziale, sono i quadri depressivi che precedono i sintomi nucleari nelle demenze vascolari, tanto che è stato coniato il termine di “depressione vascolare”6. Queste condizioni vengono spesso misconosciute e trattate come se fossero degli episodi depressivi endogeni. Il problema insito non è solo il tipo di trattamento da impostare ma la prognosi e la mancata, o solo parziale, risposta ai normali trattamenti antidepressivi, pertanto un clinico potrà prescrivere diversi farmaci ritenendo il paziente come resistente ai trattamenti e perdere tempo utile per porre una diagnosi corretta.

I disturbi del comportamento sono distintivi della demenza frontotemporale (FDT) (sindrome di Pick). I quadri clinici di FDT rappresentano la progressione del danno neuronale e quindi osserveremo le manifestazioni comportamentali e i disturbi disecutivi in funzione del grado di atrofia frontale, l’afasia in funzione dell’atrofia della corteccia perisilviana e la progressiva agnosia legata all’atrofia temporale7. Mentre sono la presenza di atrofia bitemporale e le lesioni bilaterali dell’amigdala a determinare la sindrome di Kluver-Bucy (iperfagia, ipersessualità e persistenti comportamenti esplorativi del cavo orale).

Nella demenza di Alzheimer la prevalenza cumulata dei disturbi depressivi varia dal 30 al 50%; simili percentuali si riscontrano per i sintomi dello spettro ansioso. Per quanto concerne i sintomi psicotici va detto che le caratteristiche sono generalmente differenti rispetto alle manifestazioni psicotiche in soggetti non affetti da demenza, ovvero i temi deliranti raramente sono bizzarri e si concentrano su temi di infedeltà, abbandono o raggiro, mentre i fenomeni allucinatori sono spesso di tipo visivo, questi infrequenti nelle psicosi schizofreniche. Sottesi a questi sintomi vi sono oltre alle disfunzioni della neurotrasmissione serotoninergica, colinergica e noradrenergica, le lesioni da deposito, l’ipometabolismo corticale e l’atrofia.

Per quanto concerne il trattamento delle psicosi in corso di demenza, sono da preferire gli antipsicotici che non abbiano effetti anticolinergici come per esempio la quetiapina a basso dosaggio. Difatti sia la quetiapina che l’olanzapina sono risultati essere i farmaci più prescritti (85,2%) in una coorte di 2224 pazienti osservati nella Regione Lazio8. Sia la review Cochrane condotta da Dudas et al.9, sia una recente meta-analisi mirata a verificare l’efficacia degli antidepressivi per i sintomi depressivi in corso di demenza hanno evidenziato i limiti degli studi RCT disponibili che non consentono di formulare indicazioni chiare.

Malattie cerebrovascolari

Circa il 50% dei pazienti sopravvissuti a ictus, di cui sappiamo la maggioranza essere rappresentati da ischemie, sviluppa una sindrome depressiva10. In funzione dell’esordio della sintomatologia, possiamo classificare il tipo di sindrome depressiva, ovvero porremo diagnosi di episodio depressivo maggiore quando l’esordio avviene successivamente al ricovero o in fase di riabilitazione, mentre se l’esordio dei sintomi depressivi è acuto o contemporaneo ai sintomi motori e sensitivi porremo diagnosi di disturbo dell’umore dovuto a cerebropatia vascolare. Sul piano fisiopatologico concorrono lesioni microatrofiche, microinfartuali, lesioni diffuse della sostanza bianca, alterata neurotrasmissione glutamatergica e ovviamente fenomeni infiammatori11. La sintomatologia è in parte sovrapponibile alla depressione maggiore, ma se ne distingue per la mancanza dei sintomi nucleari quali il senso di colpa, la percezione di fallimento personale e il sentimento di autosvalutazione.

Particolare attenzione va posta al trattamento di queste sindromi depressive, benché gli SSRI rappresentino la categoria più utilizzata e con minori effetti collaterali; il rischio di sanguinamento in corso di trattamento con SSRI è del 36%12.

Un breve accenno va fatto anche per le rare forme di arteriopatie cerebrali autosomiche-dominanti con infarti sottocorticali e leucoencefalopatia (CADASIL), perché oltre alla cefalea e ai sintomi cognitivi possono manifestarsi, in un quinto dei casi, con sintomi depressivi13.

