La gestione del trattamento a lungo termine del paziente con schizofrenia: risultati di una survey effettuata in Italia


The management of long-term treatment of patient with schizophrenia:  results of a survey carried out in Italy


ANTONELLO BELLOMO1, GIUSEPPE MAGNIFICO1, GIULIO CORRIVETTI2, STEFANO BARLATI3,4, ANDREA FIORILLO5, GIUSEPPE MAINA6, GIUSEPPE NICOLÒ7, GAIA SAMPOGNA5,  FRANCO VELTRO8, ANTONIO VITA3,4

E-mail: a.bellomo@unifg.it


1Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Foggia

2Dipartimento di Salute Mentale, ASL Salerno

3Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze, ASST-Spedali Civili di Brescia

4Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali, Università di Brescia

5Dipartimento di Psichiatria, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli

6Dipartimento di Neuroscienze “R. Levi Montalcini”, Polo didattico San Luigi Gonzaga, Università di Torino

7Dipartimento di Salute Mentale, ASL Roma 5

8Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze, Azienda Sanitaria Regione Molise, Campobasso


RIASSUNTO. La gestione del paziente con schizofrenia richiede un approccio multidimensionale e integrato tra interventi farmacologici, psicologici e psicosociali. Tra i farmaci antipsicotici, le formulazioni long-acting (long-acting injectable antipsychotics - LAI) si sono dimostrate particolarmente efficaci per la gestione dei pazienti con episodi ricorrenti di malattia e/o con manifestazioni correlate alla parziale o totale non aderenza alla farmacoterapia, così come nel trattamento dei pazienti al primo episodio di malattia. Ciononostante, vi sono numerosi ostacoli nella prescrizione dei LAI nella pratica clinica. Pertanto, l’obiettivo del presente studio è di indagare, nel panorama clinico attuale, l’attitudine degli psichiatri nei confronti dei LAI e di identificare le più frequenti strategie comunicative e prescrittive utilizzate nella pratica clinica. Il campione finale è costituito da 274 partecipanti, reclutati tramite interviste telefoniche (n=257) e online (n=17). I risultati ottenuti hanno dimostrato che: l’utilizzo di interventi psicoeducativi mirati è diffuso nella pratica clinica soprattutto per migliorare l’aderenza al trattamento, il funzionamento sociale e il benessere generale; il coinvolgimento dei familiari/caregiver consente di migliorare l’outcome sull’aderenza al trattamento; gli antipsicotici LAI di seconda generazione sono preferiti rispetto ai depot di prima generazione per via di una comparabile efficacia clinica a fronte di un profilo migliore di tollerabilità cardiovascolare, neurologica, metabolica e generale. L’efficacia dei LAI nella prevenzione delle ricadute viene riconosciuta sia negli esordi di malattia sia nei disturbi cronicizzati. Il target migliore a cui proporre un trattamento LAI è rappresentato da pazienti con scarsa aderenza al trattamento orale, per mancata compliance o per ridotta tollerabilità.


Parole chiave: schizofrenia, trattamenti farmacologici, antipsicotici, psicoeducazione, modello condiviso.


SUMMARY. The management plan of patients with schizophrenia includes a multidimensional and integrated approach, consisting of pharmacological, psychological and psychosocial interventions. Among pharmacological approaches, the development of long-acting injectable antipsychotics (LAI) has radically changed the treatment plan of patients with schizophrenia. LAI can be successfully used in patients with multiple episodes, with partial or poor adherence to treatments and are very useful also in first episode patients. LAIs have been proven to be effective and with a good safety and tolerability profile, but they are still used in a few cases in the clinical routine practice. Therefore, the present study aims to evaluate attitudes and preferences of psychiatrists in the Italian routine care towards LAI and to identify the communication skills adopted in the routine care for the prescription of LAI. The final sample consists of 274 clinicians, recruited by phone call (n=257) and online (n=17). The main findings are: the psychoeducational approach is essential for improving patients’ adherence to pharmacological treatments and their personal and social functioning; the involvement of family members is essential for improving adherence to treatments; LAIs are frequently used due to their efficacy and good tolerability profile, compared to first generation depot antipsychotics. Based on our findings, the ideal patient to be switched to LAI treatment is represented by a person with poor adherence to treatments, at the onset of the disorder, or with a poor tolerability to side effects.


KEY WORDS: schizophrenia, pharmacological treatments, antipsychotics, psychoeducation, shared-decision making.

INTRODUZIONE

La schizofrenia rappresenta un disturbo mentale grave, con un tasso di prevalenza life-time dell’1% nella popolazione generale, a cui si associa un deterioramento clinico e sociale1, soprattutto se non si attuano interventi tempestivi, di provata efficacia e/o di assistenza in servizi orientati alla recovery. Tra le numerose teorie sullo sviluppo patogenetico2-6, la più diffusa e accettata coinvolge una disfunzione dopaminergica7 con possibile interessamento anche delle sinapsi glutammatergiche8-10. Sulla base di tale ipotesi, la ricerca farmacologica per il trattamento dei pazienti con schizofrenia si è indirizzata, nel corso degli anni, soprattutto verso la sintesi di farmaci bloccanti il recettore dopaminergico D211, i cosiddetti “farmaci antipsicotici”, distinti in farmaci di prima e seconda generazione12. Gli antipsicotici di seconda generazione sono stati progressivamente sempre più utilizzati sia per il migliore controllo dei sintomi positivi, rispetto a quelli di prima generazione, sia per un maggiore controllo dei sintomi negativi, oltre che per una minore frequenza di effetti collaterali neurologici importanti, quali effetti extrapiramidali acuti e discinesie tardive13-19. Il loro impiego è oggi uno strumento chiave sia per il trattamento degli episodi acuti sia per la prevenzione delle ricadute e della cronicizzazione del quadro clinico.

