Esperienze di switch a cariprazina in pazienti affetti da schizofrenia con risposta parziale

A clinical case series of switching to cariprazine in schizophrenic patients
with partial response to other antipsychotics

CLAUDIO MENCACCI 1 , GIANCARLO CERVERI 2 , CARLOTTA PALAZZO 1 , CAMILLA GESI 1 *,
VIRGINIO SALVI
1
E-mail: gesi.camilla@asst-fbf-sacco.it

1 Dipartimento Salute Mentale Dipendenze e Neuroscienze, ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano
2 Dipartimento Salute Mentale Dipendenze, ASST Lodi

RIASSUNTO. Tra gli antipsicotici cosiddetti “di terza generazione”, dotati di agonismo parziale sui recettori D 2 , cariprazina è in particolare contraddistinta da agonismo parziale D 3 /D 2 con affinità particolarmente elevata per i recettori D 3 , oltre che da un’azione di antagonismo 5HT2B e 5TH2A e agonismo parziale 5TH1A. L’insieme di queste attività recettoriali conferisce a cariprazina un profilo di azione sia sui sintomi positivi sia su quelli negativi, offrendo nuove opportunità di trattamento per disturbi dello spettro schizofrenico. In particolare, cariprazina potrebbe rappresentare una valida alternativa per pazienti che presentano sintomi negativi e cognitivi prominenti e che presentano una risposta sub-ottimale ad altre molecole antipsicotiche. L’obiettivo di questa rassegna è quello di presentare alcuni casi clinici in cui la risposta parziale o sub-ottimale a un precedente trattamento antipsicotico ha suggerito l’opportunità di uno switch a cariprazina, nonché di illustrare le modalità e l’esito dello switch. La discussione dei casi clinici vuole fornire alcune informazioni utili per l’utilizzo di cariprazina nella pratica clinica quotidiana.

PAROLE CHIAVE: cariprazina, agonisti parziali della dopamina, antipsicotici di terza generazione, switch fra antipsicotici, sintomi negativi, sintomi cognitivi.


SUMMARY. Among the so-called “third generation antipsychotics”, whose action is related to D 2 partial agonism, cariprazine is characterized by dopamine D 3 -preferring D 3 /D 2 receptor partial agonism, as well as by 5HT2B and 5TH2A antagonism and 5TH1A partial agonism. This peculiar profile is thought to give cariprazine a significant effect on both positive and negative symptoms, providing clinicians with new treatment options for patients with schizophrenic spectrum disorders. Cariprazine could especially represent a valuable choice for patients with prominent negative and cognitive symptoms who show a sub-optimal response to other antipsychotic molecules. The objective of this clinical series is to present some cases of patients with schizophrenic spectrum disorders switching to cariprazine for partial or sub-optimal response to a previous antipsychotic treatment, as well as to describe switching stategies and outcomes. The discussion of cases aims to provide a valuable information for the use of cariprazine in daily clinical practice.

KEY WORDS: cariprazine, dopamine partial agonist, third generation antipsychotics, antipsychotic switch, negative symptoms, cognitive symptoms.



Cariprazina è un antipsicotico unico e originale che appartiene alla classe degli agonisti parziali o antipsicotici di terza generazione 1 . Lo sviluppo di questa molecola si basa sull’ipotesi che l’elevata affinità in vivo per i recettori D 3 e D 2 potrebbe conferire un’efficacia ad ampio spettro sui sintomi associati alla schizofrenia 2 . In particolare cariprazina presenta un’affinità 10 volte maggiore nei confronti del recettore D 3 rispetto a D 2 3,4 ; le conseguenze cliniche che ne derivano suggeriscono un effetto favorevole sulla dimensione negativa, depressiva e cognitiva 4,5 . L’attività intrinseca di cariprazina sui recettori dopaminergici D 2 è numericamente più bassa rispetto a quella di aripiprazolo (Figura 1), con conseguente maggiore attività antagonista 6 . Cariprazina presenta anche una particolare affinità nei confronti di alcuni recettori serotoninergici (antagonismo 5HT2B e 5TH2A, agonismo parziale 5TH1A) che si traduce in attività pro-cognitiva, antidepressiva e di potenziale riduzione dell’effetto gratificante della cocaina e nel prevenire le ricadute nell’abuso 7 . Il buon profilo di tollerabilità, sia in fase acuta sia nel trattamento a lungo termine 8,9 , unitamente alla lunga emivita funzionale di circa 1 settimana 10 , aiuta a favorire l’aderenza e la continuità terapeutica, una delle principali sfide dell’attuale farmacoterapia della schizofrenia.