Di difficile trattamento sono le particolari alterazioni timiche successive a lesioni vascolari cerebellari. In queste condizioni sono spesso evidenziabili: labilità emotiva, stati misti e incapacità a riconoscere il proprio stato emotivo interno14,15 fino a vissuti paratimici. Questi quadri, familiari ai neurologi che si occupano di stroke, sono estremamente ricchi sul piano psicopatologico e inducono ad approfondire il ruolo del cervelletto nelle nostre capacità metacognitive.

Epilessia

I disturbi affettivi in pazienti con epilessia sono l’ennesimo esempio di disturbi neuropsichiatrici. Questo perché, a differenza delle depressioni reattive a una patologia neurologica cronica e disabilitante, nell’epilessia si possono verificare stati depressivi pre-ictali equivalenti ad aure epilettiche, le depressioni post-ictali, oppure le frequenti manifestazioni disforiche inter-ictali16. Le disforie inter-ictali sono tendenzialmente intermittenti, caratterizzate da stati misti con importante irritabilità. Inoltre, vanno menzionati i quadri depressivi iatrogeni dovuti al trattamento con alcuni antiepilettici, tra questi i barbiturici, il topiramato, la zonisamide e il vigabatrin sono associati a un più alto rischio di depressione17,18.

Il trattamento farmacologico delle depressioni in epilessia riflette i trattamenti standard e il rischio di indurre crisi convulsive appare essere minimo19. Le manifestazioni paniformi possono essere ictali, della durata di pochi secondi, differenziabili da quelle inter-ictali per la durata che può variare da alcuni minuti a ore. Di maggior rilievo sono i sintomi psicotici, presenti con una frequenza che varia dal 2 al 7%; nello specifico, nelle epilessie temporali la frequenza varia dal 10 al 15%20. Sul piano psicopatologico le psicosi ictali sono facilmente individuabili sia per la cronologia puntuale sia per le manifestazioni che generalmente si limitano a comportamenti bizzarri e disorganizzazione del pensiero21. Può risultare più complicato porre diagnosi differenziale tra psicosi post-ictale e psicosi schizofrenica per la sovrapposizione dei sintomi, non a caso la disregolazione dopaminergica è comune a entrambe le patologie. Tuttavia nelle psicosi post-ictali mancano i disturbi della ipseità o meglio i sintomi di primo rango schneideriani22.

Il rapporto tra psicosi ed epilessia è ben illustrato dalla normalizzazione forzata. Questo fenomeno, noto già dagli anni ’50, rappresenta la scomparsa di sintomi ictali precedentemente incontrollati con la comparsa di sintomi psicotici perlopiù a sfondo paranoide, spesso associati ad alterazioni qualitative dello stato di coscienza. La fisiopatologia di tale fenomeno non può essere ridotta esclusivamente al sistema dopaminergico stante la frequenza di crisi convulsive in corso di trattamento con clozapina23. Per una rassegna sulla normalizzazione forzata si consiglia la rassegna sistematica condotta da Calle-López24.

Miopatie

Queste patologie sono caratterizzate da una condizione patologica strutturale e funzionale del tessuto muscolare o scheletrico. Abbiamo ritenuto utile fare una breve menzione di queste patologie, non tanto in funzione del principio ispiratore di questa rassegna, ma per l’importanza della diagnosi differenziale nelle fasi iniziali delle miopatie, quando l’unico sintomo presente può essere l’astenia in assenza di deficit di forza. Pertanto, in presenza di un paziente che riferisce importante astenia, magari accompagnata a esauribilità muscolare lieve e mialgie in assenza di sintomi nucleari di depressione, si impongono la consulenza neurologica e gli eventuali accertamenti del caso.

Malattia di Parkinson

La malattia di Parkinson (MP) è un disturbo del movimento caratterizzato da tremore, rigidità e bradicinesia. La MP rappresenta l’essenza della neuropsichiatria, sia per le manifestazioni sintomatologiche sia per la neurofisiopatologia. È noto che alcune persone manifestano sindromi depressive prima della comparsa dei sintomi motori, altre sviluppano sintomi o sindromi psichiatriche contemporaneamente o successivamente alla comparsa dei sintomi motori, altri possono sviluppare disturbi del comportamento su base iatrogena, come la sindrome da disregolazione dopaminergica (punding) associata alla levodopa, e i disturbi del controllo degli impulsi sottesi all’assunzione di dopamino agonisti1. Qui il clinico dovrà avere familiarità con il gambling e le sue diagnosi differenziali.

