Stalking: considerazioni clinico-criminologiche
tramite i risultati di un contributo di ricerca

Stalking: clinical and criminological considerations through the results
of a research contribution

ANTONELLA POMILLA1, ALBERTO D’ARGENIO2, VINCENZO MASTRONARDI3,4 
E-mail: antonella.pomilla@uniroma1.it

1 Dipartimento di Neurologia e Psichiatria, Psicopatologia Forense, Sapienza Università di Roma
2Policlinico Militare di Roma “Celio”, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Reparto Psichiatria
3Dipartimento di Neurologia e Psichiatria, Psicopatologia Forense, Sapienza Università di Roma
4Direttore Master di II Livello in Scienze Criminologico-Forensi, Sapienza Università di Roma


RIASSUNTO. Tra i considerevoli risultati forniti dalla letteratura psichiatrica in tema di stalking, pochi studi si concentrano sull’analisi delle condotte persecutorie agite nei confronti dei professionisti della salute mentale, che pure vengono individuati come uno dei campioni vittimologici più colpiti. In particolare, per gli studi condotti in tal senso, ulteriore approfondimento necessita la differenziazione secondo l’identità di genere per ciò che concerne sia le caratteristiche socio-anagrafiche degli autori sia le modalità comportamentali da essi agite nei confronti delle vittime. Scopo. Ottenere  risultati da un’indagine epidemiologica condotta nelle strutture di cura psichiatrica pubbliche e private della città di Roma, volta a valutare l’incidenza del fenomeno nonché le differenze di genere riscontrate nelle modalità comportamentali agite dall’autore per i due campioni considerati. Metodi. È stato somministrato un questionario a un campione composto da psichiatri operanti nei servizi ambulatoriali dei Dipartimenti di Salute Mentale delle ASL di Roma e a un campione di psichiatri che svolgono la propria attività professionale nel privato. Risultati. In merito all’incidenza del fenomeno, una maggiore presenza è stata riscontrata negli ambienti di cura privati rispetto ai DSM del servizio pubblico; in merito alla distribuzione del fenomeno secondo l’identità sessuale degli autori tra i due campioni analizzati, è stata riscontrata una prevalenza statistica di autori di sesso femminile nel campione dei professionisti del settore privato. Discussione. I professionisti della salute, tanto passibili di condotte di vittimizzazione, sono poco formati sul fenomeno. È dunque fondamentale e urgente operare con approcci integrati (campagne informative; potenziamento di politiche cliniche e amministrative della professione; assessment multidimensionale).

PAROLE CHIAVE: stalking, criminologia, salute mentale.


SUMMARY. Among the extensive results supplied by the psychiatric literature on the subject of stalking, few studies focus on the analysis of persecutory behaviors carried out against mental health professionals, who also identified as one of the most affected sample of victims. Particularly, for studies conducted in this way, further examination requires differentiation according to gender type into the social and personal characteristics of the authors’ behavior patterns displayed towards the victims. Aim. To obtaine results by an epidemiological survey conducted in public and private psychiatric care structures in the city of Rome, to assess the incidence of the phenomenon as well as gender differences in behavior patterns practised out by the author for the two sample considered. Methods. Administration of a questionnaire to a sample make up by psychiatrists working in out-patient services for the Departments of Mental Health (ASL) of Rome and to a sample of psychiatrists who practise their professional activity in the private sector. Results. Regarding the incidence of the phenomenon, an increased presence has been found in private mental health care settings in comparison to the public service; regarding to the distribution of the phenomenon according to the sexual identity of the authors among the two samples analyzed, a statistical prevalence of female authors has been found in the sample of private sector. Discussion. The health’s professionals, so much liable of victimization, are poorly formed on the phenomenon. So it’s urgent to operate with integrated approaches (informative trainings; strengthening of administrative and clinical policies of the profession; multidimensional assessment).

KEY WORDS: stalking, criminology, mental health.