La complessità dei disturbi dello spettro schizofrenico comporta la necessità di considerare le diverse possibilità di trattamento in ragione della fase clinica del disturbo, del grado di accettazione del paziente e dei familiari o dei caregiver, mentre il trattamento farmacologico ideale dovrebbe ridurre i sintomi in termini di miglioramento, remissione e potenzialmente di guarigione, ridurre o eliminare le ricadute, migliorando possibilmente le capacità adattative del paziente, recuperando una qualità di vita soddisfacente o almeno prossima a quella della fase premorbosa.
Una problematica importante legata all’uso degli antipsicotici è rappresentata dalla gestione dello switch, cioè del passaggio da un antipsicotico a un altro. Tra le ragioni che possono condurre un clinico a programmare uno switch, l’efficacia sub-ottimale di un trattamento appare abbastanza frequente, visto che per una percentuale significativa di pazienti, circa 30%, il trattamento risulta inefficace 11 . L’obiettivo di questa dissertazione scientifica vuole essere quello di presentare, sulla base della nostra esperienza clinica, alcuni casi di particolare riscontro clinico-terapeutico utilizzando cariprazina, in regime di cross-taper-switch (graduale introduzione di cariprazina a dosi crescenti con graduale riduzione dell’antipsicotico in uso), che appare essere dotata dei requisiti farmacologici necessari per sostituire un antipsicotico con risposta sub-ottimale.
CASO CLINICO 1
Pietro è un uomo di 51 anni in cura presso il Centro di Salute Mentale da circa un anno. Abita con gli anziani genitori, ha sempre vissuto di lavori provvisori ma nell’ultimo anno non è più riuscito a dedicarsi a un impiego.
Pietro è stato seguito da psichiatri privati per più di 20 anni, con diagnosi di disturbo schizofrenico e numerosi cambiamenti di terapia. Il quadro clinico è sempre stato caratterizzato da una florida sintomatologia psicotica, con dispercezioni uditive e deliri di tipo paranoideo alternati a una persistente sintomatologia negativa, che hanno condotto a svariati ricoveri in Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) e brevi inserimenti in strutture riabilitative. Vengono anche descritte oscillazioni timiche inquadrabili come episodi depressivi maggiori in assenza di rilevante sintomatologia psicotica, senza evidenza di episodi contropolari. Scorrendo l’anamnesi farmacologica si evinceva come il paziente avesse sperimentato nel corso degli anni quasi tutte le molecole antipsicotiche sia di prima sia di seconda o di terza generazione (agonisti parziali), questi ultimi ad alti dosaggi e spesso associati ad antidepressivi nel tentativo di contrastare la sintomatologia negativa e gli episodi depressivi.
Un anno fa si è verificato l’ultimo episodio di scompenso psicotico, con floridi deliri persecutori e allucinazioni uditive, che ha condotto a nuovo ricovero in SPDC; in quel periodo il paziente era in terapia con ziprasidone 80 mg/die e litio 600 mg/die . Nel corso del ricovero fu associato aloperidolo al dosaggio di 4 mg/die. Al momento della prima visita presso il Centro di Salute Mentale (CSM), a una settimana dalla conclusione del ricovero, la sintomatologia produttiva appariva decisamente ridotta. Pietro presentava solo residue dispercezioni uditive: voci commentanti prevalentemente nelle ore serali che apparivano come un’eco del pensiero ed erano vissute con scarsa partecipazione emotiva; inoltre la franca ideazione delirante che aveva motivato l’ospedalizzazione aveva lasciato il posto a una sfumata interpretatività. Viceversa erano presenti importante astenia, spunti interpretativi, bassa autostima con senso di incapacità e una forte demoralizzazione secondaria agli effetti collaterali della terapia farmacologica. Durante il colloquio la sua preoccupazione principale non sembravano essere le voci, bensì l’astenia, la riferita sonnolenza diurna e la scarsa capacità di concentrazione. Appariva poco reattivo, con scarsa capacità di modulazione emotivo-affettiva. Riportava di essere prevalentemente ritirato a casa e di non essere più riuscito a fare nemmeno lavori saltuari o frequentare gli incontri della chiesa, dove in passato aveva costituito una rete amicale. Stante l’anamnesi negativa per episodi maniacali e l’assenza di miglioramenti a seguito di introduzione del litio, si decideva di sospenderlo, senza tuttavia alcun effetto sui sintomi negativi.