I sintomi non motori più frequenti in corso di MP sono la depressione, l’ansia, l’apatia e i disturbi del sonno, le manifestazioni psicotiche, le alterazioni del comportamento e i deficit cognitivi 25. Per i pazienti e per le famiglie, questi disturbi sono spesso più angoscianti e disabilitanti degli aspetti motori. La presenza di sintomi depressivi sembra essere correlata a una precoce introduzione della terapia dopaminergica, a una maggiore disabilità funzionale, a un deterioramento fisico e cognitivo più rapido, a un aumento della mortalità, a un peggioramento della qualità della vita e a una maggiore sofferenza dei caregiver26.

In ambito clinico, i disturbi depressivi sono frequentemente sottodiagnosticati e, anche se identificati, spesso non vengono trattati adeguatamente. La sovrapposizione clinica di alcune dimensioni depressive e ansiose con sintomi propri della patologia di Parkinson, con eventuali alterazioni cognitive e con sintomi somatici, complicano maggiormente l’identificazione diagnostica dei sintomi neuropsichiatrici. Sintomi tipici della depressione, quali insonnia, perdita di peso, rallentamento psicomotorio, perdita di energia, vengono imputati spesso al disturbo neurologico e non a un concomitante disturbo dell’umore.

La frequenza dei disturbi depressivi nella MP è circa del 40-50%27. Tuttavia, la prevalenza dei sintomi depressivi differisce in base alla popolazione clinica studiata, ai sottotipi depressivi valutati e all’eterogeneità nella presentazione sindromica. Diversi studi di prevalenza hanno dimostrato come meno della metà dei pazienti che riportano sintomi depressivi presentino una diagnosi categoriale di depressione maggiore. La prevalenza di distimia e depressione minore risulta infatti del 22,5% e del 36,6% rispettivamente1. Si introduce, quindi, il termine di depressione sub-sindromica, definita come la presenza di sintomi depressivi che non soddisfano pienamente i criteri diagnostici standardizzati per i vari disturbi depressivi; per esempio, i pazienti che presentano sintomi depressivi solo durante gli stati “off” possono appartenere a questa definizione28. Diversi studi sulla gravità dei sintomi depressivi hanno descritto come un sostanziale numero di pazienti con MP presenti sintomi depressivi da moderati a gravi. Inoltre, tali pazienti sviluppano altri sintomi neuropsichiatrici in comorbilità, quali disturbi d’ansia, deficit cognitivi e psicosi29. I sintomi cardine della depressione nella MP, a differenza delle depressioni primarie, includono principalmente l’affaticamento, l’agitazione, il ritardo psicomotorio, l’apatia, il rallentamento motorio, l’ipomimia e la difficoltà di concentrazione. Nei pazienti con MP il rischio suicidario risulta aumentato rispetto alla popolazione generale30. I pochi studi che esaminano l’incidenza della depressione nella MP indicano che i sintomi depressivi possono comparire in qualsiasi fase nel corso della malattia, in media, però, precedono di 4-6 anni l’insorgenza dei sintomi motori. Inoltre, la presenza di sintomi depressivi e l’eventuale trattamento farmacologico influenzano il decorso dei sintomi motori nel tempo31. Del resto gli studi sui correlati clinici della depressione nella MP non hanno dimostrato una chiara relazione tra l’età di insorgenza, la gravità, la durata, lo stadio o i sottotipi dei sintomi motori e l’insorgenza e la gravità dei sintomi depressivi32. Pertanto, i maggiori fattori di rischio che concorrono allo sviluppo di depressione in corso di MP includono la disabilità motoria, il genere femminile e la storia psichiatrica passata.

I meccanismi alla base della depressione nella MP rimangono ancora in parte sconosciuti; i fattori psicologici, psicosociali e la disabilità, seppure presenti, non sembrano i determinanti principali per lo sviluppo di sintomi depressivi. Piuttosto, i fattori neurobiologici implicati nella genesi della MP sembrano spiegare l’alta percentuale di comorbilità con i sintomi neuropsichiatrici rispetto ad altre patologie croniche.

La degenerazione dei neuroni dopaminergici e dei corpi intraneuronali di Lewy nella pars compacta della substantia nigra sono le lesioni neuropatologiche distintive della MP. Tuttavia, il coinvolgimento cerebrale della MP si estende ben oltre il mesencefalo, coinvolgendo anche una discreta perdita di neuroni noradrenergici e serotoninergici. Questi sistemi neuronali sono associati alla regolazione dell’umore e del sistema di ricompensa, nonché ai disturbi dell’umore.

Un modello eziopatologico prevalente per lo sviluppo dei sintomi depressivi nella MP coinvolge la degenerazione del tratto dopaminergico mesocorticale e mesolimbico con conseguente disfunzione orbitofrontale e alterazioni che coinvolgono i gangli della base33. Studi che valutano la ridotta attività del trasportatore della dopamina, il flusso sanguigno nella corteccia frontale e il metabolismo del glucosio in pazienti affetti da MP con sintomi depressivi supportano il coinvolgimento di queste aree cerebrali.