INTRODUZIONE
Da molto tempo, il fenomeno delle “molestie persecutorie assillanti” – traduzione italiana del più noto termine anglosassone stalking – è interesse delle discipline umanistiche che, secondo il proprio specifico campo di interesse, hanno voluto:
– (antropologia e sociologia) definire ciò che caratterizza i tratti culturali e sociali di un distorto e non paritario rapporto tra due persone, e valutare altresì in che termini tale rapporto influisca nelle dinamiche interpersonali che i soggetti intrattengono con il mondo circostante;
– (psicologia) studiare i processi mentali che innescano la relazione tra molestatore e vittima, nonché i comportamenti che si estrinsecano da tale relazione;
– (psichiatria) configurare un concreto e valido profilo psicopatologico inteso come matrice nosografica comune e condivisa, al fine di valutare adeguate strategie di intervento e trattamento.
Viceversa, con l’entrata in vigore della Legge n. 38 del 23 aprile 2009, ben lontani dal conferire finalmente a un problema “vecchio” la giusta dimensione giuridica che prima mancava nell’ordinamento nazionale1, sembra si siano invece create incertezze interpretative e dunque difficoltà interventistiche e procedurali che hanno propeso o verso una serrata e restrittiva interpretazione definitoria o, all’opposto, verso eccessive “facilità” applicative.
Per es., questione fondamentale da discutere è: in quali casi si può applicare la legge?
Secondo quanto rubricato all’Art. 612 bis c.p., commette reato di “Atti persecutori” «chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita».
L’articolo in questione non stabilisce, almeno in un primo momento, che l’aggressore che si rende autore del reato debba esplicitamente essere un ex-coniuge o convivente o fidanzato. Tali rapporti di affinità, anche se giunti al termine con una separazione o divorzio e dunque in base all’esistenza di un precedente legame di relazione affettiva con la persona offesa, costituiscono piuttosto una circostanza aggravante per l’attribuzione poi della pena detentiva.
Eppure, è difficile immaginare contesti e relazioni differenti, rispetto a quelli propriamente affettivi, all’interno dei quali individuare quei particolari elementi clinici che pure attraverso il linguaggio giuridico sono stati così semplicemente descritti: in merito al “perdurante e grave stato di ansia o di paura”, al “fondato timore per l’incolumità propria (o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva)”, e dunque al conseguente “cambiamento radicale delle proprie abitudini di vita”. Che poi questi elementi possano addirittura coesistere al di fuori di una relazione affettiva, è ancora più difficile da immaginare.
Tuttavia, non è difficile intuire che la relazione affettiva intercorsa tra autore e vittima, supposta come cessata all’atto delle vessazioni, non obbligatoriamente deve essere stata reale, e può certamente trattarsi anche di una relazione che l’autore ha “immaginato” di aver avuto con la vittima.
E difatti, la letteratura ha mostrato come categorie professionali quali medici e paramedici, psicologi e psichiatri siano maggiormente esposti alle vittimizzazioni da stalking (1-7).
Ancora, sebbene lo stalking sia da intendersi come un comportamento di “sesso neutro” non identificabile con una sola delle identità sessuali, la letteratura è da sempre certamente più prolifica nel descrivere le dinamiche persecutorie a opera di autori di sesso maschile. Eppure, gli studi condotti in centri specializzati al sostegno di vittime di stalking hanno attestato una presenza di autrici donne in percentuale variabile dal 12% al 33% (8-11)2.
Le differenze di genere in merito alla propensione alla violenza sono state invece spiegate in termini psicopatologici evidenziando che, dato per assodato che il comportamento violento è per entrambi i sessi direttamente proporzionale al livello di intimità raggiunto durante il rapporto, nelle donne stalker violente vi è una maggiore frequenza di disturbi della personalità e dell’affettività, mentre tra i maschi prevalgono problemi ossessivi e più propriamente psicotici (12).
È doveroso a questo punto specificare che i comportamenti che sostanziano lo stalking non sono stati fino ad ora inquadrati in una specifica categoria nosografica, infatti: secondo alcuni autori, lo stalking non è una diagnosi bensì semplicemente «un’etichetta comportamentale impiegata a fini descrittivi e giuridici, o nel caso un sintomo comportamentale di una condizione di personalità o di una patologia psichiatrica, che ricadono tra quelle proprie della nosografia vigente» (13); ed inoltre, «quelle che possono essere considerate caratteristiche comuni o quanto meno frequenti dello stalker – trattasi, generalmente, di individuo di sesso maschile che sceglie una vittima di sesso femminile con la quale è altamente probabile l’esistenza di una relazione sentimentale pregressa – non consentono, certamente, di delineare le caratteristiche patognomoniche dello stalker, e soprattutto, le motivazioni psico(pato)logiche del suo comportamento» (14).
