Gerald M. Edelman
Seconda natura. Scienza del cervello e conoscenza umana.
Raffaello Cortina Editore, Milano 2007, pagine 172,  18


Nicholas Humphrey
Rosso. Uno studio sulla coscienza
Codice Edizioni, Torino 2007,
pagine 105,  11


Nonostante diversi secoli di studio, non si sono ottenuti significativi progressi verso la comprensione su cosa siano effettivamente la mente e il cervello. Per non parlare della coscienza. Nel suo dizionario, Sutherland definisce la coscienza “un fenomeno affascinante ma elusivo; è impossibile specificare cos’è, cosa fa o perché si è evoluta. Non è stato scritto nulla che valga la pena di essere letto”. Nessuno – aggiunge J. Fodor – ha “la benché minima idea di cosa sia la coscienza, o a cosa serva, o come faccia ciò che deve fare”. Né siamo in grado di capire come qualcosa di materiale (il cervello) potrebbe essere “consapevole” (McGim). La coscienza è un mistero (Quine).
A squarciare il velo di mistero che avvolge la coscienza provvedono Edelman e Humphrey, i quali insieme con altri autorevoli neuroscienziati sono convinti che sia possibile sottoporre la mente e la coscienza a indagine scientifica. L’ipotesi di fondo è che la coscienza sia stata progettata dalla selezione naturale, utilizzando un cervello “biologicamente evoluto”. L’aspetto più complesso della coscienza – affermano Crick e Koch – è il cosiddetto hard problem dei qualia: per esempio, la rossezza del rosso, la dolorosità del dolore, la verdezza del verde. Nessuno finora ha trovato una spiegazione plausibile di come l’esperienza soggettiva della rossezza del rosso possa nascere dall’attività del cervello.
Punto di partenza, cercare i correlati neurali della coscienza (Neural Correlates of Consciousness, NCC), con la speranza che, quando siamo in grado di spiegarli in termini causali, saremo anche in grado di chiarire il problema dei qualia, cioè degli stati qualitativi, dell’esperienza cosciente. Ciò che gli autori intendono con NCC sono in realtà gli NBC (Neural Basis of Consciousness), le basi neurali della coscienza, gli eventi che hanno luogo nel cervello. Gli NCC sono l’insieme di eventi neurali che creano un aspetto specifico di un oggetto percetto conscio (Crick e Koch). Tra la coscienza e gli NCC deve esserci una “identità”, cosicché nella sensazione cosciente possiamo esprimerci nei termini di una equazione: esperienza della sensazione = attività neurale. Un’analisi scientifica della mente e della coscienza, per Edelman, deve rispondere a questi interrogativi: come fanno i neuroni a dare origine a pensieri, sensazioni ed emozioni? Alcuni autori giudicano ancora i due domini tanto dissimili da non essere conciliabili. Una spiegazione scientifica deve offrire un’attinenza causale delle connessioni tra i due ambiti, di modo che si possano comprendere le proprietà dell’uno in funzione di eventi che si verificano nell’altro. Indubbiamente, sarà indispensabile una comprensione di come funziona il cervello. Per determinare allora le origini neurali della coscienza, Edelman elabora una teoria globale del cervello fondata sull’evoluzione, cioè sulla selezione naturale, “la teoria della selezione dei gruppi neurali” (TSGN). Una teoria siffatta indica che “tutti i meccanismi cerebrali sono emersi nel corso dell’evoluzione dell’ Homo sapiens. A governare il funzionamento del cervello è un unico principio: il cervello “si è evoluto”. L’evoluzione mostra una straordinaria capacità, la quale discende dalla selezione naturale e agisce in ambienti complessi nel corso delle ere. Il cervello è dunque “un sistema selettivo” che opera nell’arco della vita dell’individuo attraverso “repertori variati di circuiti e reti straordinariamente complesse, che sono incarnate in un modo che varia da persona a persona. In virtù dell’evoluzione e dell’azione dell’ambiente, ogni cervello è necessariamente unico. Neanche due gemelli monozigoti hanno lo stesso cervello.