Le alterazioni dell’umore che si verificano a seguito dell’utilizzo della stimolazione cerebrale profonda (DBS) per il trattamento dei sintomi motori forniscono un’altra finestra per studiare la depressione nella MP. Il rischio di suicidio, l’aggressività, la depressione e la mania sono tra le complicazioni psichiatriche e comportamentali più frequenti dopo trattamento con DBS34. Si ipotizza, infatti, che la stimolazione subtalamica inibisca la trasmissione serotoninergica tramite interconnessioni tra la pars reticulata della substantia nigra, la corteccia prefrontale mediale e il pallido ventrale35.

La presenza di disturbi d’ansia nei pazienti affetti da MP è ben documentata. Sebbene l’ansia sia spesso associata alla depressione, può manifestarsi in modo indipendente impattando significativamente sulla qualità della vita dei pazienti; i tassi di prevalenza evidenziati variano dal 25% al 52% dei pazienti36.

I sintomi psicotici nella MP sono principalmente caratterizzati da allucinazioni (principalmente visive), deliri e altri disturbi sensoriali e si presentano nel 20-40% dei casi, influenzando negativamente la qualità di vita dei pazienti37. I sintomi psicotici sono spesso attribuibili anche all’uso dei farmaci anti-parkinsoniani; tuttavia, vi è un crescente riconoscimento che il processo patologico alla base della MP svolga un ruolo importante nella loro patogenesi ed espressione38.

L’approccio terapeutico dei sintomi psichiatrici nella MP coinvolge terapie sia farmacologiche sia non farmacologiche39. In numerosi studi clinici controllati è stata riportata una buona efficacia clinica per gli antidepressivi triciclici (TCA) desipramina e nortriptilina, per gli inibitori del reuptake della serotonina-noradrenalina (SNRI) venlafaxina e per gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) citalopram, sertralina e paroxetina39. Tra le strategie non farmacologiche, la terapia cognitivo comportamentale (CBT) sembra essere l’approccio più promettente40; anche l’uso della stimolazione magnetica transcranica (TMS) ha prodotto risultati incoraggianti, mentre la DBS sembra essere associata a un peggioramento del tono dell’umore, dell’apatia e a un aumento del rischio suicidario41.

Malattia di Huntington (MH)

La MH è caratterizzata da una varietà di sintomi neuropsichiatrici, tra cui apatia, ansia, irritabilità, depressione, sintomi ossessivo-compulsivi, alterazioni del comportamento, sintomi psicotici, aggressività e aumentato rischio suicidario42. La diagnosi di MH viene postulata in presenza di segni motori inequivocabili, ma i sintomi neurocognitivi sono spesso presenti prima dell’esordio dei sintomi motori43. Gli individui che presentano alterazioni geniche proprie della MH ma che, pur presentando alterazioni cognitive e comportamentali, non soddisfano i criteri motori per la diagnosi di MH, sono considerati nella fase prodromica della MH. I sintomi neuropsichiatrici sono presenti sia nella fase conclamata della patologia sia in quella prodromica, ossia molti anni prima dell’insorgenza dei sintomi motori. L’apatia è il sintomo più comune, presentandosi nel 28% dei casi, mentre la depressione, l’irritabilità e sintomi ossessivo-compulsivi si verificano in circa il 13% dei casi; i sintomi psicotici, invece, risultano relativamente rari (circa l’1% dei casi)44. I sintomi neuropsichiatrici incidono negativamente sulla qualità di vita di questi pazienti e dei loro caregiver, sono associati a un maggiore declino funzionale e, se presenti nella fase prodromica, sono altamente predittivi dello sviluppo dei sintomi motori45.

I sintomi neuropsichiatrici hanno una rilevanza clinica anche nella MH giovanile, e includono le alterazioni del sonno, deficit delle funzioni esecutive, sintomi depressivi e d’ansia e un aumentato rischio suicidario. Sintomi di disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), ansia, depressione, psicosi sono identificati prima che i sintomi motori diventino evidenti46.