A ogni modo, una breve rassegna della letteratura in merito alla presenza di disturbi psichiatrici negli stalker può essere presentata come segue:
– schizofrenia: 44% (15);
– disturbo bipolare: 1,4-6% (10);
– abuso e dipendenza da sostanze: 25-67% (16);
– disturbi di personalità: 19-85% (16,17); (in particolare per quanto riguarda i disturbi di personalità borderline, paranoide e narcisistico).
Vieppiù, la letteratura ha mostrato similarità per ciò che concerne le caratteristiche demografiche e la condizione psichiatrica tra stalker maschi e femmine (18), così come non particolari differenze sono state riscontrate in merito alla durata e intensità delle condotte persecutorie.
Viceversa, è in primo luogo la scelta della vittima ciò che ha consentito di tracciare una linea di differenza.
Tendenzialmente, mentre nella quasi totalità dei casi gli uomini adottano comportamenti persecutori unicamente verso vittime di sesso femminile, con le quali non obbligatoriamente hanno intrattenuto in precedenza un contatto interpersonale (e dunque la vittima può essere indifferentemente la ex-moglie/fidanzata così come una sconosciuta), le donne stalker possono perseguire tanto gli uomini quanto le donne, purché con la vittima abbiano già intrattenuto una precedente conoscenza. Infatti, il 40% delle donne stalker colpisce i professionisti con i quali aveva già avuto un contatto, tra professionisti della salute e della salute mentale, legali e insegnanti (13).
In sostanza, è la motivazione sottostante al comportamento persecutorio che orienta la scelta della vittima da parte della donna stalker, e tale motivazione può essere di natura rivendicativa (nel desiderare la vendetta per un torto subito), passionale (nell’incapacità di accettare la fine di un rapporto sessuale, o nell’investimento ideo-affettivo nell’instaurare una relazione sentimentale con la vittima), o più specificamente sessuale3.
Oltre alle dinamiche motivazionali e comportamentali, altra caratteristica che, secondo la letteratura, segna la differenza tra i due generi sessuali risiede nei risultati procedurali delle denunce di vittimizzazione: spesso gli uomini vittime di stalking non vengono creduti in merito alle loro dichiarazioni e quasi “invidiati” per il fatto di aver ricevuto tante attenzioni (19); e inoltre è stato riscontrato come più frequente un intervento penale nei confronti di molestatore maschio piuttosto che femmina (20). Di fatto, la comunità considera meno “grave” un atteggiamento persecutorio operato da una donna.
INDAGINE SPERIMENTALE
Chiarite le differenze di cui sopra, al fine di valutare l’incidenza del fenomeno negli ambienti sanitari (e dunque la vittimizzazione subita da medici e paramedici, psichiatri e psicologi), le eventuali differenze tra autore donna e autore uomo, e infine la recettività alle strategie di contrasto della recidiva da parte delle categorie analizzate, abbiamo condotto un’indagine epidemiologica presso gli ambienti di cura psichiatrica del pubblico e del privato nel territorio della provincia di Roma.
Per ciò che concerne i centri di sanità pubblica, sono stati scelti i servizi ambulatoriali dei Dipartimenti di Salute Mentale delle ASL4, che seguono i propri utenti per un periodo di tempo prolungato per la necessità di applicazione di piani terapeutici e riabilitativi, determinando quindi un contatto continuativo nell’interazione medico-paziente.
Parallelamente a tale campione, ne è stato individuato un altro in professionisti che svolgono la propria attività nel privato: in poliambulatori privati, studi professionali privati, cliniche private e/o convenzionate, cooperative di servizi in campo psichiatrico e società di consulenza per la cura delle patologie mentali.
Entrambi i campioni sono stati analizzati nelle loro caratteristiche sociodemografiche (età; sesso; anni di servizio; sede di lavoro) e in quelle correlate ai fenomeni persecutori subiti (numero degli episodi; modalità di persecuzione subita; tipologia delle minacce di natura verbale, fisica e psicologica; se era stato necessario variare le proprie condizioni o sede lavorativa per sottrarsi alle persecuzioni; se abbiano risentito di disturbi psichici o fisici derivanti dalle persecuzioni subite; se la condotta di stalking coinvolgeva anche terze persone; se alla condotta persecutoria era seguita azione legale e di che tipo; quali provvedimenti sanitari erano stati effettuati sull’autore). Sono state inoltre analizzate le caratteristiche dei persecutori: età anagrafica all’inizio e alla fine della condotta; sesso; durata della persecuzione; diagnosi secondo i criteri dell’Asse I e II del DSM-IV-TR.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Il campione composto dai professionisti che operano nel settore pubblico è composto da 246 psichiatri (112 M e 134 F).