Gli antipsicotici iniettabili a rilascio prolungato sono un’alternativa al classico trattamento orale, intramuscolare o endovenoso e sono stati introdotti già negli anni Sessanta del secolo scorso, con l’immissione in commercio di flufenazina e aloperidolo decanoato20. In origine, l’impiego di tali formulazioni era rivolto prevalentemente ai pazienti che mostravano scarsa aderenza alla terapia orale11,21,22.

Con il passare degli anni e l’introduzione dei primi antipsicotici long-acting (long-acting injectable antipsychotics - LAI) di seconda generazione23, sono stati introdotti, a disposizione del clinico, strumenti sempre più sofisticati dal punto di vista farmacodinamico e farmacocinetico ed efficaci sul piano clinico24-26 con un’ampia rosa di alternative possibili, ciascuna con la propria specificità: risperidone microsfere, olanzapina pamoato, paliperidone palmitato e aripiprazolo LAI27.

Alcune linee-guida internazionali hanno sottolineato i vantaggi dell’impiego dei nuovi antipsicotici LAI nel trattamento dei pazienti con schizofrenia. In particolare, gli antipsicotici in formulazione LAI sembrano essere particolarmente indicati nei pazienti che presentano episodi ricorrenti e/o con manifestazioni correlate alla parziale o totale non aderenza alla farmacoterapia28-30. Inoltre, negli ultimi anni sono aumentate le raccomandazioni all’uso delle formulazioni LAI anche nei pazienti al primo episodio di malattia, modificando in maniera sostanziale la strategia di presa in carico dei pazienti all’esordio psicotico31,32.

Permangono tuttavia ancora diversi ostacoli nella prescrizione dei LAI, sebbene efficacia, sicurezza e tollerabilità siano state ampiamente dimostrate33. In Europa, infatti, solo il 40% dei clinici utilizzerebbe i LAI nei pazienti all’esordio psicotico34, mentre negli Stati Uniti solo il 15-28% dei pazienti con schizofrenia riceve un trattamento long-acting35,36. Tra i principali ostacoli a un utilizzo più esteso dei LAI ci sono: il timore dei pazienti per le iniezioni e per gli effetti collaterali; la percezione che la somministrazione mensile possa avere un significato punitivo; esperienze negative personali degli stessi clinici o di altri familiari37-39.

L’obiettivo del presente studio è quello di indagare, nel panorama clinico attuale, l’attitudine di psichiatri e neuro-psichiatri nei confronti di questa categoria di farmaci, allo scopo di verificare quali siano le strategie comunicative e prescrittive più di frequente adottate e quali siano gli utilizzi dei suddetti presidi terapeutici nella pratica clinica.

MATERIALI E METODI

L’indagine è stata rivolta a psichiatri e neuropsichiatri italiani che hanno aderito volontariamente alla proposta della survey. I soggetti sono stati arruolati durante il secondo semestre del 2019 tramite interviste telefoniche. Il questionario proposto è costituito da domande a risposta multipla concernenti l’attività clinica e le credenze teoriche degli intervistati in merito al tema discusso e che ha analizzato dapprima le tendenze nell’approccio generico al paziente con disturbi mentali, spostandosi poi a indagare maggiormente l’utilizzo delle terapie LAI nella schizofrenia.

RISULTATI

Hanno risposto 257 psichiatri alle interviste telefoniche e 17 online per un totale di 274 partecipanti, con una distribuzione sostanzialmente omogenea per età, genere, sede di lavoro (con prevalenza di Dirigenti di primo livello, pari al 58%).

Nel primo gruppo di domande era stato richiesto agli intervistati in che misura si avvalessero di interventi psicoeducativi nel contesto della propria attività clinica. A tale proposito, l’87% degli psichiatri ha risposto di aver effettuato interventi psicoeducativi secondo diverse modalità, confermando l’importanza di tale strumento nello svolgimento dell’abituale pratica clinica. La tipologia di interventi preferita è rivolta direttamente al paziente in assenza dei familiari (37%), con sedute individuali o di gruppo. In poco più di un terzo dei casi l’intervento è stato effettuato coinvolgendo i familiari del paziente (o più raramente senza il paziente) (Figura 1).




Gli interventi psicoeducativi proposti di routine nei luoghi di lavoro dei soggetti intervistati sono stati rivolti a una popolazione di pazienti con disturbi mentali senza grosse distinzioni tra le diagnosi principali. Disturbi psicotici cronici (schizofrenia, disturbo schizoaffettivo=23%), disturbi dell’umore (disturbo bipolare=19%, disturbi depressivi=18%), d’ansia (17%) e di personalità (15%) sono stati omogeneamente rappresentati, con una più bassa percentuale costituita da pazienti con diagnosi di disturbi alimentari (6%) (Figura 2).




Nell’esperienza dei soggetti intervistati, la maggiore efficacia degli interventi psicoeducativi è stata descritta soprattutto nell’ambito dell’aderenza ai trattamenti, del funzionamento sociale e del benessere generale, mentre appare meno soddisfacente l’outcome relativo allo stress management (Figura 3).