Studi sull’efficacia clinica per il trattamento dei disturbi depressivi nella MH hanno dimostrato che i pazienti rispondono generalmente bene a farmaci antidepressivi come mirtazapina, fluoxetina, venlafaxina e inibitori delle monoaminossidasi. In una recente revisione internazionale sulla gestione dei sintomi comportamentali della MH, è stato riportato che i farmaci antipsicotici sono la classe di farmaci più comunemente utilizzati per trattare i pazienti con comportamenti aggressivi gravi, mentre gli SSRI sono utilizzati per trattare i sintomi d’ansia, l’irritabilità lieve e i comportamenti ossessivo-compulsivi47. Farmaci quali l’aloperidolo, l’olanzapina, il risperidone e la quetiapina possono essere utilizzati nella gestione dei pazienti con aggressività e irritabilità. Inoltre, sia la lamotrigina sia il litio mostrano efficacia nella fluttuazione del tono dell’umore in pazienti con MH48.

Sindrome di Tourette

La sindrome di Tourette (TS) è un disturbo neuropsichiatrico a esordio infantile caratterizzato da tic motori multipli e uno o più tic vocali che persistono per almeno ١ anno. Molteplici disturbi psichiatrici in comorbilità sono stati riportati in soggetti affetti da TS; quando presenti, questi sintomi generano nei pazienti una notevole quota di angoscia e disabilità rispetto ai soli sintomi motori. Tassi elevati di ADHD e di disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) sono ben documentati e si pensa che siano espressione delle alterazioni neurofisiologiche alla base della TS49,50. La diagnosi di DOC è presente nel 72% dei pazienti con TS mentre l’ADHD si osserva nel 50% dei bambini e adolescenti con TS51; tra gli altri sintomi psichiatrici associati alla TS si evidenziano depressione, ansia, discontrollo degli impulsi, disturbi del sonno, disturbi della condotta, rabbia, disturbo oppositivo provocatorio e comportamenti autolesionistici52. Anche se sintomi depressivi e dello spettro ansioso sono stati evidenziati frequentemente nei pazienti con TS, sembra che la loro natura dipenda anche da fattori psicologici adattativi alla patologia neurologica e alla presenza di una eventuale diagnosi di ADHD e DOC.

Nonostante i diversi profili clinici della TS e del DOC, nel corso degli anni diversi autori hanno proposto una comune base genetica tra queste due patologie53,54. Si pensa che la TS e la metà dei casi di DOC presentino una ereditarietà autosomico-dominante, con un singolo locus (non ancora identificato) per la trasmissione, ma con penetranza incompleta e fenotipo variabile. Inoltre, entrambe le patologie, presentano una base neurobiologica comune nella corteccia frontale e nei gangli della base55. Alterazioni nel flusso sanguigno cerebrale regionale (rCBF) e del metabolismo sono stati osservati in pazienti con TS, in particolare nello striato ventrale, nella corteccia orbito-frontale laterale (COFL) e nel giro cingolato anteriore (GCA). Inoltre, anomalie dopaminergiche sono state osservate nella TS suggerendo uno squilibrio nelle interazioni del corpo striato. Allo stesso modo, molti studi hanno evidenziato una alterazione del rCBF e del metabolismo nel DOC in genere mostrando iperattività nella COF, GCA e nucleo caudato.

Una recente revisione della letteratura ha riassunto i principali trattamenti, farmacologici e non farmacologici, utilizzati nel trattamento dei disturbi psichiatrici associati alla TS30. Nel trattamento del DOC alcuni studi hanno evidenziato l’efficacia di fluvoxamina, risperidone, aripiprazolo, di altri SSRI e antidepressivi triciclici. Le strategie non farmacologiche utilizzate maggiormente includono la CBT, in particolare la Cohmprensive Behaviour Therapy e la Habit Reversal Therapy. Per l’ADHD è stata valutata l’efficacia di clonidina, guanfacina, metilfenidato, atomoxetina e aripiprazolo.

Tremore essenziale

Il tremore essenziale (ET) è il più comune tra i disturbi del movimento; interessa principalmente gli arti superiori, ma può interessare anche il capo, la voce e le gambe e non è associato ad altri segni e sintomi neurologici. Disturbi e sintomi psichiatrici sono frequentemente osservati; diversi autori hanno mostrato una frequenza di depressione due volte superiore nei pazienti con ET rispetto ai controlli sani56,57. Sono frequenti anche la fobia sociale e altri disturbi d’ansia (fino al 50% dei casi) e disturbi di personalità57. La maggior parte degli studi riporta che la gravità dei sintomi depressivi non è correlata alla gravità del tremore, suggerendo così che i sintomi psichiatrici non rappresentino esclusivamente una reazione psicologica al tremore ma appartengano allo spettro clinico del disturbo, condividendo le stesse base neurofisiologiche con prevalente coinvolgimento dei circuiti cerebello-talamo-corticali56

Distonia

La distonia è un disturbo del movimento caratterizzato da contrazioni muscolari prolungate o intermittente causa di movimenti e posture anormali. Negli adulti, la distonia focale colpisce una singola parte del corpo e include la distonia cervicale (CD), il blefarospasmo (BSP), le distonie oromandibolari (distonie craniche), la distonia del braccio e la distonia laringea.