La TSGN si fonda su tre principi. Il primo sostiene che lo sviluppo dei circuiti neurali produce un’enorme variazione anatomica, che è la conseguenza di un processo di “selezione naturale”. Il secondo principio è che quando il repertorio dei circuiti anatomici che si formano riceve segnali provocati dal comportamento o dall’esperienza dell’animale, ha luogo anche un altro insieme di “eventi selettivi”. Il terzo principio della teoria di Edelman, infine, ammette l’esistenza di un processo chiamato “rientro”. Questo consiste in una “segnalazione incessante da una regione cerebrale a un’altra”. Le connessioni reciproche integrano e sincronizzano le diverse attività di varie regioni cerebrali. Il cervello ha dunque un “generatore di diversità” (Generator Of Diversity, da cui l’acronimo GOD, ovvero Dio): riceve segnali provenienti dal corpo, dal mondo e dal cervello stesso attraverso i neuroni e facilita l’amplificazione delle connessioni di quei gruppi di neuroni che sono adattativi. Se ne conclude che il nostro cervello è un chiaro esempio di “sistema selettivo”. Sono esattamente le proprietà necessarie per rendere conto delle caratteristiche “straordinariamente ricche, eppure unitarie, della coscienza”.
Qual è l’evento evolutivo sufficiente a far emergere la coscienza nel cervello? La tesi di Edelman è che, nel punto della storia evolutiva corrispondente alla transizione tra rettili e uccelli e tra rettili e mammiferi, all’incirca 250 milioni di anni fa, nel sistema talamocorticale comparvero nuovi schemi di connessione reciproca, caratterizzati da un imponente “rientro”. L’evoluzione dei circuiti e delle interazioni rientranti ha consentito l’acquisizione di capacità semantiche e del linguaggio, dando origine alla coscienza di ordine superiore dei nostri antenati ominidi e plausibilmente anche in un certo numero di altre specie di scimmie antropomorfe. Le quali essendo prive di linguaggio non possono riferire i propri stati coscienti. La coscienza è dunque un processo che consiste in un’enorme varietà di qualia, espressione dell’attività rientrante selettiva dei vari gruppi di neuroni e sistemi nel nucleo talamo-corticale. In breve, gli stati consci riflettono l’integrazione di stati neurali nel nucleo. Come dire che l’azione neurale nel nucleo “implica” la coscienza. La quale non è un “oggetto”, è un “processo”. Ed è necessariamente “privata”, poiché è implicata dall’attività del nucleo nel cervello dell’individuo.
Un’epistemologia di questa natura mostra che il cervello è un sistema basato sull’evoluzione in rapporto dinamico con l’ambiente e non su istruzioni. Nel corso dell’evoluzione, a partire da 3 milioni e mezzo di anni fa, il volume del cervello umano è triplicato, in virtù soprattutto dello sviluppo della corteccia prefrontale, la parte più nobile del cervello, essenziale per il giudizio e la pianificazione. Questa visione dinamica e storica del cervello e della nascita della mente e della coscienza dà rilievo alla natura plastica dello sviluppo del cervello stesso. Sviluppo che in pratica “si arresta soltanto al momento della morte”.
Tutta la nostra vita mentale si basa, dunque, sulla struttura e sulla dinamica del cervello: un insieme di eventi evolutivi, che ha prodotto le matrici neuroanatomiche per il rientro e che ha portato allo sviluppo dell’enorme numero di stati discriminativi, o qualia, che sono propri della coscienza. Ma di per sé, nessun insieme di esperimenti sui correlati neurali della coscienza potrà, allo stato, offrire una base per comprendere come emerga la soggettività. Quel che accade è che i concetti si sviluppano dalla creazione delle mappe da parte del cervello.
Concludendo. Il pensiero si basa su eventi cerebrali. La coscienza è perciò una proprietà dei processi neurali. Come processo, la coscienza è emersa nel corso dell’evoluzione di reti neurali complesse: le quali sono state selezionate per dotare l’Homo sapiens della capacità di operare discriminazioni di livello elevato.


Guido Brunetti

Collaboratore del Dipartimento
di Scienze Psichiatriche
Insegnamento di Psicopatologia
Università La Sapienza, Roma