Proponendo di immaginare un setting simile a una visita svolta dallo psichiatra, con un paziente affetto da schizofrenia, è stato richiesto quali siano le strategie maggiormente utilizzate nel percorso che porta alla scelta e alla prescrizione di un farmaco long-acting. Gran parte degli intervistati ritiene sia importante affrontare il significato della diagnosi clinica di schizofrenia e sottolineare le caratteristiche dei sintomi positivi e negativi, depressivi e cognitivi, e dei comportamenti auto- ed etero-aggressivi che possono manifestarsi durante il corso della malattia. Questo aspetto psicoeducativo va poi affiancato alla spiegazione dell’importanza dell’intervento terapeutico farmacologico sui singoli domini psicopatologici e alla sua efficacia nel prevenire riesacerbazioni acute, senza tralasciare quali possano essere le eventuali collateralità e come gestirle in caso si presentino. Non va trascurata la discussione sugli interventi riabilitativi non farmacologici, che oggi rivestono un ruolo sempre maggiore nella gestione a lungo termine del paziente schizofrenico (Figura 4).




Nella pratica clinica di routine, il 90% degli intervistati afferma di discutere dettagliatamente le opzioni terapeutiche disponibili, vantaggi e svantaggi nella scelta di un farmaco rispetto a un altro e quali effetti aspettarsi dall’assunzione dello stesso, illustrando con precisione benefici ed eventuali collateralità. Il colloquio clinico individuale resta la modalità principale di comunicazione (61%), tuttavia gli specialisti si avvalgono anche di materiale informativo e di specifici interventi motivazionali che esulano dal colloquio di routine, laddove necessario. In questo passaggio i familiari e i caregiver vengono coinvolti nel discutere e concordare la scelta del farmaco più adatto per controllare la sintomatologia del paziente e migliorare l’outcome.

Tali incontri sono prevalentemente effettuati nella maggior parte dei contesti lavorativi presi in esame. Infatti, oltre il 76% degli intervistati riferisce di svolgere interventi psicoeducativi che coinvolgano i caregiver e i familiari, con particolare riferimento alla gestione della terapia farmacologica. Va precisato che però tali interventi non rappresentano la principale modalità comunicativa in tal senso, poiché la maggior parte predilige, come sopra descritto, il rapporto individuale.

Quando interrogati sulla frequenza dell’uso dei LAI in percentuale rispetto alla totalità dei pazienti in terapia antipsicotica, si registra un sostanziale equilibrio tra chi ne limita l’impiego a circa il 10-30% del totale e chi la utilizza nel 40-60% dei casi. Solo una minima percentuale (3%) di specialisti somministra LAI in oltre il 60% dei pazienti in trattamento antipsicotico.

Analizzando nello specifico le singole molecole, è stata indagata quale fosse l’attitudine dello specialista nei confronti di ciascuna delle terapie a rilascio prolungato, includendo anche i neurolettici depot quali aloperidolo decanoato, flufenazina decanoato e zuclopentixolo decanoato accanto agli atipici risperidone, olanzapina, aripiprazolo e paliperidone a 1 e 3 mesi (Figura 5).

Ciò che emerge è una generale scarsa attitudine a utilizzare gli antipsicotici depot di prima generazione, in particolare flufenazina e zuclopentixolo. Nello specifico, i fattori che influenzano maggiormente l’opinione degli specialisti sono legati al rischio di encefalopatia porto-sistemica, molto frequente anche a dosaggi ridotti, e, in generale, al rischio di effetti collaterali neurologici e cardiometabolici a breve, medio e lungo termine. È stato evidenziato anche il fattore relativo al rifiuto da parte di questi ultimi, sulla base di una differenza non significativa di efficacia tra terapia orale e intramuscolare (Figura 6).




Per quanto riguarda gli antipsicotici di seconda generazione, i riscontri maggiori sono nei confronti di paliperidone, in entrambe le formulazioni mensile e trimestrale, e aripiprazolo a rilascio prolungato. Le principali resistenze alla prescrizione di farmaci LAI di seconda generazione sono di fatto sovrapponibili a quelle descritte per i depot, pur con un carico relativamente minore di collateralità e una buona efficacia clinica rispetto alla formulazione orale. Appaiono significativamente non rilevanti altri fattori, quali la riduzione dei contatti con il servizio, la gestione clinica e pratica di uno switch da terapia orale a LAI e la conoscenza pratica dello stesso, tenuto conto che questi farmaci sono in commercio da diversi anni o addirittura decenni nel caso dei farmaci di prima generazione (Figura 7).




La scelta della formulazione a rilascio prolungato viene indirizzata soprattutto dai seguenti fattori: maggiore efficacia rispetto alla formulazione orale, concentrazioni plasmatiche più stabili, maggiore collaborazione nei pazienti che esprimono la loro preferenza per la formulazione a rilascio prolungato e infine garanzia di trattamento nei pazienti oppositivi o in coloro che sono scarsamente aderenti per dimenticanza o resistenze, con conseguente maggiore compliance al trattamento (Figura 8).




È interessante sottolineare come gli specialisti concordino sull’efficacia del LAI sia nei pazienti con malattia di recente insorgenza, sia con pazienti cronici con lunga storia di malattia e in generale nella riduzione globale del tasso di recidive.