Gli episodi di stalking riscontrati nel campione sono stati 25 (10,16% del totale): in 13 casi la vittima era una donna (5,28% - età media di 44 anni; 15,6 anni in media come anzianità di servizio), nei rimanenti 12 casi la vittima era un uomo (4,87% - età media di 47 anni; 18 anni in media come anzianità di servizio).
Le modalità di persecuzione subita, in linea con quanto descritto dalla letteratura, sono state: in tutti i casi telefonate ripetute alla segreteria del centro ambulatoriale; in 18 casi su 25 con uguale distribuzione nei due sessi delle vittime con appostamenti nelle vicinanze della sede lavorativa; in soli 3 casi (2 donne e 1 uomo) con appostamenti nelle vicinanze dell’abitazione privata e in soli 2 casi (entrambi uomini) con il ricorso a cyberstalking.
Nessun danno si è registrato a beni di proprietà della vittima, mentre in 4 casi vi sono stati danni a beni e suppellettili dell’ambulatorio causati da crisi di agitazione psicomotoria.
In 5 casi vi sono state aggressioni fisiche (3 verso vittime uomo e 2 verso vittime donne).
In merito ai provvedimenti presi dagli operatori per contrastare le vittimizzazioni, in 4 casi (3 donna e 1 uomo) è stato necessario cambiare sede di lavoro e in 9 casi (5 donne e 4 uomini) è stato necessario l’invio ad altro collega.
Per quanto concerne le caratteristiche socioanagrafiche degli autori che hanno operato condotte di stalking verso questo campione, abbiamo: in 13 casi erano di sesso maschile, con età media di 42 anni, e in 12 casi di sesso femminile, con età media di 38 anni; le condotte di stalking erano rivolte a operatori dell’altro sesso, con durata media di 12 mesi per entrambi i sessi; quanto alla diagnosi psichiatrica, per autori donne a parità di casi si è diagnosticato un disturbo di personalità del cluster B con prevalenza di tratti borderline e psicosi schizofrenica, viceversa per autori uomini la diagnosi è stata in 8 casi di schizofrenia paranoidea, in 3 casi di disturbi della personalità, in 2 casi di disturbi dell’umore ad andamento bipolare in episodio di eccitamento. Azioni legali si sono avute in 5 casi (4 verso autori uomini e 1 verso autore donna), provvedimenti sanitari di ricovero in strutture specialistiche in 7 casi (4 verso autori uomini e 3 verso autore donna).
Il campione composto da professionisti che operano nel settore privato è composto da 233 psichiatri (112 M e 120 F).
Gli episodi di stalking riscontrati nel campione sono stati 45 (19,3% del totale): in 19 casi la vittima era una donna (8,15% - età media di 38,5 anni; 11 anni in media come anzianità di servizio), nei rimanenti 26 casi la vittima era un uomo (11,18% - età media di 45 anni; 15 anni in media come anzianità di servizio).
Le modalità di persecuzione subita, anche in questo caso in linea con quanto descritto dalla letteratura, ma con una maggiore varietà rispetto al campione precedente, sono state: in tutti i casi telefonate/SMS ripetute al telefono dell’operatore; in 38 casi su 45 con uguale distribuzione nei due sessi delle vittime con appostamenti nelle vicinanze della sede lavorativa; in 10 casi (6 donne e 4 uomini) con appostamenti nelle vicinanze dell’abitazione privata; in 11 casi (5 uomini e 6 donne) con il ricorso a cyberstalking.
In 7 casi (4 casi donne e 3 uomini) sono stati registrati danni a beni di proprietà della vittima (automobile, PC, abitazione), e ancora in 4 casi (1 uomo e 3 donne) vi sono stati danni a beni e suppellettili dell’ambulatorio causati da crisi di agitazione psicomotoria.
In 8 casi vi sono state aggressioni fisiche, 3 subite da autore maschio e 5 subite da autore femmina.
In merito ai provvedimenti presi dagli operatori per contrastare le vittimizzazioni, in 7 casi (5 donne e 2 uomini) è stato necessario cambiare sede di lavoro e in 5 casi (3 donne e 2 uomini) è stato necessario l’invio ad altro collega.
Per quanto concerne le caratteristiche socioanagrafiche degli autori che hanno operato condotte di stalking verso questo campione, abbiamo: 19 casi di sesso maschile, con età media di 42 anni, e 26 casi di sesso femminile, con età media di 33 anni; le condotte di stalking erano rivolte a operatori dell’altro sesso, con durata media di 21,54 mesi per le donne e 12,1 mesi per gli uomini; quanto alla diagnosi psichiatrica, in modo simile al precedente campione, per autori-donne in 17 casi si è diagnosticato un disturbo di personalità del cluster B con prevalenza di tratti borderline e in 2 casi una diagnosi di disturbo bipolare dell’umore in fase maniacale; viceversa per autori-uomini la diagnosi è stata in 7 casi di schizofrenia paranoidea, in 11 casi di disturbi della personalità e in 1 caso di disturbi dell’umore ad andamento bipolare in episodio di eccitamento. Azioni legali si sono avute in 13 casi (8 verso autori uomini e 5 verso autore-donna), mentre provvedimenti sanitari di ricovero in strutture specialistiche in 6 casi (3 verso autori-uomini e 3 verso autore-donna).