Con l’obiettivo di ridurre la sintomatologia negativa si decideva quindi di effettuare uno switch dapprima da ziprasidone a lurasidone, quindi a risperidone. Non osservando alcun miglioramento sui sintomi negativi si introduceva cariprazina, aumentando gradualmente il dosaggio a 4,5 mg/die con contemporanea, lenta sospensione di aloperidolo e risperidone. Il passaggio dalla precedente terapia antipsicotica a cariprazina fu compiuto nel corso di un mese.
Dall’introduzione di cariprazina la sintomatologia negativa, in particolar modo l’abulia, il distacco emotivo e la mancanza di concentrazione, è gradualmente migliorata fino a permettere al paziente di frequentare un corso professionalizzante e ricominciare a partecipare alle attività della chiesa. La sintomatologia positiva non è peggiorata e rimane confinata a sporadici episodi nelle ore serali in cui il paziente avverte un “vociare” indistinto prima di addormentarsi con l’aiuto di una benzodiazepina.
Considerazioni
I sintomi negativi sono un’evenienza estremamente frequente nella schizofrenia, essendo riscontrabili in una percentuale superiore al 50% dei pazienti 12 Anche la depressione complica frequentemente il decorso delle psicosi schizofreniche, con dati di prevalenza superiori al 25%. Il controllo della sintomatologia negativa e dei sintomi depressivi rappresenta un traguardo ancora da raggiungere nella terapia della schizofrenia. L’efficacia delle terapie antidepressive appare infatti controversa 13 , pertanto l’utilizzo di nuovi antipsicotici in grado di profilare la sintomatologia negativa e la deflessione timica rimane la strategia farmacologica principale.
I risultati clinici ottenuti in questo case-report sono supportati anche dall’evidenza che cariprazina è, a oggi, l’unico antipsicotico che ha dimostrato, in uno studio randomizzato verso risperidone 14 , di essere efficace nel trattamento dei sintomi negativi, che determinano se un paziente potrà condurre una vita indipendente, mantenere relazioni sociali stabili, essere integrato dai punti di vista sociale e lavorativo.
CASO CLINICO 2
Esmeralda è una donna di 49 anni, originaria del Guatemala. Da quasi 20 anni vive in Italia, dove si è trasferita per raggiungere la sorella di sette anni più grande, all’indomani della morte di entrambi i genitori. Il padre, imprenditore di successo, ha sempre garantito alla famiglia un buon tenore di vita; Esmeralda ha frequentato scuole private, con buon profitto. Ha conseguito il diploma di scuola superiore e ha frequentato la facoltà di lingue per tre anni, sostenendo diversi esami prima di rinunciare definitivamente agli studi all’età di 26 anni. Esmeralda non lavora né ha mai lavorato; vive da sola grazie al denaro ereditato dai genitori. Non fuma, non ha mai fatto uso di droghe. L’esordio psicopatologico viene fatto risalire alla terza decade di vita, quando, dopo un periodo di ritiro sociale e di chiusura nei rapporti interpersonali, Esmeralda inizia a mostrare una franca sintomatologia psicotica, con deliri persecutori, dispercezioni uditive a contenuto denigratorio, bizzarrie comportamentali. Negli anni trascorsi in Guatemala, Esmeralda riceve diversi trattamenti psicofarmacologici di cui non è possibile ricostruire la traccia. Sicuramente viene dapprima trattata ambulatorialmente, poi ripetutamente ricoverata in alcune strutture psichiatriche e riaffidata a curanti privati. Dopo la morte dei genitori, a 30 anni, rimasta ormai priva di qualsiasi relazione significativa in Guatemala, decide di ricongiungersi alla sorella