Questo particolare aspetto è stato ulteriormente indagato per individuare quale può essere, secondo l’esperienza clinica degli intervistati, il paziente che può giovare maggiormente di questo peculiare intervento farmacologico. Come prevedibile, in base a quanto sopra descritto, le risposte raccolte evidenziano che il target di pazienti verso cui la somministrazione del LAI appare più indicata è rappresentata dai pazienti che rispondono in modo non soddisfacente alle terapie orali, per scarsa aderenza o per mancato controllo della sintomatologia, per il quale non ci sono alternative disponibili (Figure 9 e 10).




Tali indicazioni si sovrappongono a quanto avviene nella pratica clinica, con un’eccezione meritevole di approfondimento. In merito ai pazienti che fanno uso di sostanze, infatti, emerge una disparità tra parere teorico e pratica clinica: pur essendoci una maggioranza di pareri favorevoli alla somministrazione di LAI in questa specifica categoria di pazienti, la pratica clinica smentisce tale tendenza, come mostrato nella Figura 11.




Uno stile di prescrizione meramente informativo, incentrato sul fornire le opzioni terapeutiche disponibili e lasciare al solo paziente la responsabilità della scelta, è stato condiviso appena dal 27% degli intervistati. Percentuali ancora minori sono riservate alla scelta di uno stile più paternalistico, in cui la decisione risulta imposta dal medico al paziente, il quale viene successivamente informato di quale farmaco è stato scelto per lui. Per quanto descritto finora, entrambi questi stili non sono preferibili a un processo di condivisione approfondita, sia per quanto riguarda la prescrizione dei LAI sia in generale per qualsiasi prescrizione (Figura 12).




DISCUSSIONE

La presente survey ha indicato che le strategie messe in atto più frequentemente dagli psichiatri intervistati durante il colloquio con i propri utenti e ritenute più efficaci da un punto di vista comunicativo sono state quelle psicoeducative, con la conseguente necessità di dedicare il tempo necessario per discutere le opzioni terapeutiche disponibili, illustrando i diversi farmaci a disposizione e spiegando perché una formulazione a lento rilascio possa essere preferibile a una orale.

I risultati ottenuti, infatti, confermano l’importanza della psicoeducazione, individuale e familiare, e il suo ruolo centrale nel determinare un’alleanza terapeutica con il paziente con schizofrenia evidenziata già ormai da diversi anni40,41. Gli ambiti in cui l’intervento psicoeducativo può essere più efficace sono descritti ampiamente in letteratura e in diverse linee guida28,42,43.

Nell’esperienza dei soggetti intervistati, la maggiore efficacia degli interventi psicoeducativi è stata descritta soprattutto nell’ambito dell’aderenza ai trattamenti, del funzionamento sociale e del benessere generale, mentre appare meno soddisfacente l’outcome sullo stress management44. Questo risultato è parzialmente in linea con altri riscontri forniti dalla letteratura, che hanno dimostrato che tali interventi risultano efficaci nel miglioramento dell’aderenza ai trattamenti farmacologici, riduzione delle ricadute, maggiore consapevolezza e conoscenza della propria diagnosi e dei sintomi a essa correlata45-49. Tali benefici possono coinvolgere anche i familiari e i caregiver, con ulteriore miglioramento negli aspetti sopra citati50. Condividere la scelta di una terapia LAI con il paziente e i suoi caregiver è un processo fondamentale per garantire l’aderenza al trattamento, e in ultima analisi l’efficacia dello stesso51. Il problema della non aderenza al trattamento farmacologico a lungo termine rappresenta un fattore molto rilevante nell’assistenza ai pazienti con schizofrenia. Infatti, è stato ampiamente documentato che la scarsa compliance alle terapie prescritte si associa a un rischio maggiore di ricadute e ri-ospedalizzazioni, con un ritorno a un livello di funzionamento sociale e personale più scadente dopo ciascuna ricaduta. Pertanto, l’utilizzo dei LAI di seconda generazione rappresenta una valida strategia per quei pazienti che mostrano scarsa aderenza alla terapia proprio nelle fasi iniziali di malattia52,53.

I risultati ottenuti sono in accordo con alcuni studi che hanno dimostrato come la risposta al farmaco, indipendentemente dalla categoria e meccanismo d’azione, e la soddisfazione soggettiva del paziente siano direttamente correlate con un coinvolgimento diretto e completo del paziente nel processo di decision-making51,54.

Al paziente vanno concessi maggiore spazio e tempo per chiedere più informazioni possibili riguardo al farmaco proposto, agli effetti benefici che possono essere attesi e a quelli collaterali di cui è necessario effettuare attento monitoraggio. La condivisione di tali informazioni con un familiare consente di avere un maggiore supporto nella scelta terapeutica, poiché non è raro che resistenze al trattamento da parte del paziente siano secondarie a un atteggiamento scarsamente collaborativo da parte di un caregiver.

Un altro dato emerso dalla presente intervista è stato che la maggior parte degli psichiatri (60%) preferisce uno stile comunicativo basato sulla condivisione delle informazioni, sia per quanto riguarda la prescrizione dei LAI sia in generale per qualsiasi prescrizione. Uno stile di prescrizione meramente informativo, incentrato sul fornire le opzioni terapeutiche disponibili e lasciare al solo paziente la responsabilità della scelta è stato riportato appena dal 27% degli intervistati, mentre percentuali ancora minori sono riservate a uno stile più paternalistico, in cui la decisione risulta imposta dal medico al paziente, il quale viene successivamente informato di quale farmaco è stato scelto per lui.