Disturbi psichiatrici possono essere presenti in tutte le distonie. I pazienti con CD hanno un alto rischio di sviluppare sintomi depressivi nel corso della vita (dal 15% al 53,4%)58,59; quando presenti, i sintomi depressivi sono un forte predittore di scarsa qualità di vita e disabilità. L’osservazione che la gravità dei disturbi psichiatrici non è correlata alla gravità della distonia, che i disturbi psichiatrici spesso precedono l’insorgenza dei sintomi motori e che persistono nel tempo anche dopo la riduzione della gravità dei sintomi neurologici suggeriscono che i sintomi psichiatrici possano, almeno nei pazienti con CD, far parte dello spettro clinico della malattia che coinvolge principalmente la disfunzione dei circuiti cerebrale-striato-cortico-limbico60.

Conclusioni

Dopo aver succintamente illustrato le principali patologie neuropsichiatriche tramite un approccio dimensionale, pertanto transdiagnostico, vorremmo concludere con un breve accenno al modo in cui noi clinici dovremmo nominare tali patologie. Ovvero, i termini “organico” vs “funzionale”, o ancor peggio malattie della mente vs malattie neurologiche sono quantomeno riduttivi rispetto ai progressi delle neuroscienze. L’attuale nosografia è tuttora lontana da una reale integrazione di queste condizioni. Pertanto, e in accordo con la letteratura anglosassone, laddove i sintomi psichiatrici sono sindromici si consiglia l’uso di disturbo neuropsichiatrico. Da ciò derivano diversi vantaggi: l’implicita necessità di una collaborazione fattiva tra i vari specialisti, l’assenza di elementi stigmatizzanti per i pazienti e, infine, la funzione di stimolo all’approfondimento clinico e conoscitivo che ci rende medici competenti e non meri operatori sanitari.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Marsh L. Depression and Parkinson’s disease: current knowledge. Curr Neurol Neurosci Rep 2013; 13: 409.

2. Weintraub D. Neuropsychiatric symptoms in Parkinson disease and dementia with Lewy bodies: what geriatric psychiatry can learn. Am J Geriatr Psychiatry 2013; 21: 497-500.

3. Aarsland D. Epidemiology and pathophysiology of dementia-related psychosis. J Clin Psychiatry 2020; 81: AD19038BR1C.

4. Rubin R. Exploring the relationship between depression and dementia. JAMA 2018; 320: 961-2.

5. Gerlach LB, Kales HC. Managing behavioral and psychological symptoms of dementia. Psychiatr Clin North Am 2018; 41: 127-39.

6. Taylor WD, Aizenstein HJ, Alexopoulos GS. The vascular depression hypothesis: mechanisms linking vascular disease with depression. Molecular Psychiatry 2013; 18: 963-74.

7. Bang J, Spina S, Miller BL. Frontotemporal dementia. Lancet 2015; 24: 1672-82.

8. Bargagli AM, Cascini S, Agabiti N, Kirchmayer U, Marino C, Davoli M. Determinants of antipsychotic drugs prescription among community-living older adults with dementia: a population-based study using health information systems in the Lazio Region, Italy. Clin Interv Aging 2019; 14: 2071-83.

9. Dudas R, Malouf R, McCleery J, Dening T. Antidepressants for treating depression in dementia. Cochrane Database Syst Rev 2018; 8: CD003944.

10. Robinson RG. The clinical neuropsychiatry of stroke. Cambridge, UK: Cambridge University Press, 1998.

11. Robinson RG, Jorge RE. Post-stroke depression: a review. Am J Psychiatry 2016; 173: 221-31.

12. Emelia J. Benjamin, Michael J. Blaha, Stephanie E. Chiuve, Mary Cushman, et al. Depression in patients receiving pharmacotherapy for epilepsy: an audit in a tertiary care centre. Pharmacology Reports 2017; 71: 848-54.

13. Valenti R, Pescini F, Antonini S, et al. Major depression and bipolar disorders in CADASIL: a study using the DSM-IV semi-structured intervie Acta Neurol Scand 2011; 124: 390-5.

14. Tedesco AM, Chiricozzi FR, Clausi S, Lupo M, Molinari M, Leggio MG. The cerebellar cognitive profile. Brain 2011; 134: 3672-86.