maggiore, trasferitasi in Italia anni prima per lavoro. La prima terapia documentabile dopo l’arrivo in Italia include aloperidolo e diazepam, oltre a un ipnoinduttore alla sera. Dopo un breve periodo di cura con uno specialista privato, Esmeralda sospende la terapia: nel giro di poche settimane ha una fase di significativo scompenso clinico, per cui entra in contatto con il servizio psichiatrico e viene sottoposta al primo di una lunga serie di ricoveri, susseguitisi nell’arco di circa due anni, finché il quadro appare sostanzialmente stabilizzato con un trattamento a base di risperidone 6 mg/die e diazepam. Per alcuni anni la sintomatologia appare sotto buon controllo, almeno nella sua componente positiva, mentre Esmeralda, dal canto suo, lamenta sempre più una qualità di vita insufficiente: si sente bloccata dal farmaco, confusa, vorrebbe riuscire a leggere e riprendere a studiare le lingue, ma le capacità di attenzione e concentrazione sono compromesse. Occasionalmente, alcune salienze ansiose con insonnia e spunti persecutori comportano incrementi nei dosaggi dei farmaci, con ulteriori effetti avversi di tipo sedativo.
Quasi incidentalmente nel corso di un colloquio di routine, Esmeralda si dice convinta di aver raggiunto, a 48 anni appena compiuti, la menopausa, dal momento che è amenorroica da diversi mesi. Le indagini di laboratorio, tempestivamente prescritte, mostrano al contrario un livello sierico di prolattina pari a 172 ng/ml. Esmeralda si mostra molto spaventata da questa occorrenza: sviluppa rapidamente ansia, insonnia marcata e si convince di aver assunto troppi farmaci e non vuole più proseguire alcuna terapia. Dopo lunga contrattazione, e grazie anche all’intercessione della sorella, accetta lo switch a 20 mg di olanzapina. Al fine di ridurre i rischi di una riattivazione della sintomatologia psicotica legata al passaggio brusco da un farmaco a elevata potenza come risperidone a un altro con affinità minore nei confronti dei recettori D 2 , viene consigliato di dimezzare i dosaggi di risperidone dopo 7 giorni e sospendere tale trattamento dopo 14 giorni dall’inizio di olanzapina. Il nuovo farmaco viene inizialmente ben tollerato e comporta, fra l’altro, un buon controllo dell’insonnia e dello stato di attivazione, oltre al ripristino di un regolare ciclo mestruale. Tuttavia il farmaco non risulta in grado di migliorare alcuni sintomi negativi che permangono. Nel giro di poche settimane Esmeralda mostra un aumento significativo dell’appetito e un incremento ponderale di quasi dieci chilogrammi. Sempre più risentita per l’aumento di peso e per la parziale inefficacia sul versante negativo, Esmeralda chiede dapprima di sospendere la cura, poi di cambiare farmaco. Ancora dopo lunga discussione con Esmeralda, si decide di inserire cariprazina, con titolazione crociata: viene proposta una lenta titolazione di cariprazina fino a 4,5 mg/die, mentre si dispone la progressiva riduzione del dosaggio di olanzapina, in un arco temporale di tre settimane. Dopo tre giorni, nel corso del week-end, Esmeralda sviluppa un forte stato di agitazione, con insonnia totale, confusione, acatisia, ideazione autolesiva. La sorella, spaventata, conduce Esmeralda al Pronto Soccorso. Dal colloquio con la sorella è possibile ricostruire che Esmeralda, impaziente di interrompere l’aumento ponderale a cui sta andando incontro, ha repentinamente sospeso olanzapina sostituendola con cariprazina al dosaggio di 4,5 mg/die. Esmeralda viene ricoverata nel reparto psichiatrico. Viene reimpostata la progressiva titolazione di cariprazina fino a 4,5 mg/die. In associazione, vengono prescritti biperidene 4 mg/die e lorazepam 6 mg/die, oltre a un antistaminico con funzione ipnoinducente.