Questa indagine ha dimostrato che la scelta della formulazione a rilascio prolungato da parte dei sanitari è motivata  dai seguenti fattori: la maggiore efficacia rispetto alla formulazione orale, la maggiore stabilità delle concentrazioni plasmatiche, la maggiore collaborazione da parte dei pazienti che esprimono la loro preferenza per la formulazione a rilascio prolungato, e infine le maggiori garanzie di trattamento per i pazienti oppositivi o per coloro che sono scarsamente aderenti per dimenticanza o resistenze, con conseguente maggiore compliance al trattamento.

Tali indicazioni sono coerenti con alcuni studi che indicano come la preferenza dei LAI di seconda generazione rispetto a quelli di prima generazione sia legata a un rapporto più favorevole tra efficacia clinica e tollerabilità dal punto di vista cardio-metabolico e neurologico55,56.

La scelta dei nuovi antipsicotici LAI costituisce una strategia da preferire nel trattamento dei pazienti con schizofrenia, soprattutto nei casi con un maggior rischio di recidive. Il trattamento con farmaci LAI si associa a una riduzione significativa del tasso di riospedalizzazione, anche nel caso di pazienti con doppia diagnosi57.

Persistono, tuttavia, ancora diversi ostacoli nella prescrizione dei LAI, soprattutto in fase di esordio34, quali: il timore dei pazienti per le iniezioni e per gli effetti collaterali; la percezione che la somministrazione mensile possa avere un significato punitivo; esperienze negative personali, degli stessi clinici o di altri familiari37,38.

A proposito dell’utilizzo dei LAI sin dagli esordi, nello studio controllato e randomizzato PRELAPSE58, che ha incluso il primo episodio e i pazienti nella prima fase della schizofrenia assegnati a ricevere LAI o trattamento tradizionale, i medici frequentano un corso di formazione sull’importanza dell’uso di farmaci LAI, sul ruolo del processo decisionale condiviso e sulle strategie di comunicazione per migliorare l’aderenza dei pazienti al trattamento farmacologico. Al termine della fase di reclutamento preliminare, gli autori hanno dimostrato che il 91% dei pazienti inclusi avrebbe accettato LAI nella fase iniziale della malattia, se questa scelta terapeutica fosse stata proposta con una scelta condivisa e supportata58.

È interessante sottolineare come gli specialisti che hanno aderito a questa survey concordino sull’efficacia del LAI sia nei pazienti con malattia di recente insorgenza sia con pazienti cronici con lunga storia di malattia e in generale nella riduzione globale del tasso di recidive.

È emerso, inoltre, che il target di pazienti verso cui la somministrazione del LAI appare più indicata è rappresentato dai pazienti che rispondono in modo non soddisfacente alle terapie orali, per scarsa aderenza o per mancato controllo della sintomatologia, per il quale non ci sono alternative disponibili.

L’aderenza al trattamento, infatti, è spesso deficitaria in soggetti che soffrono di patologie psichiatriche e in particolare nei pazienti con schizofrenia59,60. Numerosi studi stimano una percentuale di oltre il 50% di pazienti con schizofrenia che mostrano una ridotta o mancata aderenza al trattamento farmacologico11,21. Dal momento che questo è strettamente correlato al tasso di ricadute, riospedalizzazioni e visite ambulatoriali32,61-63, l’utilizzo di un intervento farmacologico che aumenti l’aderenza ai trattamenti, come gli antipsicotici LAI, è fortemente raccomandato. Il tipo di paziente che può beneficiare maggiormente di tale intervento, infatti, rimane in particolare il paziente con scarsa aderenza alla terapia farmacologica orale64.

Tale raccomandazione trova riscontro nella pratica clinica, secondo quanto descritto nella presente survey, in quanto tra i principali fattori che inducono gli psichiatri alla prescrizione di tale tipologia di farmaci c’è senz’altro l’aumento dell’aderenza e della collaborazione del paziente al progetto terapeutico.

Nel presente studio si è evidenziato il frequente fenomeno relativo all’uso del long-acting in pazienti con schizofrenia in comorbilità con uso di sostanze, che esprime una discrepanza tra l’opinione del clinico e l’utilizzo nella pratica quotidiana, nonostante le evidenze scientifiche supportino tale scelta sia in termini di miglioramento della sintomatologia psicotica sia del craving e dell’abuso di sostanze57,65,66.

Nella categoria psicopatologica della “Doppia diagnosi”, un limite appare costituito dalla presenza di pochi studi significativi randomizzati controllati in doppio cieco, con utilizzo di LAI. Questo probabilmente influisce sul processo di decision-making del clinico, nel quale la somministrazione di un farmaco a così lunga emivita in soggetti che assumono regolarmente sostanze che incidono in modo marcato sull’apparato cardiovascolare e sul sistema nervoso centrale determina ancora perplessità sulla tollerabilità del trattamento con LAI.