15. Clausi S, Lupo M, Olivito G, et al. Depression disorder in patients with cerebellar damage: Awareness of the mood state. J Affect Disord 2019; 245: 386-93.

16. Kanner AM. Depression in epilepsy: prevalence, clinical semiology, pathogenic mechanisms, and treatment. Biol Psychiatry 2003; 54: 388-98.

17. Mula M, Sander JW. Negative effects of antiepileptic drugs on mood in patients with epilepsy. Drug Saf 2007; 30: 555-67.

18. Maguire MJ, Weston J, Singh J, Marson AG. Antidepressants for people with epilepsy and depression. Cochrane Database Syst Rev 2014; 2014(12): CD010682.

19. Bresnahan R, Gianatsi M, Maguire MJ, Tudur Smith C, Marson AG. Vigabatrin add-on therapy for drug-resistant focal epilepsy. Cochrane Database Syst Rev 2020; 7.

20. Clancy MJ, Clarke MC, Connor DJ, et al. The prevalence of psychosis in epilepsy; a systematic review and meta-analysis. BMC Psychiatry 2014; 14: 75.

21. Maguire M, Singh J, Marson A. Epilepsy and psychosis: a practical approach. Pract Neurol 2018; 18: 106-14.

22. Prendergast J, Spira P, Schnieden V. Post-ictal psychosis: an unusual clinical entity. Aust N Z J Psychiatry 1999; 33: 433-5.

23. Williams AM, Park SH. Seizure associated with clozapine: incidence, etiology, and management. CNS Drugs 2015; 29: 101-11.

24. Calle-López Y, Ladino LD, Benjumea-Cuartas V, Castrillón-Velilla DM, Téllez-Zenteno JF, Wolf P. Forced normalization: a systematic review. Epilepsia 2020; 60: 1610-8.

25. Chaudhuri KR, Healy DG, Schapira AH. National Institute for Clinical Excellence. Non-motor symptoms of Parkinson’s disease: diagnosis and management. Lancet Neurol 2006; 5: 235-45.

26. Schapira AHV, Chaudhuri KR, Jenner P. Non-motor features of Parkinson disease. Nat Rev Neurosci 2017; 18: 435-50.

27. Schrag A, Taddei RN. Depression and Anxiety in Parkinson’s Disease. Int Rev Neurobiol 2017; 133: 623-55.

28. Marsh L, McDonald WM, Cummings J, Ravina B; NINDS/NIMH Work Group on Depression and Parkinson’s Disease. Provisional diagnostic criteria for depression in Parkinson’s disease: report of an NINDS/NIMH Work Group. Mov Disord 2006; 21: 148-58.

29. Timmer MHM, van Beek MHCT, Bloem BR, Esselink RAJ. What a neurologist should know about depression in Parkinson’s disease. Pract Neurol 2017; 17: 359-68.

30. Berardelli I, Belvisi D, Corigliano V, et al. Suicidal ideation, perceived disability, hopelessness and affective temperaments in patients affected by Parkinson’s disease. Int J Clin Pract 2018; e13287.

31. Dallé E, Mabandla MV. Early life stress, depression and Parkinson’s Disease: a new approach. Mol Brain 2018; 11: 18.

32. Cummings JL. Depression and Parkinson’s disease: a review. Am J Psychiatry 1992; 149: 443-54.

33. Qian L, Zhang Y, Zheng L, et al. Frequency specific brain networks in Parkinson’s disease and comorbid depression. Brain Imaging Behav 2017; 11: 224-39.

34. Lilleeng B, Dietrichs E. Unmasking psychiatric symptoms after STN deep brain stimulation in Parkinson’s disease. Acta Neurol Scand Suppl 2008; 188: 41-5.

35. Voon V, Saint-Cyr J, Lozano AM, Moro E, Poon YY, Lang AE. Psychiatric symptoms in patients with Parkinson disease presenting for deep brain stimulation surgery. J Neurosurg 2005; 103: 246-51.

36. Dissanayaka NNW, White E, O’Sullivan JD, et al. Characteristics and treatment of anxiety disorders in Parkinson’s disease. Mov Disord Clin Pract 2015; 2: 155-62.

37. Schneider RB, Iourinets J, Richard IH. Parkinsons disease psychosis: presentation, diagnosis and management. Neurodegener Dis Manag 2017; 7: 365-76.

38. Samudra N, Patel N, Womack KB, Khemani P, Chitnis S. Psychosis in Parkinson disease: a review of etiology, phenomenology, and management. Drugs Aging 2016; 33: 855-63.