Dopo pochi giorni lo stato di attivazione e l’acatisia migliorano sensibilmente, il sonno notturno appare ripristinato e non si manifestano sintomi positivi. Il livello di prolattina è ritornato entro valori normali. Alla dimissione, dopo due settimane, Esmeralda riprende i controlli ambulatoriali: il biperidene viene lentamente, progressivamente scalato, così come il lorazepam. A distanza di circa tre mesi dall’introduzione di cariprazina il quadro clinico appare ben compensato nella sua componente positiva, la concentrazione è soggettivamente migliorata e il peso è in progressivo calo.
Considerazioni
Gli antipsicotici cosiddetti “di terza generazione” segnano, fra le altre cose, un significativo cambio di direzione in termini di tollerabilità della terapia antipsicotica, soprattutto per quel che riguarda il versante metabolico. Sebbene molecole diverse mostrino profili di attività recettoriale differente, questi farmaci condividono per lo più ridotti effetti di tipo sedativo ed endocrino e un impatto teoricamente nullo su appetito e peso 15 . Nello specifico cariprazina, in virtù della sua altissima affinità per i recettori D 3 , si candida a essere uno degli antipsicotici in grado di migliorare i sintomi negativi e la dimensione cognitiva nei pazienti con schizofrenia, ferma restando un’elevata affinità per i recettori D 2 , sui quali esercita un’azione di agonismo parziale con dimostrata efficacia sui sintomi positivi 16 . L’avvento di questa terza generazione di antipsicotici, piuttosto che soppiantare le generazioni precedenti, permette un ampliamento delle possibilità terapeutiche, offrendo una gamma più ampia di scelta e di combinazione fra i vari effetti recettoriali degli antipsicotici, che rende sempre più possibile un trattamento diversificato da paziente a paziente ma anche maggiormente rispondente alle necessità cliniche di uno stesso paziente in momenti diversi della malattia. Per esempio, l’assenza di attività sui recettori colinergici, che da una parte sottrae un potenziale effetto negativo sulla sfera cognitiva, dall’altra aumenta il rischio di eventi avversi extrapiramidali.
Esmeralda presentava una buona aderenza al trattamento, pur mostrando una parziale consapevolezza riguardo alla necessità di una terapia di mantenimento continuativa. Questo aveva messo più volte in crisi la sua disponibilità a seguire le indicazioni terapeutiche, soprattutto allorché gli effetti collaterali diventavano più evidenti. A seguito del riscontro di un livello elevato di prolattina, Esmeralda aveva richiesto la sospensione del farmaco, sviluppando uno stato di arousal importante e potenzialmente rischioso. In quel contesto, olanzapina era apparsa una buona opzione per provare a ridurre i livelli di prolattina mantenendo un’adeguata azione antipsicotica, e sfruttando al contempo l’effetto sedativo e calmante del farmaco, che altrimenti si sarebbe dovuto ricercare mediante l’associazione con altri farmaci, con la possibilità molto concreta di minare la disponibilità della paziente a seguire il trattamento. A seguito dell’importante aumento ponderale, tuttavia, olanzapina non appariva più in grado di rispondere al meglio alle esigenze di Esmeralda, sia in termini clinici sia di aderenza alla terapia. In questa circostanza, la sostituzione con cariprazina era sembrata una buona opportunità, purché realizzata mediante titolazione incrociata con olanzapina, al fine di minimizzare gli effetti da riduzione repentina dell’effetto anticolinergico e di quello antistaminico.
La sospensione brusca di olanzapina e la rapida titolazione di cariprazina hanno verosimilmente realizzato un rebound colinergico e istaminergico responsabili del quadro di confusione, acatisia e agitazione presentato da Esmeralda, ponendo l’attenzione sulla necessità di valutare non solo l’appropriatezza di una molecola antipsicotica per quel singolo paziente in quel determinato momento di malattia, ma anche personalizzando le modalità di ingresso in terapia sulla base dei trattamenti in essere al momento in cui si manifesta l’opportunità di uno switch.

Conflitto di interessi : gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.
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