CONCLUSIONI

I dati raccolti in questa survey consentono di raggiungere le seguenti conclusioni:

• l’utilizzo di interventi psicoeducativi mirati è diffuso nella pratica clinica per migliorare l’outcome sull’aderenza al trattamento, tema fondamentale nella gestione della patologia a lungo termine, sul funzionamento sociale e sul benessere generale67;

• un’attenta informazione del paziente riguardo le opzioni terapeutiche disponibili, con una disamina dei vantaggi e svantaggi delle singole opzioni tramite colloquio individuale, è lo strumento utilizzato dalla gran parte degli intervistati;

• il coinvolgimento dei familiari/caregiver consente di migliorare l’outcome sull’aderenza al trattamento;

• l’utilizzo nella pratica clinica dei LAI da parte degli intervistati è sovrapponibile a quanto emerge dalla letteratura presa in esame;

• gli antipsicotici LAI di seconda generazione sono preferiti rispetto ai depot di prima generazione in considerazione di una comparabile efficacia clinica con un profilo di tollerabilità cardiovascolare, neurologica, metabolica e generale migliore;

• i fattori che condizionano la preferenza di una somministrazione LAI rispetto a una orale sono: maggiore efficacia rispetto alla formulazione orale, concentrazioni plasmatiche più stabili, maggiore collaborazione nei pazienti che esprimono la loro preferenza per la formulazione a rilascio prolungato e infine garanzia di trattamento nei pazienti oppositivi o in coloro che sono scarsamente aderenti per dimenticanza o resistenze, con conseguente maggiore compliance al trattamento;

• l’efficacia dei LAI nella prevenzione delle ricadute viene riconosciuta sia negli esordi di malattia sia nei disturbi cronicizzati;

• il target a cui proporre un trattamento LAI è rappresentato da pazienti con scarsa aderenza al trattamento orale, per mancata compliance o per ridotta tollerabilità; i pazienti con schizofrenia con comorbilità per abuso di sostanze vengono individuati come target teorico, ma con un riscontro inferiore nella pratica clinica.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi.

Bibliografia

1. Melle I. Cognition in schizophrenia: a marker of underlying neurodevelopmental problems? World Psychiatry 2019; 18: 164-5.

2. Heckers S, Kendler KS. The evolution of Kraepelin’s nosological principles. World Psychiatry 2020; 19: 381-8.

3. Cannon TD. Delivering on the public health promise of the psychosis risk paradigm. World Psychiatry 2020; 19: 391-2.

4. Brüne M. Schizophrenia as parasitic behavior manipulation: can we put together the pieces of an evolutionary puzzle? World Psychiatry 2020; 19: 119-20.

5. Marggraf MP, Lysaker PH, Salyers MP, Minor KS. The link between formal thought disorder and social functioning in schizophrenia: a meta-analysis. Eur Psychiatry 2020; 63: e34.

6. Morgan C, Knowles G, Hutchinson G. Migration, ethnicity and psychoses: evidence, models and future directions. World Psychiatry 2019; 18: 247-58.

7. Howes OD, Kapur S. The dopamine hypothesis of schizophrenia: version III the final common pathway. Schizophr Bull 2009; 35: 549-62.

8. Crabtree GW, Gogos JA. Synaptic plasticity, neural circuits, and the emerging role of altered short-term information processing in schizophrenia. Front Synaptic Neurosci 2014; 6: 28.

9. McCutcheon RA, Krystal JH, Howes OD. Dopamine and glutamate in schizophrenia: biology, symptoms and treatment. World Psychiatry 2020; 19: 15-33.

10. Keshavan M, Lizano P, Prasad K. The synaptic pruning hypothesis of schizophrenia: promises and challenges. World Psychiatry 2020; 19: 110-1.

11. Green MF, Horan WP, Lee J. Nonsocial and social cognition in schizophrenia: current evidence and future directions. World Psychiatry 2019; 18: 146-61.

12. Stahl SM. Stahl’s essential psychopharmacology: neuroscientific basis and practical applications (4th ed.). Cambridge, UK: Cambridge University Press, 2013.

13. Solmi M, Fornaro M, Ostinelli EG, et al. Safety of 80 antidepressants, antipsychotics, anti-attention-deficit/hyperactivity medications and mood stabilizers in children and adolescents with psychiatric disorders: a large scale systematic meta-review of 78 adverse effects. World Psychiatry 2020; 19: 214-32.

14. Taipale H, Tanskanen A, Mehtälä J, Vattulainen P, Correll CU, Tiihonen J. 20-year follow-up study of physical morbidity and mortality in relationship to antipsychotic treatment in a nationwide cohort of 62,250 patients with schizophrenia (FIN20). World Psychiatry 2020; 19: 61-8.

15. Correll CU, Sikich L, Reeves G, et al. Metformin add-on vs. antipsychotic switch vs. continued antipsychotic treatment plus healthy lifestyle education in overweight or obese youth with severe mental illness: results from the IMPACT trial. World Psychiatry 2020; 19: 69-80.

16. Plana-Ripoll O, Musliner KL, Dalsgaard S, et al. Nature and prevalence of combinations of mental disorders and their association with excess mortality in a population-based cohort study. World Psychiatry 2020; 19: 339-49.

17. Galderisi S, Rucci P, Mucci A, et al.; Italian Network for Research on Psychoses. The interplay among psychopathology, personal resources, context-related factors and real-life functioning in schizophrenia: stability in relationships after 4 years and differences in network structure between recovered and non-recovered patients. World Psychiatry 2020; 19: 81-91.

18. Salvi V, Aguglia A, Barone-Adesi F, et al. Cardiovascular risk in patients with severe mental illness in Italy. Eur Psychiatry 2020; 63: E96.