39. Berardelli I, Belvisi D, Pasquini M, Fabbrini A, Petrini F, Fabbrini G. Treatment of psychiatric disturbances in hypokinetic movement disorders. Expert Rev Neurother 2019; 19: 965-81.

40. Berardelli I, Pasquini M, Roselli V, Biondi M, Berardelli A, Fabbrini G. Cognitive behavioral therapy in movement disorders: a review. Mov Disord Clin Pract 2015; 2: 107-15.

41. Kirsch-Darrow L, Zahodne LB, Marsiske M, Okun MS, Foote KD, Bowers D. The trajectory of apathy after deep brain stimulation: from pre-surgery to 6 months post-surgery in Parkinson’s disease. Parkinsonism Relat Disord 2011; 17: 182-8.

42. McColgan P, Tabrizi SJ. Huntington’s disease: a clinical review. Eur J Neurol 2018; 25: 24-34.

43. Ghosh R, Tabrizi SJ. Clinical features of Huntington’s disease. Adv Exp Med Biol 2018; 1049: 1-28.

44. Ross CA, Tabrizi SJ. Huntington’s disease: from molecular pathogenesis to clinical treatment. Lancet Neurol 2011; 10: 83-98.

45. Goh AM, Wibawa P, Loi SM, Walterfang M, Velakoulis D, Looi JC. Huntington’s disease: neuropsychiatric manifestations of Huntington’s disease. Austr Psych 2018; 26: 366-75.

46. Quigley J. Juvenile Huntington’s disease: diagnostic and treatment considerations for the psychiatrist. Curr Psychiatry Rep 2017; 19: 9.

47. Kumar A, Kumar V, Singh K, Kumar S, Kim YS, Lee YM, Kim JJ. Therapeutic advances for Huntington’s disease. Brain Sci 2020; 10: 43.

48. Bachoud-Lévi AC, Ferreira J, Massart R, et al. International Guidelines for the Treatment of Huntington’s Disease. Front Neurol 2019; 10: 710.

49. El Malhany N, Gulisano M, Rizzo R, Curatolo P. Tourette syndrome and comorbid ADHD: causes and consequences. Eur J Pediatr 2015; 174: 279-88.

50. Lombroso PJ, Scahill L. Tourette syndrome and obsessive-compulsive disorder. Brain Dev 2008; 30: 231-7.

51. Coffey BJ, Rapoport J. Obsessive-compulsive disorder and Tourette’s disorder: where are we now? J Child Adolesc Psychopharmacol 2010; 20: 235-6.

52. Hirschtritt ME, Lee PC, Pauls DL, et al. Tourette Syndrome Association International Consortium for Genetics. Lifetime prevalence, age of risk, and genetic relationships of comorbid psychiatric disorders in Tourette syndrome. JAMA Psychiatry 2015; 72: 325-33.

53. Klaffke S, König IR, Poustka F, Ziegler A, Hebebrand J, Bandmann O. Brain-derived neurotrophic factor: a genetic risk factor for obsessive-compulsive disorder and Tourette syndrome? Mov Disord 2006; 21: 881-3.

54. Qi Y, Zheng Y, Li Z, Liu Z, Xiong L. Genetic studies of tic disorders and Tourette syndrome. Methods Mol Biol 2019; 2011: 547-71.

55. Felling RJ, Singer HS. Neurobiology of Tourette syndrome: current status and need for further investigation. J Neurosci 2011; 31: 12387-95.

56. Fabbrini G, Berardelli I, Falla M, et al. Psychiatric disorders in patients with essential tremor. Parkinson Relat Disord 2012; 18: 971-3.

57. Smeltere L, Kuzn¸ecovs V, Erts R. Depression and social phobia in essential tremor and Parkinson’s disease. Brain Behav 2017; 7: e00781.

58. Fabbrini G, Berardelli I, Moretti G, et al. Psychiatric disorders in adult-onset focal dystonia: a case-control study. Mov Disord 2010; 25: 459-65.

59. Conte A, Berardelli I, Ferrazzano G, Pasquini M, Berardelli A, Fabbrini G. Non-motor symptoms in patients with adult-onset focal dystonia: Sensory and psychiatric disturbances. Parkinsonism Relat Disord 2016; 22 Suppl 1: S111-4.

60. Berardelli I, Ferrazzano G, Pasquini M, Biondi M, Berardelli A, Fabbrini G. Clinical course of psychiatric disorders in patients with cervical dystonia. Psychiatry Res 2015; 30: '583-5.