CONCLUSIONI
In definitiva, dai risultati provenienti dal confronto tra i due campioni, si è evidenziato quanto segue:
• la maggiore familiarità e vicinanza del rapporto che un professionista del settore privato instaura con il proprio paziente è condizione predisponente al verificarsi di comportamenti di persecuzione: 46 casi di vittimizzazione registrati nel campione dei professionisti privati contro 25 casi registrati nel campione di professionisti della sanità pubblica;
• per ciò che concerne la distribuzione del fenomeno dei due sessi, che è come conseguenza di quanto sopra ovviamente maggiore sia per le vittime di sesso maschile (19 casi contro 13) sia per quelle di sesso femminile (26 casi contro 12) nel campione dei professionisti nel privato, si sottolinea come la necessità di maggiore tutela sia necessaria in questo campo, proprio perché i professionisti operano in maggiore indipendenza dalle tutele che i colleghi del settore pubblico possono avere dalle stesse strutture cui afferiscono;
• dai riscontri ottenuti dalla nostra indagine, in conformità con la letteratura, vi è nelle dinamiche delle condotte persecutorie una prevalenza di vittime donne rispetto agli uomini. Esse sono più vulnerabili nel subire agiti di natura aggressiva e violenta, tuttavia il fenomeno delle vittimizzazioni ai danni di uomini non può essere misconosciuto poiché le ricadute psicopatologiche di questo campione sono identiche in termini di gravità rispetto al campione femminile (21), a fronte di una generale superficialità delle possibili ripercussioni delle molestie che essi possono avere;
• dal confronto tra “stalker maschio paziente privato/stalker maschio paziente pubblico” e tra “stalker femmina paziente privato/stalker femmina paziente pubblico”, vi è una differenza statisticamente significativa per ciò che concerne le percentuali relative al sesso femminile nel settore privato rispetto al pubblico, che peraltro avevano una maggiore prevalenza di diagnosi di disturbo di personalità (Figura 1). La maggiore presenza di stalker donne nel campione di professionisti operanti nel settore privato è in controtendenza rispetto ai risultati della letteratura, che vede in generale una maggiore prevalenza di autori maschi, mentre invece conferma altre ricerche sul campo per le quali queste condotte vengono attuate dalle donne più frequentemente verso professionisti con i quali hanno avuto contatti personali (18,22-23);
• dal confronto dell’età media degli autori di entrambi i sessi nei due settori-campione, si è registrata una differenza significativa tra l’età media delle donne stalker nel settore privato rispetto all’età media degli autori-uomini nei due settori di esercizio professionale: le stalker donne nel privato sono più giovani di quelle del settore pubblico;
• inoltre, le stalker donne del settore privato tendono a perseguitare la propria vittima per un periodo di tempo più prolungato rispetto a quelle del gruppo del settore pubblico, e per un tempo maggiore rispetto agli stalker uomini;
• viene confermato quanto già evidenziato dalla letteratura (24,25) in merito alla significatività statistica di diagnosi di disturbi della personalità del cluster B del DSM-IV-TR (in particolare disturbo borderline di personalità) per ciò che concerne le stalker donne, a fronte di un equilibrio maggiore tra diagnosi di psicosi e diagnosi di disturbo di personalità per stalker uomini.
• ancora, dal confronto tra “età della vittima/età dell’autore” operato per entrambi i campioni considerati si è visto che, tanto nel pubblico quanto nel privato, le donne stalker tendono a perseguitare uomini più grandi di loro, mentre uomini stalker tendono a perseguitare, soprattutto nel settore privato, professioniste donne più giovani di loro;
• infine, da una parallela richiesta di informazioni volta a valutare la conoscenza del fenomeno e delle strategie di trattamento/contrasto da parte degli operatori che compongono i nostri campioni, si è appurato che i professionisti della sanità, tanto passibili di condotte di vittimizzazione, sono in realtà poco formati sullo stalking. Si mostra dunque fondamentale e urgente la messa in opera di approcci integrati volti a: strutturare campagne di sensibilizzazione che informino tali professionisti sulle caratteristiche del fenomeno; strutturare adeguate politiche cliniche e amministrative che tutelino adeguatamente questi professionisti nel trattamento di casi particolarmente critici; strutturare percorsi operativi che consentano un assessment multidimensionale del fenomeno e favoriscano il confronto in équipe tra professionisti.



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