19. de Leon J, Sanz EJ, Norén GN, De Las Cuevas C. Pneumonia may be more frequent and have more fatal outcomes with clozapine than with other second-generation antipsychotics. World Psychiatry 2020; 19: 120-1.

20. Johnson D. Historical perspective on antipsychotic long-acting injections. Br J Psychiatry 2009; 195(S52): S7-S12.

21. Emsley R. Discontinuing antipsychotic treatment after a first-episode of psychosis: who, when and how? Schizophr Res 2018; 197: 59-60.

22. Pompili M, Giordano G, Luciano M, et al. Unmet needs in schizophrenia. CNS Neurol Disord Drug Targets 2017; 16: 870-84.

23. Nasrallah HA. The case for long-acting antipsychotic agents in the post-CATIE era. Acta Psychiatr Scand 2007; 115: 260-7.

24. Pompili M, Orsolini L, Lamis DA, et al. Suicide prevention in schizophrenia: do long-acting injectable antipsychotics (LAIs) have a role? CNS Neurol Disord Drug Targets 2017; 16: 454-62.

25. Samalin L, de Chazeron I, Blanc O, Brunel L, Fond G, Llorca PM. Attitudes toward antipsychotic medications as a useful feature in exploring medication non-adherence in schizophrenia. Schizophr Res 2016; 178: 1-5.

26. Fava M, Durgam S, Earley W, et al. Efficacy of adjunctive low-dose cariprazine in major depressive disorder: a randomized, double-blind, placebo-controlled trial. Int Clin Psychopharmacol 2018; 33: 312-21.

27. Brissos S, Veguilla MR, Taylor D, Balanzá-Martinez V. The role of long-acting injectable antipsychotics in schizophrenia: a critical appraisal. Ther Adv Psychopharmacol 2014; 4: 198-219.

28. Lehman AF, Lieberman JA, Dixon LB, et al.; American Psychiatric Association; Steering Committee on Practice Guidelines. Practice guideline for the treatment of patients with schizophrenia second Edition. Am J Psychiatry 2004; 161 (2 Suppl): 1-56.

29. Hasan A, Falkai P, Wobrock T, et al.; WFSBP Task Force on Treatment Guidelines for Schizophrenia. World Federation of Societies of Biological Psychiatry (WFSBP) guidelines for biological treatment of schizophrenia - a short version for primary care. Int J Psychiatry Clin Pract 2017; 21: 82-90.

30. Slade M, Sweeney A. Rethinking the concept of insight. World Psychiatry 2020; 19: 389-90.

31. Moore TA, Buchanan RW, Buckley PF, et al. The Texas Medication Algorithm Project antipsychotic algorithm for schizophrenia: 2006 update. J Clin Psychiatry 2007; 68: 1751-62.

32. Stevens GL, Dawson G, Zummo J. Clinical benefits and impact of early use of long-acting injectable antipsychotics for schizophrenia. Early Interv Psychiatry 2016; 10: 365-77.

33. Correll CU, Citrome L, Haddad PM, et al. The use of long-acting injectable antipsychotics in schizophrenia: evaluating the evidence. J Clin Psychiatry 2016; 77 (suppl 3): 1-24.

34. Geerts P, Martinez G, Schreiner A. Attitudes towards the administration of long-acting antipsychotics: a survey of physicians and nurses. BMC Psychiatry 2013; 13: 58.

35. Offord S, Wong B, Mirski D, Baker RA, Lin J. Healthcare resource usage of schizophrenia patients initiating long-acting injectable antipsychotics vs oral. J Med Econ 2013; 16: 231-9.

36. Reichenberg A, Velthorst E, Davidson M. Cognitive impairment and psychosis in schizophrenia: independent or linked conditions? World Psychiatry 2019; 18: 162-3.

37. Sajatovic M, Ross R, Legacy SN, et al. Identifying patients and clinical scenarios for use of long-acting injectable antipsychotics - expert consensus survey part 1. Neuropsychiatr Dis Treat 2018; 14: 1463-74.

38. Potkin SG, Phiri P, Szegedi A, Zhao J, Alphs L, Cazorla P. Long-term effects of asenapine or olanzapine in patients with persistent negative symptoms of schizophrenia: a pooled analysis. Schizophr Res 2013; 150: 442-9.

39. Vancampfort D, Firth J, Correll CU, et al. The impact of pharmacological and non-pharmacological interventions to improve physical health outcomes in people with schizophrenia: a meta-review of meta-analyses of randomized controlled trials. World Psychiatry 2019; 18: 53-66.

40. Xia J, Merinder LB, Belgamwar MR. Psychoeducation for schizophrenia. Cochrane Database Syst Rev 2011; 2011(6): CD002831.

41. Barch DM. Nonsocial and social cognitive function in psychosis: interrelationships, specificity and innovative approaches. World Psychiatry 2019; 18: 117-8.

42. Galletly C, Castle D, Dark F, et al. Royal Australian and New Zealand College of Psychiatrists clinical practice guidelines for the management of schizophrenia and related disorders. Aust N Z J Psychiatry 2016; 50: 410-72.

43. Bowie CR. Cognitive remediation for severe mental illness: state of the field and future directions. World Psychiatry 2019; 18: 274-5.

44. Galderisi S, Riva M, Girardi P, et al. Schizophrenia and “unmet needs”: from diagnosis to care in Italy. Eur Psychiatry 2020; 63: E26.

45. Hasan AA, Callaghan P, Lymn JS. Evaluation of the impact of a psycho-educational intervention for people diagnosed with schizophrenia and their primary caregivers in Jordan: a randomized controlled trial. BMC Psychiatry 2015; 15: 72.

46. Rotondi AJ, Anderson CM, Haas GL, et al. Web-based psychoeducational intervention for persons with schizophrenia and their supporters: one-year outcomes. Psychiatr Serv 2010; 61: 1099-105.

47. Wu C, Chiang M, Natarajan R, et al. Pilot lifestyle education intervention for patients with severe mental illness during the inpatient stay. Asian J Psychiatr 2019; 40: 15-7.

48. Sahakian BJ, Savulich G. Innovative methods for improving cognition, motivation and wellbeing in schizophrenia. World Psychiatry 2019; 18: 168-70.

49. Harvey PD, Strassnig MT. Cognition and disability in schizophrenia: cognition-related skills deficits and decision-making challenges add to morbidity. World Psychiatry 2019; 18: 165-7.

50. Alhadidi M, Abdullah KL, Tang LY, Danaee M, Al Hadid LAR. Knowledge about schizophrenia, insight into illness, and internalized stigma and their associated factors among people diagnosed with schizophrenia in a long-term care facility. Perspect Psychiatr Care 2021; 57: 225-34.

51. Fiorillo A, Barlati S, Bellomo A, et al. The role of shared decision-making in improving adherence to pharmacological treatments in patients with schizophrenia: a clinical review. Ann Gen Psychiatry 2020; 19: 43.

52. Emsley R, Asmal L, du Plessis S, Chiliza B, Phahladira L, Kilian S. Brain volume changes over the first year of treatment in schizophrenia: relationships to antipsychotic treatment. Psychol Med 2017; 47: 2187-96.

53. Kishimoto T, Hagi K, Nitta M, Kane JM, Correll CU. Long-term effectiveness of oral second-generation antipsychotics in patients with schizophrenia and related disorders: a systematic review and meta-analysis of direct head-to-head comparisons. World Psychiatry 2019; 18: 208-24.

54. Torrecilla-Olavarrieta R, Pérez-Revuelta J, García-Spínola E, et al. Satisfaction with antipsychotics as a medication: the role of therapeutic alliance and patient-perceived participation in decision making in patients with schizophrenia spectrum disorder. Int J Psychiatry Clin Pract 2021; 25: 268-76.

55. Saucedo Uribe E, Carranza Navarro F, Guerrero Medrano AF, et al. Preliminary efficacy and tolerability profiles of first versus second-generation Long-Acting Injectable Antipsychotics in schizophrenia: a systematic review and meta-analysis. J Psychiatr Res 2020; 129: 222-33.

56. Stone JM, Roux S, Taylor D, Morrison PD. First-generation versus second-generation long-acting injectable antipsychotic drugs and time to relapse. Ther Adv Psychopharmacol 2018; 8: 333-6.

57. Lynn Starr H, Bermak J, Mao L, Rodriguez S, Alphs L. Comparison of long-acting and oral antipsychotic treatment effects in patients with schizophrenia, comorbid substance abuse, and a history of recent incarceration: an exploratory analysis of the PRIDE study. Schizophr Res 2018; 194: 39-46.

58. Kane JM, Schooler NR, Marcy P, Achtyes ED, Correll CU, Robinson DG. Patients with early-phase schizophrenia will accept treatment with sustained-release medication (Long-Acting Injectable Antipsychotics): results from the recruitment phase of the PRELAPSE Trial. J Clin Psychiatry 2019; 80: 18m12546.

59. Keith SJ, Kane JM. Partial compliance and patient consequences in schizophrenia: our patients can do better. J Clin Psychiatry 2003; 64: 1308-15.

60. Llorca PM, Denizot H. Approche préventive dans la schizophrénie. Therapie 2008; 63: 251-5.

61. Leucht S, Lasser R. The concepts of remission and recovery in schizophrenia. Pharmacopsychiatry 2006; 39: 161-70.

62. Kane JM. Treatment adherence and long-term outcomes. CNS Spectr 2007; 12 (10 Suppl 17): 21-6.

63. Lysaker PH, Gagen E, Moritz S, Schweitzer RD. Metacognitive approaches to the treatment of psychosis: a comparison of four approaches. Psychol Res Behav Manag 2018; 11: 341-51.

64. Olivares JM, Alptekin K, Azorin JM, et al. Psychiatrists’ awareness of adherence to antipsychotic medication in patients with schizophrenia: results from a survey conducted across Europe, the Middle East, and Africa. Patient Prefer Adherence 2013; 7: 121-32.

65. Rubio G, Martínez I, Ponce G, Jiménez-Arriero MA, López-Muñoz F, Alamo C. Long-acting injectable risperidone compared with zuclopenthixol in the treatment of schizophrenia with substance abuse comorbidity. Can J Psychiatry 2006; 51: 531-9.

66. Cuomo I, Kotzalidis GD, de Persis S, et al. Head-to-head comparison of 1-year aripiprazole long-acting injectable (LAI) versus paliperidone LAI in comorbid psychosis and substance use disorder: impact on clinical status, substance craving, and quality of life. Neuropsychiatr Dis Treat 2018; 14: 1645-56.

67. Priebe S, Miglietta E. Assessment and determinants of patient satisfaction with mental health care. World Psychiatry 2019; 18: 30-1.